Il Messaggero, 22 gennaio 2021
Nello studio ovale di Biden
Con i suoi 76 metri quadrati, lo Studio Ovale è spesso un palcoscenico su cui i presidenti amano esporre simboli vicini al loro cuore e alla loro ideologia. E Joe Biden non si è discostato dalla tradizione, chiedendo, sin dal giorno in cui ha saputo di aver vinto, che venissero preparati alcuni cambiamenti. Ci sono volute varie settimane ad esempio per fare arrivare il busto di Cesar Chavez dal museo che la California ha dedicato al grande sindacalista socialista difensore dei braccianti agricoli e degli immigrati, ma Biden lo voleva sin dal primo giorno alle sue spalle, insieme alle foto di famiglia, per sottolineare le sue intenzioni di proteggere i lavoratori e gli immigrati.
GLI ARREDI IN ECONOMIA
Il nuovo presidente ha fatto economia sull’arredamento, e ha ripescato dalle soffitte i tendaggi giallo scuro e il tappeto blu dell’epoca Clinton, ma non ha avuto remore nel trasferire di nuovo nel corridoio il busto di Winston Churchill, dove lo teneva Obama, per sostituirlo con un poker di volti che hanno ben più significato per la storia americana: Martin Luther King, Rosa Parks, Robert Kennedy ed Eleanor Roosevelt, tutti grandi paladini dei diritti civili e delle classi povere. Con questi cinque busti, Joe Biden annuncia a chiare lettere quali saranno i valori a cui intende ispirarsi nei suoi quattro anni da presidente. Una menzione speciale merita la comparsa del ritratto di Benjamin Franklin, uno dei Padri Fondatori che racchiude in sé tre grandi temi cari a Biden: Franklin fu firmatario della Dichiarazione di Indipendenza e della Costituzione, uomo di cultura fondatore di due università, filosofo illuminista e grande scienziato. Non è un caso che sotto il suo ritratto, su uno scaffale, in un posto d’onore sia stata collocato uno dei sassi riportati dagli astronauti dalla Luna, testimonianza di uno dei momenti d’oro della scienza Usa.
IL BOTTONE ROSSO
Dallo Studio Ovale sono invece uscite alcune oggetti molto cari a Trump. È stato smontato il bottone rosso con cui l’ex presidente ordinava bicchieri di Coca Cola gelata. Sono stati tolti gli stendardi dei vari corpi delle Forze Armate, che in passato non erano mai stati presenti nello studio presidenziale. Ed è stato anche staccato dal muro il ritratto di Andrew Jackson. Quest’ultima scelta era stata ampiamente prevista. Quando Trump scelse quel ritratto in effetti fece non poco clamore, in quanto il settimo presidente degli Stati Uniti è ricordato soprattutto per essere stato uno di quelli che contribuirono al genocidio degli indiani. Trump aveva trovato delle affinità con Jackson, un ex generale che era stato a capo della guerra contro i Creek e i Seminole e che aveva vinto la presidenza con una campagna populista contro l’aristocrazia corrotta di Washington. Eletto nel 1828, Jackson continuò nella sua missione di fare spazio ai pionieri a scapito degli indiani. Fu lui l’ideatore del trasferimento forzato di tante tribù verso i territori a ovest del Mississippi, di quell’esodo cioè che si trasformò in un massacro per gli stenti e il freddo per migliaia di indiani Cherokee, Muscogee, Seminole, Chickasaw e Choctaw. Invece del volto del presidente che era stato soprannominato Indian killer, con Biden arriva nello Studio Ovale la statuetta di un indiano apache a cavallo. La scultura è opera di un noto artista, Allan Capron Houser, un apache lui stesso.