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 2021  gennaio 20 Mercoledì calendario

Giuliano Ferrara ricorda Emanuele Macaluso

Le cronache della sua vita dicono tutto di Emanuele Macaluso (1924-2021) e della sua avventura italiana: l’occupazione delle terre in terra di mafia, il sindacalismo eroico con la celebre sparatoria di Villalba, la milizia comunista e repubblicana pro e contro lo Stato in epoca di banditismo politico (Portella della Ginestra, la strage del ’47), Di Vittorio e gli altri numi di un universo scomparso alla storia, l’apparato del Pci come scuola internazionalista di sottomissione e di intelligenza politica, l’operazione Milazzo come eterno riprodursi del connubio d’opposizione e di governo, l’epoca della politica incivilita dopo la fase dura della ricostruzione tra compromesso storico e alternativa democratica, infine la crisi e la dissoluzione del comunismo, che travolse di necessità anche la variante italiana e lasciò Macaluso in una bella, lunga, esperta, lucida e combattiva vecchiaia di testimone indipendente e critico della sua propria storia e di quella comune.
Le cronache non possono dire che cosa è stato un togliattiano, un dirigente togliattiano. E Macaluso, superstite ultimo della ristretta segreteria comunista in cui il Principale era Palmiro Togliatti, un uomo dell’Ottocento venuto da Torino e poi da Mosca a impostare nel ferro e nel fuoco la famosa «via italiana al socialismo», quello fu essenzialmente. Si poteva essere perito minerario e notevole intellettuale politico, il togliattismo era una scuola machiavellica di realismo: contava l’impronta nazionale, contava una cultura classica, era decisivo conoscere e valutare le cose della società e del mondo, delle classi sociali, dell’economia e delle istituzioni, del popolo e delle élite in una chiave di accomodamento dei fatti alla strategia politica e anche di verità, magari una doppia verità, ma verità. L’idea era la rivoluzione come mito ovvero un Principe nuovo, nutrito di fedeltà pubblica ostentata, complice, e di adesione interiore non cieca alla Russia sovietica di Stalin, per poi incarnare la politica, il gioco parlamentare, la dialettica dei partiti come vita e pratica da tenere nelle mani in piena consapevolezza dei rapporti di forza, della natura e identità di questo straordinario e complicato Paese.
I ricostruttori furono per un paio di generazioni capi intessuti di spirito nazionale anche nella faziosità e nel conflitto acuto degli interessi, basti pensare tra tutti a un Vittorio Valletta, ai grandi della Cgil e del movimento operaio che discutevano di là dai miti le regole della produttività e del lavoro. Il togliattismo dei Macaluso e dei suoi compagni, ciascuno con la sua personalità e i suoi difetti, era questa incredibile aderenza alla consistenza storica delle cose, questo sapere non soltanto sociologico, questa radicata convinzione che al vertice di tutto stanno le questioni di come si organizza il potere in una fabbrica, in un territorio di ceto medio, in una università, in una trama di intelligenze e specialismi, nelle istituzioni, in un Paese allora cattolico, semirurale e già industriale, e sempre cogliendo un certo flusso del discorso pubblico, la flessibilità e la dinamica delle cose che accadono.
Dal retroterra della cultura politica togliattiana il Macaluso che i lettori più giovani conoscono, il vecchio saggio con il viso stesso dell’intelligenza e lo sguardo amaro e ironico, che dispensava pareri e consigli in quella che poi diventò genericamente la sinistra italiana, estrasse le energie, dopo una vita di togliattismo e stalinismo politico, per diventare un socialdemocratico sano e autentico, un europeista, un realista del postcomunismo che non voleva mollare, e si capisce, il meglio della sua identità. Che non fu solo pubblica, come tutto si risolveva a essere in quell’Italia, ma privata, privatissima, fitta di dolori e di sfide, tra cui un processo per adulterio e una contesa contro il familismo retrogrado in seguito alla quale dovette condurre vita clandestina all’ombra di quello che si considerava «il peccato». Nell’errore, nel dolore, nel coraggio, nel rinnovamento delle idee, nell’amore e nell’amicizia, la vita di Macaluso fu una lunga vita e bella, realizzata fino e oltre il momento in cui si ripiegano le vele e si dà pace al tempo che passa.