La Lettura, 24 gennaio 2021
QQAN64 1QQAFZ10 Il mercato della sabbia
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La sabbia non esiste. Esistono i granuli spigolosi della sabbia da costruzione, perfetta per produrre calcestruzzo e asfalto. Esistono i granelli marini che si trovano sul fondo degli oceani, che possono essere aspirati e riutilizzati in superficie. Esistono sabbie pure e purissime, formate quasi esclusivamente da silice. Le prime sono impiegate per produrre il vetro di bottiglie, finestre e lenti; le seconde, di inestimabile valore, sono indispensabili nella costruzione di chip per computer, le cellule di ogni organismo informatico.
Dagli smartphone alle isole artificiali di Dubai, tutto si fonda sulle sabbie, i cui granelli sono gli ingredienti insostituibili del mondo contemporaneo.
La fame umana per le sabbie pare inesauribile. Nata di pari passo con l’affermazione di diverse tecnologie e la scoperta di nuove applicazioni nel corso del Novecento, è oggi destinata ad aumentare. Un mondo più abitato, più industrializzato, più cementificato è un mondo che esige decine di miliardi di tonnellate di sabbie ogni anno. Se a prima vista potrebbe sembrare un consumo sostenibile, dato che la quantità di sabbie presenti sulla Terra è nel nostro immaginario infinita (basti pensare alle distese desertiche in espansione o ai fondali oceanici), a un più attento esame si rivela essere l’ennesimo caso in cui, per diversi motivi, la domanda è smodata e la risorsa, invece, limitata.
Il giornalista americano Vince Beiser ha scritto il testo chiave per prendere atto della gravità del problema. Tutto in un granello (Aboca) invita il lettore a cambiare scala di grandezza, passando dalla struttura atomica del quarzo – il materiale di cui è composto il 70% dei granelli – alle delicate dinamiche economico-politiche che regolano il commercio di una materia prima diffusa ma destinata a essere sempre più esportata. Capitolo dopo capitolo, appare chiaro che anche per questa risorsa vale il monito del Rapporto sui limiti dello sviluppo redatto dal Club di Roma nel 1972 e che Beiser declina in modo altrettanto efficace: «La sabbia nella clessidra si sta esaurendo, perché la quantità che ne usiamo supera di gran lunga la quantità che viene resa disponibile in natura».
Come già denunciava il bel documentario Sand Wars di Denis Delestrac nel 2013, a un mercato così fiorente, anche perché basato su una risorsa generalmente a basso costo, corrisponde un mercato sotterraneo, nero, che causa numerose vittime umane e incalcolabili danni ambientali. Corruzione, scarsità di legislazione e penuria di controlli rendono il commercio delle sabbie lucroso tanto per gli imprenditori di malaffare quanto per le mafie internazionali. Agire in modo sconsiderato in questo settore può portare a più di un disastro, dal momento che edifici, strade, ponti e innumerevoli altre strutture contengono al loro interno quella sabbia che, se non è adoperata a norma, potrebbe minarne la solidità e rendere ancora più fragile il futuro delle prossime generazioni.
È da questa prospettiva, inquietante e già reale, che prende le mosse il romanzo Ma la sabbia non ritorna, in libreria per Sem. L’autrice, Laura Calosso, traduttrice del volume di Beiser, ha fatto suoi i temi del saggio e li ha calati in una storia ibrida che è inchiesta e romanzo. La ricerca della verità che anima la protagonista Elena, giornalista, la porterà a indagare sulle pratiche illegali di estrazione e messa in commercio di sabbie non adeguatamente trattate, pratica a cui si deve anche la prematura scomparsa del suo fratello minore, Luigi, morto in circostanze non chiare proprio là dove la sabbia veniva estratta dall’industria del padre. Nel romanzo la sabbia è ovunque: nei paesaggi e nei personaggi, nei sogni e nelle metafore letterarie.
Se Tutto in un granello è il libro che mostra le trame micro e macroscopiche delle sabbie e del loro impiego, il romanzo di Calosso porta un tema del genere – che può apparire distante e «freddo», come accade talvolta agli argomenti etichettati come «ambientali» – nella vita ordinaria di una cittadina italiana. L’operazione non è scontata come potrebbe apparire, perché in questo caso il motore narrativo della storia è la sabbia, quanto c’è di losco nella sua messa in commercio e il prezzo che tutti rischiamo di pagare a causa di stoltezza, ignoranza e avidità.
Le sabbie, è chiaro, non finiranno domani. Quelle adatte ai nostri scopi diventeranno però sempre meno economiche e comode da raggiungere. Forse riusciremo a fare riscorso a materie prime più sostenibili, forse riusciremo addirittura a riciclare le sabbie con successo, come illustra Beiser nel finale del suo saggio. Ma il punto non è questo. L’allarme, come tutti gli allarmi di questo tipo, dovrebbe consentirci di guardarci allo specchio in modo più accurato, permettendoci di appurare che stiamo cristallizzando le sabbie che abbiamo a disposizione in bottiglie, palazzi, isole artificiali. Questo è ciò che abbiamo e ciò che avremo sempre più. La lista delle cose danneggiate o irrimediabilmente perdute in questi processi, nel frattempo, continua ad allungarsi.