Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  gennaio 21 Giovedì calendario

E ora le imprese ritornano a casa

Una buona parte delle aziende manifatturiere occidentali da parecchi decenni utilizza il metodo Just in time, cioè una gestione del processo produttivo che riduce al minimo, quando di fatto non azzera, merci-finite e scorte nei magazzini. Per farlo funzionare, il volume produttivo deve essere tarato sulla domanda degli acquirenti e le componenti per la produzione devono arrivare in quantità e tempi certi. Uno studio appena pubblicato dalla società di consulenza McKinsey – Arriva il New Normal— dice che un anno di pandemia sta spingendo verso il Just in time plus, dove plus sta per «just in case», cioè «nel caso che»...qualcosa non funzioni. La pandemia, infatti, ha messo in evidenza la necessità per molte imprese di proteggersi dal rischio di rottura o rallentamento delle catene di fornitura, soprattutto quelle lunghe, che per esempio portano materiali e componenti dall’Asia all’Europa e nelle Americhe. Il primo passo già in atto e che continuerà è quello che McKinsey chiama «grande riequilibrio», l’accorciamento di queste catene, la necessità di riportare le forniture vicino a dove sono utilizzate per diminuire i rischi di blocco. Entro il 2025, prevede la società di consulenza, il 25% delle esportazioni mondiali potrebbe essere interessato dal fenomeno, per un valore di 4.500 miliardi di dollari. La tendenza verso questo riavvicinamento tra fornitori e produttori finali è in corso da tempo: le interruzioni dei commerci provocate dalla crisi da virus l’hanno molto accelerata. Tre sono le ragioni che la sostengono. Innanzitutto, lo studio ha rilevato che, tipicamente, un’azienda soffre ogni 3,7anni (in media) un vuoto di forniture che provoca la chiusura della produzione per circa un mese. In secondo luogo, i vantaggi di prezzo nel rifornirsi in Paesi lontani a basso costo del lavoro, per esempio in Cina, sono sempre minori: i robot, la stampa 3-D, i Big Data, la digitalizzazione riducono il ruolo della manodopera. Terzo, la maggior parte delle imprese, due terzi, dice di non essere in grado di controllare i subfornitori in Paesi lontani. Non significa che tutte le produzioni torneranno a casa o vicino a casa: molte imprese avranno ottimi motivi per produrre vicino ai mercati di vendita. Ma la riduzione dei rischi è un’altra delle tendenze che ridimensionano la vecchia globalizzazione. «Giusto nel caso che».