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 2021  gennaio 25 Lunedì calendario

Il disprezzo italiano per Garibaldi & Anita

Una volta si diceva che non si doveva parlar male di Giuseppe Garibaldi (1807-1882). Poi tutto è cambiato. A parlarne malissimo, intanto, ci hanno pensato i revisionisti del Risorgimento, dai leghisti ai cosiddetti neoborbonici, passando per i cattolici reazionari. La rimozione costante della Storia migliore di questo Paese, quindi, ha fatto il resto. L’Eroe dei due mondi e le sue imprese procedono verso un sostanziale oblio, se non altro dopo la ripresa di interesse dovuta alle celebrazioni del 2011 per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Può anche capitare, come è successo nel 2020, in estate, che a Marsala, dove nel maggio del 1860 sbarcarono il Generale e i Mille, Garibaldi venga ricordato da qualcuno ai turisti come “quel bandito”.
Se di Garibaldi si tace o quasi, si parla poco anche di Anita (1821-1849), la sua bella e fiera compagna brasiliana morta nelle valli di Comacchio dopo la fuga da Roma in seguito alla caduta della Repubblica. E quei libri che ogni tanto vengono dedicati al Generale, ad Anita (come Anita. Storia e mito di Anita Garibaldi di Silvia Cavicchioli), e ai garibaldini, sono lodevoli eccezioni. Sono meritori pure quei comuni della Romagna, e alcune città del Brasile, che s’impegnano a fare rivivere la figura di Anita, della quale ricorre quest’anno il bicentenario della nascita. Troppo poco, tuttavia, per un’eroina, una grande donna, che va ben oltre il Risorgimento. Ha scritto lo storico Romano Ugolini che Anita non volle essere un “angelo del focolare”, ma “interpretò il suo ruolo di moglie come compagna inseparabile del suo uomo, condividendo tutti gli aspetti della sua vita, ivi compresi quelli politici e militari”.
Oblio in Italia, ma non nella vecchia Russia. A Mosca, a San Pietroburgo, il nizzardo che fece l’Italia e sua moglie Anita godono sempre di una buona popolarità. La fama, rammentava la rivista Russia Oggi ha conquistato “non solo intellettuali famosi come Herzen e Tolstoj”, ma “è entrata a far parte dell’immaginario collettivo del popolo russo come mitica figura del liberatore ‘Garibaldov’”. E a Taganrog, il “porto russo commerciale sul Mar Nero (dove nacque Cechov)”, si ricorda ancora oggi l’arrivo di Garibaldi con la sua nave Clorinda nella primavera del 1833.
La popolarità di “Garibaldov” è dimostrata ora dall’imminente uscita della seconda edizione, in russo ovviamente, del volume Giuseppe e Anita Garibaldi. Una storia d’amore e di battaglie di Claudio Modena, polesano di Porto Tolle, autore anche di saggi su Angelo Brunetti detto Ciceruacchio e su Giacomo Matteotti. Pubblicato in Italia nel 2007 dagli Editori Riuniti, con una prefazione di Romano Ugolini, il libro due anni dopo è apparso in Russia. E nell’aprile del 2009 venne presentato alla Biblioteca delle Letterature Straniere di Mosca.
In Russia, dice Claudio Modena, “Garibaldi è sempre molto popolare, è una figura molto amata, come del resto è amata Anita, una donna straordinaria, che all’Eroe insegnò a cavalcare e a sparare. La prima edizione russa del mio libro fu stampata in diecimila copie. Venne lanciata alla Fiera del Libro di Mosca: vendette subito oltre duemila copie. Il libro, inoltre, è presente in tutte le biblioteche pubbliche russe. E adesso ne esce una seconda edizione”. Mentre “qui da noi”, aggiunge, “in Italia, per quanto concerne storia e memoria siamo allo sbando”.
Anna Maria Ribeiro da Silva, prima moglie di Giuseppe Garibaldi, nacque nell’agosto del 1821 a Morinhos, nello Stato brasiliano di Santa Catharina. Morì nella fattoria Guiccioli, vicino a Ravenna, il 4 agosto del 1849. Garibaldi l’aveva conosciuta nell’agosto del 1839 a Laguna, durante la guerra fra il Brasile imperiale e gli insorti del Rio Grande del Sud. Garibaldi racconta nelle sue memorie: “Io passeggiavo sul cassero della Itaparica, ravvolgendomi nei miei tetri pensieri; e dopo ragionamenti d’ogni specie, conchiusi finalmente di cercarmi una donna – per trarmi da una noiosa ed insopportabile condizione -. Gettai, a caso, lo sguardo verso le abitazioni della Barra – così si chiamava una collina piuttosto alta, all’entrata della Laguna, nella parte meridionale – e sulla quale scorgevansi alcune semplici e pittoresche abitazioni – Là, coll’ajuto del canochiale che abitualmente tenevo alla mano quando sul cassero d’una nave, scopersi una giovine – Ordinai mi trasportassero in terra, nella direzione di lei”.
Il futuro Eroe dei Due Mondi sbarcò. “Ed avviandomi verso le case ove dovea trovarsi l’oggetto del mio viaggio”, continua Garibaldi, “non mi era possibile rinvenirlo – quando m’incontrai con un individuo del luogo, che avevo conosciuto ai primi momenti dell’arrivo nostro – Egli invitommi a prender cafè nella di lui casa – Entrammo, e la prima persona che s’affacciò al mio sguardo, era quella il di cui aspetto mi aveva fatto sbarcare – Era Anita! La madre dei miei figli! La compagna della mia vita, nella buona, e cattiva fortuna! La donna, il di cui coraggio io mi sono desiderato tante volte!”. Restarono “entrambi estatici, e silenziosi, guardandoci reciprocamente – come due persone che non si vedono per la prima volta – e che cercano nei lineamenti l’una dell’altra – qualche cosa che agevoli una reminiscenza”.