Il Sole 24 Ore, 23 gennaio 2021
Febbraio è il re Mida di Wall Street
Bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno? Se lo domandano tutte le mattine gli investitori quando si trovano a soppesare le novità e a doverle in certo qual modo inserire nei prezzi delle quotazioni finanziarie. Dati macro, trimestrali, dichiarazioni dei banchieri centrali. Molti operatori valutano anche la stagionalità. E dato che manca ormai poco ad archiviare borsisticamente il primo mese del 2021 e si avvicina febbraio, proviamo a capire da quale parte sono le statistiche. Non si tratta di un mese qualunque perché negli ultimi 10 anni si è rivelato in media, per l’indice S&P 500 di Wall Street, il mese migliore fra tutti insieme ad ottobre con una performance media vicina al 3%. Il dato sarebbe certamente migliore se non si considerasse quanto accaduto lo scorso anno quando proprio a febbraio (giorno 20) è arrivato inaspettato il cigno nero de Covid. Dopo aver messo a segno nuovi massimi storici fino al 19 febbraio (confermando la stagionalità positiva) dalla seduta successiva le Borse mondiali sono crollate e l’S&P 500 ha chiuso il mese con un calo del 9,5%.
Escludendo però l’effetto Covid nel 2020 la stagionalità degli ultimi 10 anni parla a favore di febbraio. Ma c’è un’altra eccezione che conferma la regola. Febbraio risulta anche essere il peggiore mese di sempre (perlomeno dal 1950 da quando parte il calcolo elaborato da Lpl research su dati FactSet) nell’anno che segue le elezioni Usa.
Quindi, chi preferisce guardare il bicchiere mezzo pieno punterà alla stagionalità media degli ultimi 10 anni; chi invece preferisce restare con i piedi per terra tenderà a considerare la statistica sfavorevole agganciata alle presidenziali Usa.
Statistiche e stagionalità a parte in questo momento gli investitori sono davvero combattuti. I prezzi a Wall Street sono decisamente cari con un rapporto tra prezzo e utili pari a 20. È evidente che questo multiplo sconta l’abbondante liquidità della Federal Reserve (a tal proposito in settimana il bilancio ha superato per la prima volta nella storia i 7.400 miliardi di dollari e dovrebbe continuare a salire dato che la Fed compra titoli per 120 miliardi al mese senza al momento aver fissato un limite temporale). Gli investitori si chiedono cosa accadrà quando la Fed deciderà di iniziare a drenare questa liquidità? L’altro grande dubbio arriva dalla gestione della pandemia: il nuovo focolaio in Cina (che sembrava messersi messa alle spalle il virus) è il segnale che il quadro dei contagi resta incerto. Tanto più che ogni giorno si scoprono nuove varianti. Come peseranno gli operatori tutti questi elementi nel febbraio che è alle porte? Si affideranno al “febbraio Re Mida?” o si lasceranno prendere dal nervosismo?