Robinson, 23 gennaio 2021
QQAN91YSESSO Su "Angeli e diavoli" di Marcello Simoni (Einaudi)
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Chi considera il diavolo un partigiano del Male e gli angeli i paladini del Bene accetta la demagogia degli angeli, diceva Milan Kundera. In realtà le cose sono molto più complicate. E quanto siano fascinosamente complicate ce lo spiega Marcello Simoni nel suo Angeli e diavoli. L’obbedienza e la ribellione,appena uscito da Einaudi. In effetti l’opposizione netta fra bianco e nero non è di questo mondo, figurarsi dell’oltremondo. Intanto perché in gioventù anche i diavoli sono stati angeli. E in ogni caso gli uni e gli altri sono figli delle stelle. E hanno origine dagli antichi culti astrali della Mesopotamia. Poi è arrivata la civiltà ebraico-cristiana e la musica è cambiata. Ma in ogni caso il nesso con le variazioni d’intensità della luce resta strettissimo. Tanto che nell’Antico Testamento gli angeli sono definiti “figli di Dio” e “stelle del mattino”. A differenza dei fratelli ribelli, precipitati in un pandemonio total black.
Di fatto, come dice Sant’Agostino, è il peccato d’orgoglio che allontana Lucifero, letteralmente “portatore di luce”, e i suoi accoliti dalla chiarezza divina. «Per non aspettar lume, cadde acerbo». Così Dante nel canto XIX del Paradiso descrive il tonfo del principe delle tenebre come la caduta di un frutto dall’albero. E non è il solo. Perché a disobbedire a Dio sono in molti. Alcuni addirittura scendono sulla terra per spassarsela con le donne mortali. Lo racconta il Libro di Enoch che fissa in duecento il numero dei transfughi colpevoli di contaminare il loro puro spirito con l’insostenibile pesantezza della carne. Con il pieno consenso delle donne che i disertori celesti iniziano a pratiche proibite come consultare gli oroscopi, truccarsi le ciglia, indossare gioielli e vivere nel lusso. Come dire che il diavolo veste Prada da sempre. A conclusione le sedotte vengono punite più dei seduttori, perché giudicate colpevoli di averli provocati. Da queste tentatrici nascono diavolesse come Lilith, destinate non a caso a dare nome a griffes di moda. Da simboli a loghi, dal fascino al fashion. A rincarare la dose sessista ci si mette pure Bernardino da Siena, grande predicatore quattrocentesco, che attribuisce ad Ammone il titolo di principe della lussuria. Perché oltre che insegnare alle ragazze male arti come la depilazione, il make-up, incoraggia i rapporti extraconiugali, il sesso occasionale, l’innamoramento tra uomini maturi e donne giovani, nonché le unioni omosessuali.
Per fortuna a combattere le forze del male ci sono gli arcangeli, gli Altissimi Quattro, come Gabriele “forza di Dio”, Raffaele “cura di Dio”, Uriele “fuoco di Dio” e Michele “come Dio”, il comandante in capo della cavalleria ultraterrena, il guerriero che sconfigge draghi e altre incarnazioni demoniache. Spesso identificate con divinità pagane come Pan, Diana, Dioniso, Semiramide, Venere. Dei in esilio li chiama Heinrich Heine, precipitati dall’Olimpo al Tartaro e trasformati in demoni. Simoni dedica pagine e disegni bellissimi a questa implementazione secolare del pantheon demoniaco, effetto di una deriva fluviale di paganesimi antichi e moderni che depositano i loro detriti in un oscuro bacino di simboli destinato ad alimentare l’immaginario occidentale fino ai nostri giorni.
E se la sympathy for the devil è peccato grave, anche l’angelolatria, cioè il culto idolatrico degli angeli, può condurre all’Inferno. Soprattutto se li si trasforma in divinità al pari del Signore. Come succede al vescovo Adalberto di Magdeburgo, incarcerato da papa Zaccaria nel 745 perché ha invocato sette angeli. Che il pontefice declassa seduta stante a demoni, compreso l’arcangelo Uriele che si vede sprofondato dalle stelle alle stalle.
Ma i degradati non mollano e si riciclano come simboli magico-esoterici. Spesso a distinguere i veri angeli dai taroccati è il colore delle ali. Iridescenti di grazia quelle dei primi, nere di rabbia quelle dei secondi. Alcuni addirittura non volano ma montano cavalli neri come fa Hellequin – da hell king, re dell’inferno – che guida la masnada notturna dei demoni. La sua eco arriva fino all’Alichino dantesco. E all’Arlecchino dal volto fuligginoso di cui la Commedia dell’arte fa la sua maschera più celebre, insieme a quell’altro povero diavolo di Pulcinella, nero a metà e con la voce chioccia da fantasma. L’autore attraversa vertiginosamente le altezze della teologia e i meandri della demonologia per chiudere in bellezza con cinema, fumetti e fantasy. Dagli angeli di Wenders che solcano il cielo sopra Berlino a falsi libri infernali come Necronomicon di Lovecraft. Da L’esorcista a Rosmary Baby a La notte del demonio di Jacques Tourneur dove il diavolo appare nelle vesti di un clown. Proprio come il diabolico It di Stephen King. E come il recente Joker, che dà volto al Maligno che è in noi.