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 2021  gennaio 17 Domenica calendario

150 voltagabbana in tre anni

La categoria politica del trasformismo fu teorizzata per la prima volta da Agostino Depretis nel discorso di Stradella dell’8 ottobre 1882, ma a spiegare il fenomeno ci pensò Giulio Andreotti con una delle sue folgoranti battute. L’allora presidente del Consiglio della Dc, che riuscì a formare ben sette governi alternando le maggioranze a seconda della convenienza politica, a chi lo accusava delle sue spregiudicate manovre (la strategia dei due forni, Psi o liberali), rispose paragonando la carriera politica a una sala cinematografica: “Chi entra in sala deve sistemarsi nel primo posto libero che trova; poi appena fa meno buio, o tra il primo e secondo tempo, potrà spostarsi verso una poltrona migliore, da cui vedere meglio”. E così è stato, da sempre, nella storia dell’Italia unitaria.
Oggi, con la crisi del governo Conte II aperta da Matteo Renzi, il “trasformismo” è tornato alla ribalta: per sostituire i voti dei renziani in uscita, Pd e M5S stanno cercando una dozzina di senatori per tenere in piedi la maggioranza. Quelli che dal 2010 in poi – quando Antonio Razzi, Domenico Scilipoti e Sergio De Gregorio salvarono il governo Berlusconi – sono stati chiamati “responsabili”, oggi, con un gioco lessicale utile a nobilitarli, sono i “costruttori” guidati da vecchie volpi della politica (soprattutto democristiana) come Bruno Tabacci a Clemente Mastella. E così, mentre proseguono le trattative dicibili e indicibili, infuriano le polemiche sui “trasformisti” tanto odiati dal M5S della prima ora, sulle “maggioranze raccogliticce”, piovono accuse di “scilipotismo” nei confronti dei giallorosa, si scomoda la manzoniana “accozzaglia” e rispuntano come funghi i video di Beppe Grillo che irride Mastella e di Vito Crimi e Luigi Di Maio che proponevano il vincolo di mandato per i “traditori del popolo”. Epperò in pochi notano che tutte le ultime legislature sono state contagiate dal virus dei cambi di casacca. Ma (quasi) nessuno ha mai detto niente.
Quota 150. Ieri il numero tondo è stato raggiunto: con il passaggio dei deputati Vito De Filippo da Iv a Pd e dell’ex M5S Antonio Zennaro dal Misto alla Lega, secondo i dati di Openpolis, in questa legislatura i cambi di gruppo parlamentare sono arrivati a quota 150 per un totale di 136 parlamentari passati dalla forza politica con cui erano stati eletti a una diversa, spesso opposta. Di questi, 29 sono avvenuti durante il governo Conte I (Lega-M5S) mentre i restanti 121 durante il Conte II (Pd-M5S- LeU-Iv). E se un alto numero di cambi di casacca era stato favorito dal passaggio da una maggioranza all’altra, nemmeno il Covid ha fermato i voltagabbana: solo nel 2020 i transfughi sono stati 57 (18 deputati e 39 senatori). Una media di 5 al mese.
M5S svuotato. Questa legislatura, va detto, risente fortemente dell’alto numero di deputati e senatori – inizialmente 51 – che hanno cambiato gruppo nel settembre 2019 dopo la scissione di Matteo Renzi dal Pd e la formazione di Italia Viva. Escludendo la diaspora renziana, chi ha beneficiato di più dei cambi di casacca sono il Gruppo Misto diventato il quinto in Parlamento guadagnando 45 membri da inizio legislatura (29 alla Camera e 16 al Senato) e la Lega con un saldo attivo di 9 parlamentari (5 a Montecitorio e 4 a Palazzo Madama). Chi invece ne ha persi di più sono il Pd (-35) ma soprattutto il M5S (-55, di cui solo 33 nel 2020). La maggior parte di essi non ha lasciato autonomamente il gruppo ma è stato espulso per aver violato le regole interne del M5S: è il caso del deputato genovese Marco Rizzone che aveva chiesto il “bonus Iva” o del senatore Mario Michele Giarrusso per le mancate restituzioni. Alcuni di questi voti, oggi, sarebbero molto utili al Senato per il governo Conte. Ma i 5 Stelle in questa legislatura hanno raggiunto un altro record negativo: in ogni gruppo dell’arco parlamentare, escludendo le minoranze linguistiche, oggi si trova un transfugo del M5S. Si va da Paolo Lattanzio e Michele Nitti entrati nel Pd a Ugo Grassi e Alessandra Riccardi nella Lega, passando per Paola Nugnes e Rita Di Lorenzo in LeU. Ma qualcuno ha aderito anche ad Azione (le deputate Flora Frate e Nunzio Angiola), Italia Viva (Gelsomina Vono), Fratelli d’Italia (Davide Galantino), il Maie (Antonio Tasso e Andrea Cecconi) e Forza Italia (Matteo Dall’Osso).
Transfughi renziani. Oggi Renzi grida allo scandalo del governo “Conte-Mastella”, ma i primi “Scilipoti” sono proprio i 30 deputati e 18 senatori di Iv perché eletti nel 2018 sotto le insegne del Pd. Dei 17 senatori renziani (il diciottesimo, Riccardo Nencini, è del Psi), 14 sono stati eletti con i dem. Vincenzo Carbone e Donatella Conzatti invece vengono da FI, mentre Vono è arrivata dal M5S. Alla Camera, invece, IV ha portato via 24 deputati al Pd e 6 agli altri partiti: qualcuno viene dal centrodestra, come Francesco Scoma e Davide Bendinelli (FI) o Gabriele Toccafondi (Alternativa Popolare, ex partito di Angelino Alfano), mentre due arrivano da LeU,Michela Rostan e Giuseppina Occhionero. Infine c’è Catello Vitiello: cacciato dal M5S prima del voto del 2018 perché si scoprì “massone in sonno”, Vitiello è rimasto folgorato sulla via di Rignano dopo un anno e mezzo passato nel Misto.
I re dei trasformisti. Oltre a Vitiello e Rostan (passata dal Pd a LeU proprio perché critica con Renzi, quindi entrata in Iv), nella legislatura in corso c’è anche chi non si è accontentato di cambiare gruppo una volta sola ma ha deciso di raddoppiare. I deputati Nicola Carè e Vito De Filippo sono tornati all’ovile passando dal Pd a IV e ritorno. Sono tornati a rispettare la volontà dei propri elettori. Campioni dei cambi di casacca invece sono Lattanzio, passato dal M5S al Misto e dopo cinque mesi nel Pd per il mancato sostegno dei grillini a Michele Emiliano in Puglia, ed Enrico Costa, pasdaran iper-garantista eletto nel 2018 con “Noi con l’Italia” (centrodestra), poi tornato in FI e quindi in “Azione” di Carlo Calenda.
Cinque cambi al mese. La legislatura attuale è ancora lontana, come numero di transfughi, dalla scorsa (2013-2018) quando i cambi di casacca sono stati 569 per un totale di 348 parlamentari. Uno su tre con una media di quasi 10 passaggi di gruppo al mese. La media dei transfughi dell’attuale legislatura – 5 cambi ogni 30 giorni – è la seconda più alta negli ultimi vent’anni: sopra la XIV (2001-2006) che ne aveva 1,35 al mese e alla XVIII (2008- 2013) con 4 passaggi ogni 30 giorni.