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 2021  gennaio 20 Mercoledì calendario

Ritratto di Ingrid Bergman

Per festeggiare l’esame di maturità, mia madre mi regalò un viaggio negli Stati Uniti che si rivelò un’esperienza che mi ha cambiato la vita, per l’innamoramento immediato per la città di New York e una serie di incontri, a volte del tutto inaspettati. Avevo un biglietto con ritorno fissato dopo due mesi, ma spesi tutti i fondi nei primi dieci giorni: mi vergognavo a dirlo a mia madre, e fui costretto a cercare lavoro. Dopo un’esperienza di imbianchino durata soltanto un giorno - fui licenziato in tronco per assoluta inadeguatezza - trovai lavoro in un negozio di scarpe sulla Madison Avenue chiamato Flaminia Shoes. Il titolare era un indiano malinconico di nome Baku, e il mio ruolo era quello dello «stock boy», il garzone incaricato di portare le scarpe ai due commessi, che avevano l’onore di farle provare ai clienti. Vivevo con frustrazione quella situazione, ed ero assolutamente negato: facevo cadere sempre le scatole, e sentivo ogni volta il mio datore lavoro dire sconsolato, in italiano, «povero, povero Baku».
La routine di quei giorni si interruppe quando entrò nel negozio Ingrid Bergman, e, per un caso del tutto fortuito, uno dei commessi era ammalato e l’altro impegnato a servire un cliente. Baku l’accolse con un inchino e poi mi fece cenno di assisterla: la signora Bergman cercava un paio di scarpe che erano state esibite per settimane in vetrina, ma non erano più disponibili. Spettava quindi a me proporle alcune alternative e, soprattutto, assicurarmi che acquistasse. Era una splendida donna di 65 anni, molto alta e con un portamento in egual misura autorevole e informale: ignoravo che fosse già aggredita dal male che l’avrebbe uccisa nel giro di poco tempo. Mentre le sottoponevo diverse opzioni, le dissi quanto fossi onorato di incontrarla e le feci i complimenti per Casablanca.
Lei sorrise, chissà quante volte l’aveva sentito, ma poi, riconoscendo il mio accento, mi disse in italiano: «Ho girato numerosi film nel tuo paese: come mai ne hai scelto uno americano?» Non ebbi il coraggio di dire che ignoravo i film che aveva realizzato con Roberto Rossellini, e cercai di cavarmela parlando invece di Casablanca, che conoscevo a memoria: «Perché nel finale di quel film mi sono sempre chiesto se il personaggio di Ilsa avrà una vita felice o vivrà di rimpianti». Lei mi regalò un sorriso nel quale mi sembrò di scorgere un po’ di malinconia, e poi mi disse: «Non ti so rispondere, e credo che non lo sapessero neanche gli autori del film. So però che quel finale funziona proprio perché è aperto e va contro quello che ti aspetti: è la magia del cinema». Fece una pausa, quindi concluse: «E poi Ilsa non invecchia mai». Cercai di concentrarmi sulle scarpe: nessuna era di suo gusto, e mi chiese di ordinare quelle che aveva visto in vetrina: «Tornerò la settimana prossima - disse - e continueremo la nostra chiacchierata di cinema».
Nei giorni che ci separano dal nuovo incontro fui retrocesso di nuovo al ruolo di «stock boy», e sentii quotidianamente il lamento «povero povero Baku», ma Ingrid Bergman mi aveva promosso suo commesso personale. Feci un po’ di ricerche e trovai un’intervista nella quale si definiva in maniera molto diversa rispetto all’impressione di quel giorno: «La donna più timida del mondo, ma con dentro un leone che non è stato domato» e ancora «una persona che si sente sempre in colpa».
Quando tornò, indossava un foulard di seta che le copriva i capelli e due grandi occhiali scuri con cui cercava di camuffarsi per sfuggire ai paparazzi. Mi sembrò stanca e molto provata, ma forse è una sensazione di oggi, perché si disse felice che le avessimo procurato le scarpe e volle provarne anche altre, con grande gioia di Baku ed evidente fastidio dei due commessi, specie quello che avevo sostituito. «Ci tenevo a dirle quanto l’ho ammirata in Notorius» le dissi, e lei annuì, era un altro complimento sentito milioni di volte. «E nel Caso Paradine» aggiunsi, e a quel punto lei, sforzandosi di non umiliarmi, rispose «la ringrazio, ma la protagonista è la sua conterranea Alida Valli, forse si riferisce a Io ti salverò». Avrei voluto sprofondare sotto terra, e cercai di recuperare: «Si certo, Io ti salverò». «Certo» ribadì lei, e poi mi chiese all’improvviso: «Cosa fa un ragazzo che viene dal paese più bello del mondo qui a New York?» Non avevo una risposta pronta, e fu lei a darmela: «Insegue un sogno, evidentemente, e forse vuole allargare il proprio orizzonte». Feci cenno di si con la testa, senza avere il coraggio di dire nulla. «Lo capisco, e fai bene, hai scelto il posto giusto. Ma se posso permettermi un consiglio, ritengo che sia importante prima conoscere la storia della propria terra: solo così si può avere la forza di abbandonarla, per poi preservarla per sempre nel cuore». Aveva il tono di chi è arrivata al momento di un resoconto esistenziale, e che stesse parlando anche a sé stessa. Mi sorrise di nuovo e concluse: «Sono stata molto felice, in Italia». Poi, prima di uscire, acquistò altre due paia di scarpe, trasformandomi in un eroe agli occhi di Baku.
Per un attimo sentii l’impulso di chiederle di non andare via, erano così tante le cose che avrei voluto domandarle, a cominciare dal terzo Oscar da non protagonista per Assassinio sull’Orient Express che diede a Valentina Cortese, sostenendo che fosse lei a meritarlo (per Effetto notte d Truffaut). E poi di Alfred Hitchcock, Roberto Rossellini, Jean Renoir, Ernst Hemingway, Ingmar Bergman, Robert Capa, Humphrey Bogart, Spencer Tracy, Cary Grant, Gary Cooper e chissà quanti altri personaggi e momenti leggendari. L’accompagnai alla porta e si volse ancora una volta verso di me, come a ribadire quello che aveva detto, ma forse stava solo nascondendosi da un gruppo di fotografi che l’aspettavano sulla Madison. Poi si allontanò verso Central Park e non la vidi mai più: ancora adesso non so perché abbia voluto dire proprio a me quelle cose, non sapeva neanche che nome avessi. Rimasi molto turbato quando lessi della sua morte, due anni dopo, e decisi di onorarla vedendo i suoi magnifici film italiani e poi anche quelli interpretati da Alida Valli.