La Stampa, 21 gennaio 2021
Topolino incontra Verdi
Nel marzo scorso, durante uno dei soliti futili battibecchi sui social, un politico italiano credette di insolentirne un altro accusandolo di leggere Topolino. Questo non è solo volgare, ma assurdo. I personaggi Disney esibiscono una cultura ben più solida di quella piccina picciò dell’attuale classe politica, che nella sua sesquipedale ignoranza le raffinate citazioni topesche, temo, non riuscirebbe nemmeno a coglierle. Per godersi una parodia, in effetti, conoscere un minimo l’originale non è indispensabile ma aiuta. Prendete il «topolibro» da collezione La musica lirica raccontata da Topolino (Panini Comics) che sarà in edicola il 27 gennaio, centoventesimo anniversario della morte di Giuseppe Verdi. Sono cinque favolose caricature di altrettante opere liriche disegnate da Guido Martina fra il 1979 e l’81, precedute da una storia originale, Topolino e il codice armonico, apparsa invece nel 2013.
È qui che il topo e l’operista più famosi del mondo si incontrano per la prima volta. Grazie all’abituale macchina del tempo dei fumetti, Topolino e Pippo sono spediti nel 1872 per sventare un intrigo muscialpolitico ordito da alcuni reazionari per disfare l’Italia appena fatta, orchestrando (è il caso di dirlo) un attentato alla Scala in occasione della prima europea di Aida, che aveva debuttato l’anno prima al Cairo (e, forse vale la pena di ripeterlo una volta di più perché è una delle fake news più dure a morire, non per celebrare l’apertura del canale di Suez). Spacciandosi per giornalisti, Topolino e Pippo vanno a trovare Verdi a Sant’Agata, la sua residenza estiva annegata nella nebbia in mezzo a quella che Bruno Barilli nel Paese del melodramma chiama l’«enorme zanzariera della valle del Po».
La descrizione di Lui è perfetta, disegnata e sceneggiata da chi sa di cosa sta parlando. Eccolo, Verdi, un burbero magnifico che non vuole seccatori in casa e si descrive così: «Maestro, sì. Ma anche contadino, allevatore e buon esperto di pioppi e cavalli! L’arte va bene, ma la terra vale di più», che è esattamente quel che Verdi pensava o almeno diceva (però subito la sciura Giuseppina lo obbliga a mostrarsi cortese e a ricevere gli ospiti). Per inciso, tutto l’intrigo è basato su una versione dell’Aida modificata in orchestrazione e tonalità dal direttore come segnale per i cospiratori. Questo dettaglio dimostra che Topolino non solo rievoca i tempi andati ma anticipa quelli futuri: l’ultima Aida ascoltata alla Scala fra un lockwdown e l’altro, l’autunno scorso, era appunto una versione inedita, diretta da Ricardo Chailly con l’inizio del terzo atto inizialmente previsto da Verdi, poi scartato e infine riciclato nella Messa da Requiem.
Le parodie, poi, sono sublimi. E che cast. In Paper-Damès e Celest’Aida Paperino è Radamès, Paperina Aida e Clarabella Amneris, figlia «racchia» (sic) di Paperon de’ Paperoni, Faraone XXX (si legge «ics ics ics»), i cui nemici Bassiopi sono i Bassotti guidati da Rockerduck. Finisce però bene, con Paper-Damès e Aida Paperina che fuggono insieme a rivedere le foreste imbalsamate navigando sul Nilo in un sarcofago capovolto, mentre il Faraone Paperone si consola con un giacimento di petrolio testè scoperto. In Paperin Caramba y Carmen Olé, cioè Bizet impaperato, compare anche Gastone come Escamillo; in Paperino e la piccola Butterfly Paperina è Cio-cio-san, Qui suo figlio, Nonna Papera sua madre e Paperino lo yankee vagabondo Nat Paperton. Ma questa Butterfly con la testa sulle spalle dice chiaramente che non le passa nemmeno per l’anticamera del cervello di fare harakiri per un uomo, anzi per un papero, e alla fine riesce a far mettere la testa a posto e l’anello al dito a Pinkerton-Paperton (inutile dire che anche il tenore forse più odioso dell’intero repertorio, se «interpretato» da Paperino, diventa subito simpatico).
Altri due titoli, magari, appartengono più alla letteratura che alla musica. Però è vero, come viene ricordato nell’introduzione, che la storia di Cyrano de Bergerac fu messa in musica da Franco Alfano, il «completatore» di Turandot, mentre quella di Romeo e Giulietta ha avuto infinite trasposizioni musicali, come il Roméo et Juliette di Gounod, titolo feticcio dell’epoca vittoriana. In ogni caso, qui si ride di cuore con L’amorosa istoria di Papermeo e Giulietta Paperina, che ovviamente alla fine non muoiono ma scappano insieme «a popolar le Americhe» (questa però è Manon Lescaut) sulle caravelle di Cristoforo Colombo. È invece nostalgico il finale di Rostand-Alfano, perché Paperossana (la solita maliosa Paperina) si innamora sì di Paperino di Bergerac dopo che un provvidenziale intervento di chirurgia plastica gli ha ridotto il becco ma anche, ahimè, dopo aver già sposato Cristiano, cioè Gastone, bello, fortunato ma, giusto per restare allo zoo, ignorante come una capra.
In ogni caso, queste strisce sono una delizia dalla punta del becco all’ultima piuma del lato B. Ma non finisce con una risata. Divertimento a parte, da questo mondo di paperi e topi c’è solo da imparare. Cari detrattori, un quack vi seppellirà.