ItaliaOggi, 20 gennaio 2021
I cinesi di Prato vogliono tornare a casa
Chissà come si dice «ciaone» in cinese. Fatto sta che è la giusta espressione per rimarcare il sentimento dei cinesi che vivono e lavorano in Italia. E che ora, con la crisi economica che non accenna ad arrestarsi, hanno deciso di tornare in patria. È il caso del Comune di Prato, che con oltre 20 mila cinesi ospita una delle comunità più grandi d’Europa di esuli della Repubblica popolare.
Nella città toscana il flusso migratorio dei cinesi è iniziato negli anni ’90. Nel tempo si sono radicati e hanno avviato attività imprenditoriali in ogni tipo di settore. Con l’avvento della pandemia la comunità cinese di Prato ha sviluppato una sorta di immunità al Covid. Dall’inizio dell’emergenza sanitaria i contagiati sono stati solo 100. Merito di una doppia quarantena e di un rigore assoluto nel rispetto delle regole.
Dal lato economico, però, il coronavirus non ha risparmiato neppure loro. Tanto che diversi cittadini cinesi residenti nel Comune toscano sono pronti a rientrare a casa. Del resto la Cina è stato l’unico paese al mondo a chiudere il 2020 con una crescita del 2%. Un motivo in più per lasciare l’Italia e fare ritorno dalle parti di Pechino.
«Le imprese più strutturate, ormai da mesi, stanno cercando di aprire un’attività anche in Cina», ha spiegato l’ex assessore provinciale Giancarlo Maffei, che per lavoro si divide tra Nanchino e Prato. «Una scelta che non significa tornare in Cina per sempre, bensì provare a cavalcare il boom economico orientale. Lì ci sono ristoranti pieni e grande voglia di investire e ripartire». «Le persone che si impegnano nell’economia guardano semplicemente a quel che succede in Italia e alle prospettive che ci sono in Cina, al fatto che là ci sia già stata la ripresa e si cresca ancor più velocemente», ha sottolineato il consigliere comunale pratese, Marco Wong, in quota Pd. «A Prato ci sono aziende in ginocchio che non sanno come fare a pagare l’affitto del capannone. Qualcuno sta pensando di delocalizzare in Cina, ma con molti dubbi: alcuni che in passato l’hanno fatto sono rimasti scottati, bruciando investimenti importanti».
La conferma del controesodo arriva dai congedi scolastici chiesti al Comune, che da settembre sono stati 250. Sono proprio i giovani, però, ad andare in controtendenza. Chi è nato a Prato e in Cina non è mai stato, se non per un breve periodo di vacanza, non ha intenzione di lasciare l’Italia. «Chi è cresciuto in Italia ha le basi e ha più opportunità rispetto alle passate generazioni», ha detto al Corriere fiorentino la giornalista Miao Huang. «Come mentalità non concepiscono nemmeno il lavoro in Cina. Io credo che questa voglia di tornare in Cina sia un fenomeno temporaneo. Speriamo che col vaccino si esaurisca».
Anche perché, secondo il vicepresidente di Cna Toscana Centro, Wang Liping, la voglia di tornare in Cina è solo passeggera. «Nel nostro gruppo ci sono sei imprenditori che sono tornati in Cina per mancanza di lavoro», ha affermato. «Comunque hanno lasciato un collaboratore a seguire l’azienda. Di fatto stanno trascorrendo il tempo della pandemia in Cina, ma poi torneranno qui. Chi a Prato ha famiglia, casa e azienda difficilmente se ne andrà. E poi in Cina ripartire da zero e ricostruirsi una nuova rete di contatti non è semplice».