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 2021  gennaio 23 Sabato calendario

Periscopio

Paolo Romani (con Quagliariello e Berutti nella componente Cambiamo di rito «totiano») aggiunge: «Andiamo a votare con il Covid? Dia retta: Renzi cerca poltrone». Fabrizio Roncone, Corsera.
Il comico Paolo Rossi si distingue, oltre che per la mancanza di centimetri e di decenza, anche per il suo aspetto da sessantottino, pieno di avversione per il capitalismo e per il sapone. Luciana Baldrighi, Feltri racconta Feltri. Sperling & Kupfer Editori, 1997.

Con la Gialappa’s ho poi finito con il lavorarci. Wow che soddisfazione. Loro sono il mio Renzo Arbore. Nicola Savino (Simonetta Sciandivasci), il Foglio.

La burocratizzazione è forse il problema numero uno dell’Italia, secondo me. Che cosa si possa fare in Italia veramente è una question of one million dollar, come dicono in America. Però secondo me bisogna lasciare libero spazio alla libera concorrenza molto di più di quanto si faccia adesso e poi appunto debellare i lacci e i lacciuoli della burocrazia, come li chiamava Carli. Quindi avere una riforma radicale. E poi puntare di più sugli onesti e punire severamente i disonesti. Questo tutti lo dicono, nessuno lo fa. Paolo Fresco, ex numero due di General Electric e ad Fiat (Paolo Panerai). Milano Finanza.

«Hai cominciato a fare satira su giornali di sinistra, Paese Sera, Repubblica, Espresso. Affinità elettive?». Per nulla. Sempre stato liberale. Ma i giornali erano più liberi di quanto non siano oggi. Quando un direttore come Eugenio Scalfari mi diceva: «Questa vignetta non la posso pubblicare», io rispondevo: «Non te ne faccio un’altra. Se vuoi, mettici la tua foto». E la cosa finiva lì. Giorgio Forattini, disegnatore satirico (Giancarlo Perna). Libero.

È Sergio Mattarella il novello Richelieu dei cosiddetti «costruttori», pur di riuscire a traghettare questa maggioranza e questo Presidente del Consiglio fino alla fine del suo mandato e rigiocarsi il rinnovo. Infatti il Premier, appena fuori dal Quirinale, dopo le botte di Renzi, si presenta ancora più arrogante del solito. Ma questa volta l’operazione difficilmente riuscirà perché è in mano a politici di lungo corso, ben collegati con il Partito Popolare Europeo che non si fanno certo blandire dalle promesse del Colle e dai sorrisetti melliflui e profumati di Giuseppi. Non si fidano di lui Conte, visto che ha tradito tutti i suoi alleati, a cominciare da Matteo Salvini, ed ha trattato con supponenza leali compagni di viaggio come Nicola Zingaretti e soprattutto Luigi Di Maio che l’ha messo al mondo. Luigi Bisignani. Il Tempo.

Non mi considero un nostalgico del vecchio Pci, se non per il fatto che si trattano di ricordi di gioventù. C’è questa cosa che disse la Mafai, in cui mi ritrovo: non rinnego e non rimpiango. Non è qualcosa da cui mi separo, ma la nostalgia implica riproducibilità, qualcosa che vorresti ci fosse ancora, o ricostruire. Mentre è evidente che si tratta di una esperienza non riproducibile. Fabrizio Rondolino, scrittore autore di Nostro Pci (Susanna Turco). l’Espresso.

Negli ultimi 25 anni i cattolici non credenti sono cresciuti del 30%, mentre le altre fedi sono passate dal 2 all’8%. È un cattolicesimo stanco. Già nel 1998 il cardinale Carlo Maria Martini distingueva i cristiani in quattro gruppi: della linfa, del tronco, della corteccia, del muschio. I primi, convinti e attivi, rappresentano il 22%; i secondi, non sempre attivi, il 30%; i terzi, attaccati all’albero per tradizione e cultura, sono la maggioranza, il 44%. Infine vi è un 4% di critici che si riconoscono soltanto in alcune idee del cattolicesimo. Franco Garelli, sociologo (Stefano Lorenzetto). Corsera.

Noi figli dei sopravvissuti alle camere a gas di Birkenau non siamo normali. E non lo saremo mai. Noi dai nostri padri non abbiamo ascoltato solo parole tenere, ma il silenzio impastato di lacrime e urla. Di cosa sia questa «non normalità», del lento e doloroso processo di metabolizzazione di un’eredità unica, offre una bellissima testimonianza Emanuele Fiano, architetto, parlamentare del Pd e figlio di Nedo, scomparso un mese fa a 95 anni. Il libro Il profumo di mio padre è il frutto di un’autoanalisi sofferta, espressione di un grande amore filiale (come scrive Liliana Segre nella prefazione) e nel contempo atto liberatorio che si compie nel trasmettere, insieme, memoria ed elaborazione delle ferite legate a quella memoria. Emanuele Fiano deputato Pd, figlio di un sopravvissuto di Birkemau, morto adesso a 95 anni. (Simonetta Fiori), la Repubblica.

Uno stabile borghese a Milano, dalle parti di Porta Vittoria. Sette piani, portineria, inquilini gentili, perfino quasi cordiali. L’altra sera la sirena di un’ambulanza si interrompe proprio sotto il portone, i lettighieri spalancano rumorosamente il portellone come quando c’è urgenza, salgono di corsa. La figlia del dottor B., che rincasa, vede portare via la signora del settimo piano, ottant’anni, vedova, una badante che l’assiste e porta fuori il cagnolino. Covid, la voce si sparge rapidamente.È domenica, l’amministratore non si trova. Il lunedì mattina alle sette manca il sommesso singulto dell’ascensore che scende e risale: sulle scale intenso traffico di condomini in discesa, uno per volta, come in cordata. Se incrociano qualcuno si fermano di soprassalto, il buongiorno è diventato un bofonchio sotto alla mascherina azzurra. Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.

Nel Settecento ci fu, in Italia un rivoluzione culturale vera, grande originale e unica, quella del Rinascimento. Essa ha poi cessato di essere. Viene assorbita dall’unità europea e segue i movimenti europei. L’Italia non è più alla testa ma in coda. Non è una capitale ma una provincia. Giuseppe Prezzolini, L’Italia finisce. Rusconi libri, 1994.

In nessun paese europeo, il fossato fra le generazioni è cosi difficile da colmare come in Germania, dove le idee condivise dopo il 1945 erano, sotto una grande moltitudine di aspetti, diametralmente opposte a quelle che regnavano prima della guerra. A tal punto che la lingua tedesca non era più la stessa. Tutto un vocabolario che era servito ai nazisti era diventato rigorosamente inutilizzabile. Brigitte Sauzay, Le vertige Allemand. Olivier Orban, 1985.

Le gendarmone di Kalinigrado, con delle braccia che pesano come le mie gambe, la mattina, portano pesce, caviale, una loro vodka che si chiama morte nera, e patate. Scorrono dai finestrini del treno cicogne, laghi salati e cortecce di betulle, ancora più schiarite dalla prima luce del mattino incipiente. Geminello Alvi, Ai padri perdòno. Mondadori, 2003.

Vittoria con me è di un’impazienza infinita. Roberto Gervaso.