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 2021  gennaio 18 Lunedì calendario

Calcio, tra stipendi tagliati e licenziamenti

La curiosità è grande: quale sarà il “colpo di mercato” della sessione gennaio 2021? Per meglio dire: chi riuscirà a portare un po’ di euro nelle proprie casse trovando un compratore folle disposto a metter mano al portafogli per un giocatore, o disposto a prenderlo gratis accollandosi la zavorra di un ingaggio milionario? Ebbene sì: complice il Covid il mondo (anche quello del calcio) è andato a gambe all’aria e tutto si è capovolto. Ricordate gli acquisti da mille e una notte del Paris Saint Germain dello sceicco del Qatar Nasser Al-Khelaïfi capace di sborsare 222 milioni sull’unghia per convincere Neymar a lasciare Barcellona e altri 180 per portare sotto la Tour Eiffel il 18enne Mbappé del Monaco?
Beh, mettetevi comodi: la notizia di questi giorni è che il club parigino ha messo in disoccupazione parziale 400 dipendenti di marketing, ticketing, amministrazione e ufficio legale che lavoreranno da uno a cinque giorni in meno la settimana. E ancora, sempre di oggi è la notizia che il Psg sembra intenzionato a non opporsi alla partenza di Mbappé, il cui contratto scade nel 2022, con destinazione Real Madrid: si accontenterebbe della metà dei soldi spesi per il suo acquisto, e a Madrid ci stanno pensando. Ma siccome anche lì sono finiti i tempi delle follie per Zidane e Ronaldo, per CR7 e Bale, per prendere Mbappè a prezzo di saldo hanno deciso di spendere zero euro al mercato estivo 2020, zero al mercato di gennaio 2021, vendere tutto il vendibile per racimolare un gruzzoletto sufficiente a convincere lo sceicco del Qatar a privarsi del suo più luccicante gioiello. Detto en passant: il Real ha appena abbassato il suo salary cap (leggi: monte-stipendi) del 27% passando da 641 milioni a 468,5. Taglio doloroso per i giocatori, ma niente in confronto alla sanguinosa amputazione del 43% praticata dal suo rivale storico, il Barcellona: che ritrovatosi a rischio fallimento è stato costretto a scendere da 671,4 milioni a 382,7, quasi dimezzando il monte-ingaggi.
Con gli incassi al botteghino che non ci sono più (e chissà quando torneranno), il marketing crollato, gli sponsor che se ne vanno e le tv che offrono meno soldi visto che il colpo d’occhio, con le partite giocate in stadi vuoti, è a dir poco desolante, il tempo delle vacche grasse è ufficialmente finito. E se a risentirne, oltre alla Liga spagnola, è anche la Premier League inglese, e cioè il movimento più ricco del mondo (l’Arsenal ha appena licenziato 55 dipendenti a dispetto del taglio del 12,5% degli stipendi chiesto ai giocatori), immaginate le condizioni in cui si trova la Serie A italiana; che infatti è entrata nell’ordine di idee di vendere letteralmente l’anima al diavolo (per ora solo il 10%: ceduto per 1,7 miliardi ai fondi “private Equity” CVC, Advent e Fsi), ma che si dibatte in una crisi senza fondo testimoniata dai bilanci in perdita dei suoi club (Roma -204 milioni, Milan -195, Inter -102, Juventus -90) e dalla sopraggiunta impossibilità di pagare gli stipendi. “Il nostro movimento paga ogni anno 1-1,2 miliardi di gettito fiscale – ha detto Marotta, d.g. dell’Inter – e quello che vorremmo è avere almeno un differimento della tassazione. Il Governo deve permetterci di modulare i pagamenti in modo differente”. Traducendo: fammi dare gli 8 milioni a Lukaku e a Ibra e a Dybala subito; per le tasse invece ne riparliamo.
Domanda: a bar e ristoranti no e al pallone sì. A voi pare giusto?