Corriere della Sera, 24 gennaio 2021
Il virus entra nelle favole per bambini
La strega che tutta sola, davanti allo schermo, sogna di trovarsi accanto una persona vera, in carne e ossa. Il topolino che, invitato dalla civetta a prendere una tazza di thé, risponde che è meglio di no, non vorrebbe beccarsi la multa. Il gatto che si lava attentamente le zampe. Gli animali della fattoria che, dietro la maschera, chiedono al saggio pastore quando finirà la pandemia. Il virus è entrato di prepotenza nel mondo dei bambini. Li ha privati della scuola, degli amici, delle gite, del parco giochi. Se, per citare Hemingway, «tutti i libri buoni sono simili nel fatto che sono più veri di quanto avrebbe potuto essere la realtà» era forse solo questione di tempo prima che il Covid irrompesse anche nelle favole. Questa settimana, la scrittrice Julia Donaldson e l’illustratore Axel Scheffler, autori di amatissimi racconti per l’infanzia come Il gruffalò, hanno aggiornato le avventure dei loro personaggi per riflettere la situazione, ma è giusto che le favole si scontrino con la realtà? Attorno all’iniziativa si è aperto un dibattito. Il libro d’altronde è un rifugio. Leggere vuol dire viaggiare con la mente, immergersi in un universo parallelo, conoscere vita ed esperienze altrui. Già allontanati di colpo dal mondo esterno, i bambini forse non hanno bisogno di trovare mascherine e distanziamento sociale anche nelle storie. Come possono continuare ad esercitare creatività e immaginazione se anche il panorama delle loro letture si restringe per via del Covid? «I mostri – spiega la scrittrice Cheryl Moskowitz, che con il primo lockdown ha iniziato una “conversazione in versi” con gli alunni di alcune scuole di Londra (The Corona Collection il titolo del libro) – sono sempre esistiti nella letteratura e continuano a popolare la fantasia dei bambini. Leggere e giocare sono attività che creano lo spazio necessario per affrontare la realtà». Il virus si espia anche così.