Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  gennaio 23 Sabato calendario

La crisi dei container colpisce l’Europa

La crisi dei container ha contagiato l’Europa. Ora è nel Vecchio continente che i noli marittimi delle «box boat» stanno correndo di più. Negli ultimi due mesi il costo dei trasporti dall’Asia è più che quadruplicato, diventando così alto da superare in alcuni casi il valore della merce scambiata, e i ritardi sulle consegne si stanno allungando: una situazione sempre più pesante per le aziende, costrette in questo periodo a confrontarsi anche con l’impatto della Brexit e con la sfida epocale della distribuzione dei vaccini anti-Covid. 
La catena logistica è di nuovo sotto stress, con difficoltà paragonabili in alcuni settori a quelle sperimentate la primavera scorsa in seguito all’esplosione della pandemia. Nell’automotive in particolare sembra legata anche ai problemi di trasporto la carenza di semiconduttori che costringerà molte fabbriche a rallentare o sospendere la produzione di veicoli: tra queste anche il mega impianto Volkswagen di Wolfsburg, uno dei più grandi del mondo.
I noli record costituiscono l’ennesima minaccia per l’economia. Il commercio internazionale potrebbe rallentare, in un periodo in cui – soprattutto in Europa – il mercato domestico soffre per i continui lockdown. Inoltre c’è il rischio di tensioni inflazionistiche se i maggiori costi di trasporto verranno trasferiti a valle, fino alle tasche dei consumatori.
L’impennata dei noli delle portacontainer – davvero vertiginosa – aveva interessato inizialmente soprattutto le rotte dalla Cina agli Stati Uniti, le prime a registrare una forte ripresa dei traffici marittimi a partire dall’estate scorsa. Il boom delle esportazioni cinesi e il risveglio dei consumi americani (che il Covid ha dirottato in massa dai servizi ai prodotti, spesso comprati online) si sono scontrati con la difficoltà a reperire le enormi scatole di metallo impiegate per spedire le merci: i contenitori vuoti sono rimasti in gran parte bloccati in Nord America e in Europa, dove il Covid per alcuni mesi aveva semiparalizzato le attività industriali. E riposizionarli si è rivelata un’impresa titanica.
Che il Vecchio continente potesse rimanere col cerino in mano era prevedibile. I trasporti tra Cina e Usa, diventati super-redditizi, sono stati privilegiati dagli armatori ed ora è soprattutto sulle rotte trascurate che i noli “scottano”: per spedire un container da 40 piedi dall’Asia al Nord Europa oggi si spendono in media più di 9mila dollari, contro i circa 2mila dollari che si pagavano a novembre. Sul mercato, riferisce Ihs Markit, circolano richieste addirittura fino a 16mila dollari per FEU (Forty-foot equivalent unit). In più quasi sempre gli armatori impongono tariffe extra, per garantire lo spazio sulla nave o il rispetto dei tempi di consegna.
Cifre esorbitanti, che per le merci di scarso valore spingono a rinunciare del tutto alla consegna. Si attendono tempi migliori. E nel frattempo i magazzini si svuotano. «Ci sono molte aziende in difficoltà, perché non sanno più come procurarsi materie prime o semilavorati», racconta Silvia Moretto, presidente di Fedespedi, l’associazione degli spedizionieri. «In questo periodo dell’anno, con l’avvicinarsi del Capodanno lunare in Cina, c’è sempre una forte congestione nei trasporti marittimi, ma oggi siamo a livelli esasperati. I noli sono altissimi e comunque, a prescindere da quanto si paga, se non ci sono i container la merce non parte. Una situazione così non si era mai vista».
«C’è un collo di bottiglia – conferma Lars Jensen di SeaIntelligence – I noli salgono perché i clienti si contendono una risorsa limitata: i container». Il problema è grave e rischia di trascinarsi ancora a lungo, avverte l’analista, che almeno in questa fase tende ad assolvere gli armatori: è «un mito» l’idea che a spingere i noli siano tuttora i blank sailings, ossia la cancellazione di viaggi effettuata ad arte, per limitare la capacità di trasporto.
Il fenomeno era molto diffuso nel primo semestre 2020, in reazione al crollo di domanda legato al Covid, ma «da luglio la capacità aggiunta con navi extra e navi più grandi ha più che superato quella rimossa», con un incremento di capacità che in alcuni periodi ha raggiunto il 30% secondo le stime di SeaIntelligence.
I trasporti tuttavia non sono stati potenziati in modo uniforme. Sulla rotta transpacifica la situazione è un po’ migliorata (anche se molti porti rimangono intasati) e i noli da ottobre si sono stabilizzati, sia pure su livelli molto elevati. Nel frattempo l’emergenza si è aggravata in Europa.
Del resto sia gli Usa che la Cina hanno fatto la voce grossa con gli armatori, sollecitando fin dal mese di settembre interventi per calmierare il mercato e minacciando azioni antitrust se fossero emersi comportamenti scorretti. Pechino questa settimana ha annunciato nuove «misure per aumentare la capacità di trasporto marittimo e stabilizzare i noli», riferisce Lloyd’s List.
«L’Europa invece è silente perché si è legata le mani da sola», si lamenta Moretto, a pochi giorni dall’ennesimo appello per un intervento Ue lanciato dalla Clecat, associazione europea del settore delle spedizioni, di cui fa parte anche Fedespedi. «Proprio tra marzo e aprile, in piena pandemia, Bruxelles ha trovato il tempo per prorogare la Ber di altri 4 anni, fino al 2024», ricorda Moretto. Il riferimento è alla Block Exemption Regulation, regolamento europeo che consente alle alleanze di armatori di coordinare i servizi senza violare le normative antitrust. «È un privilegio giustificato con il ruolo di pubblica utilità degli armatori, ma che stride con i comportamenti recenti. Se vogliono decidere liberamente quali prezzi praticare e a chi dare le navi allora dovrebbero essere trattati come qualsiasi altra impresa privata».