Corriere della Sera, 23 gennaio 2021
Quanto è sicuro il vaccino russo Sputnik?
1 Che cosa sappiamo del vaccino russo chiamato simbolicamente «Sputnik V»?
È stato sviluppato dall’Istituto di ricerca Gamaleya, insieme al ministero della Salute di Mosca. Si basa sulla tecnica del vettore virale non replicante, come i vaccini di AstraZeneca, Janssen (Johnson & Johnson) e CanSino. Al contrario di questi ultimi però, «Gam-Covid-Vac» (è il nome registrato) utilizza due diversi adenovirus umani, invece di uno solo: Ad26 per la prima dose e Ad5 per la seconda. I microrganismi, resi innocui e quindi non in grado di sviluppare malattia, sono già stati sfruttati per altri vaccini a base di vettore virale in sperimentazione o già utilizzati (contro Ebola, Hiv, rabbia). Per quanto riguarda lo «Sputnik V», le due iniezioni vanno fatte a 21 giorni di distanza. Il preparato si conserva in frigo (2-8 gradi) in forma liofilizzata e una dose costa circa 10 dollari. Gli adenovirus trasportano nelle cellule delle parti di Dna in grado di codificare per la proteina spike (S) di Sars-CoV-2, responsabile dell’induzione della risposta immunitaria.
2 A che punto sono gli studi su sicurezza ed efficacia?
È ancora in corso lo studio di fase 3, iniziato dopo la commercializzazione del vaccino, su circa 40mila persone, e non sono stati resi noti dati conclusivi. L’Istituto Gamaleya ha diffuso i risultati ad interim, come da protocollo, al raggiungimento di 39 casi confermati di Covid tra soggetti vaccinati o trattati con placebo. In un comunicato stampa si indica un’efficacia del 91,4 per cento a 7 giorni dalla somministrazione della seconda dose, ma si tratta di numeri tutti da verificare. Per ora siamo fermi agli annunci dei russi, che si mostrano molto ottimisti. Nella tabella di marcia sono segnati, a breve, la pubblicazione dei risultati delle analisi ad interim dello studio di fase 3 su una «prestigiosa rivista» peer-reviewed e il confronto con gli esperti dell’Ema (Agenzia europea per i medicinali).
3 Il vaccino è già utilizzato?
In Russia ha ricevuto il via libera del ministero della Salute ed è stato somministrato a un numero non ben definito (ma si pensa elevato) di persone. L’Ungheria è stato il primo Paese europeo a decidere di utilizzarlo in via emergenziale, seguendo l’esempio di Emirati Arabi, Argentina, Paraguay, Serbia e Algeria. Kirill Dmitriev, a capo del RDIF, il Fondo sovrano di Mosca per gli investimenti, ha detto che «molti Paesi europei sono interessati» e che è in corso un confronto con Berlino per creare un nuovo polo di produzione. La cancelliera Angela Merkel ha precisato però che si potrà aprire la discussione solo se e quando l’Ema lo approverà. Al momento tra l’Agenzia regolatoria e l’Istituto Gamaleya sono in corso contatti preliminari per l’avvio dell’analisi del dossier. La prima rolling review potrebbe iniziare a febbraio e si prevede che possa durare diverse settimane.
4 Quali sono i dubbi della comunità scientifica?
L’iter di promozione dello «Sputnik V» è inusuale: la registrazione è stata annunciata ad agosto da Vladimir Putin, quando ancora doveva iniziare la fase 3. Inoltre, a novembre, dopo la pubblicazione dei dati di fase 1-2 su Lancet (studio non randomizzato e open-label), un gruppo di 38 studiosi – tra i quali il biologo Enrico Bucci – ha scritto una lettera aperta, riportata su Nature, in cui venivano evidenziate alcune incongruenze e si chiedeva la pubblicazione dei dati originali.
(Hanno collaborato Sergio Abrignani, professore ordinario di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare «Romeo ed Enrica Invernizzi», e Gianluca Trifirò, professore ordinario di Farmacologia all’Università di Verona e membro dell’Unità di crisi Covid-19 della Società Italiana di Farmacologia)