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 2021  gennaio 23 Sabato calendario

Eve Babitz si racconta in un libro

Roma, anni 60. Una bionda alta un metro e ottanta (dodici solo di tacchi) cammina sul Lungotevere: «Con la mia solita gonna di tweed e un golfino troppo stretto sopra le mie tette troppo losangeline». Un omino minuscolo, malvestito e mezzo metro più basso, la importuna, la segue, si piazza davanti a lei quando credeva di averlo seminato. E allora, contrattacco. L’americana nella città eterna risponde con tutto l’italiano che riesce a mettere insieme: «Basta» e «Ciao ciao bambino». Lo sconosciuto scappa, «come se io fossi Afrodite e lui un comune mortale, bastonato dalla dea della Bellezza e della Biondezza».
Pare una scena da film, uno dei tanti che si giravano nella Hollywood sul Tevere. Sta in L. A. Woman di Eve Babitz: la ragazza che nel 1963 sarà fotografata da Julian Wasser mentre gioca a scacchi con Marcel Duchamp al Pasadena Art Museum. Lei nuda e lui vestito, nel dress code reso celebre cent’anni prima dal Déjeuner sur l’herbe di Édouard Manet. Lui aveva 76 anni, lei 20: «Pensavo di avere qualche possibilità di vincere per via delle tette, che erano notevoli, ma mi sbagliavo».Scacco in due mosse, detto anche “scacco dell’imbecille”, raccontava Miss Babitz in un’intervista un paio d’anni fa. Una partita rapidissima che consente la vittoria in pochissime mosse, a dispetto dell’aria pensosa dei giocatori: lei con i pezzi neri in contrasto con la pelle bianca. Lo scopo non era vincere, forse neppure fare dell’arte contemporanea. Eve Babitz voleva vendicarsi dell’amante (sposato) che dirigeva il Pasadena Art Museum e non l’aveva invitata all’inaugurazione perché temeva le reazioni della consorte legittima.
L. A. Woman, come la canzone dei Doors. Non è un furto né un omaggio, è roba sua: Jim Morrison le aveva dedicato il brano, e lei già da prima era una sua groupie sfegatata. I nomi sono cambiati – Eve Babitz diventa qui Sophie Lubin – ma Jim resta Jim, e molte altre cose son prese dalla vita. Il padre violinista, per esempio: era un ebreo russo amico di Igor Stravinsky (che di Eve era il padrino), fissato con le esecuzioni storicamente corrette; per campare trovò un posto fisso alla 20th Century Fox. O la passione per Los Angeles, per i suoi tramonti rosa e viola che un film come La La Land di Damien Chazelle ha cercato di riprodurre sullo schermo. Parigi, al confronto, appare insopportabilmente grigia e induce a una rapida fuga.
Hollywood, amata con la stessa passione, fa la sua parte. A Los Angeles le ragazze sono «troppo belle e troppo preoccupate a fare di tutto fuorché lavorare ». Sophie fa per po’ la cassiera in un cinema, ma se pensa al futuro si immagina cortigiana o salottiera. Considera la prostituzione, in alternativa la carriera dell’amante ( mentre le zie consigliano un corso di fisioterapia o almeno di dattilografia, sempre utile a una segretaria). Non ha fretta né ansia: «Mi rifiutavo di preoccuparmi del lavoro quando c’era Sunset Boulevard a un solo isolato di distanza».Dopo un primo scontro – «era un oggetto che solo gli uomini potevano capire, aveva troppi pulsanti per una ragazza» – impara a usare la macchina fotografica. Scatta fotografie per le copertine dei dischi: «funzionavano perché ero una groupie e ardevo di tenerezza per gli idoli che erano i miei idoli».
Prova a scrivere una sceneggiatura, in cambio riceve un assegno di 5000 dollari, e guai se racconta in giro la trama. A lei non sembra tanto originale, ma trova banale lamentarsi dei produttori.
La vera Eve Babitz, controparte realistica di Sophie, ha conosciuto tutti quelli che contavano nel mondo dell’arte californiana e a Hollywood. Nella lista degli amanti, Steve Martin e un giovane Harrison Ford «un grumo di storie parallele» : il conteggio fatto insieme a un’amica sfiora la cinquantina, poi i nomi sfuggono). L. A. Woman ha un seguito, anche questo semi- autobiografico, intitolato Sex & Rage – Consigli a giovani donne che hanno voglia di divertirsi. La protagonista Jacaranda ha 28 anni, più o meno tutti trascorsi a fare surf. Si mette a scrivere, il manoscritto viene accettato da un editore di New York, luogo stravagante «dove le persone vivono per lavorare». Slow Days Fast Company – Il mondo, la carne, L. A. ( anche questo come gli altri da Bompiani) torna alla Los Angeles degli anni 70, tra paradisi naturali e artificiali.Oggi la cattiva ragazza – in questo campo non si diventa mai ex – ha 77 anni, e vive ritirata dopo un brutto incidente. È tornata alla ribalta un paio di anni fa, quando Hulu ha annunciato una serie tratta dai suoi libri, da intitolarsi L.A. Woman. Dopo una fiammata sui social, tutto sembra essersi fermato. Nel gennaio 2019 è uscita la biografia di Lili Anolik, mossa da una gran voglia di non concedere a Joan Didion – e alla sua meravigliosa scrittura – l’esclusiva sulla Città degli Angeli. Nobilissima gara: il soprannome di Eve era Scott Fitzbabitz.
A Los Angeles il cartellone pubblicitario della Millers Beer si illuminava di notte, «con la signora che si dondolava sulla luna, e il neon delle stelle lampeggiava». Molto meglio delle stelle vere che Eve Babitz ricorda di aver visto dalla finestra quando era bambina.