La Stampa, 16 gennaio 2021
La terza vita di Michele Bravi. Intervista
A 26 anni, Michele Bravi è già alla terza vita pubblica. La prima fu quella di vincitore di X-Factor, stellina in ascesa per cui scrivevano Tiziano Ferro, Federico Zampaglione, Luca Carboni. La seconda lo vide indipendente e protagonista sui social, grazie ai quali divenne punto di riferimento per i coetanei, passando per un timido coming-out («Preferisco parlare di relazioni fluide») e una bella canzone a Sanremo 2017, Il diario degli errori. La terza vita di Michele Bravi è cominciata tragicamente nel novembre 2018, con un incidente stradale mortale di cui si è assunto la responsabilità, patteggiando in tribunale 18 mesi di pena (sospesa), e poi con un lungo periodo di isolamento completo, buio e silenzio («Per due mesi non sono riuscito a dire una parola») da cui è uscito con la terapia chiamata EMDR, che vuole aiutare a rielaborare i traumi con l’utilizzo di movimenti oculari o di altre forme di stimolazione. Michele Bravi ha raccontato questo percorso in un disco, La geografia del buio, pronto da un anno, che uscirà il 29 gennaio.
La pandemia l’ha costretta ad aspettare un anno ma paradossalmente dà ulteriori significati a queste canzoni.
«Sì, è un disco che parla di come convivere con il buio. Inserirsi nel contesto tenebroso, nebbioso che stiamo vivendo è la sfida che sta facendo a se stesso e a me».
Anche perché è un disco nato in casa, in isolamento.
«Scritto sul divano di casa, registrato in salotto, non ha mai incontrato uno studio di registrazione, è caldo, malinconico e casalingo come una sciarpa intorno al collo. Nasce con quello spirito lì e in modo del tutto casuale si è trovato a illustrare un mondo che ancora non esisteva».
Che cosa è successo in quella casa?
«È successo che quando ero nel buio più profondo, con terribili momenti dissociativi e allucinatori, un ragazzo ha stretto forte la mia testa fra le mani. Mi ha fatto conoscere la terapia che mi ha aiutato a tornare presente a me stesso».
Come si torna alla musica da quel silenzio?
«Questo ragazzo ora vive dall’altra parte del mondo. Quando se ne è andato, mi ha fatto promettere di tornare a cantare. Ma non pensavo di farcela. Poi, un amico, che è anche uno dei più grossi scrittori italiani di oggi, Andrea Bajani, mi scrisse un sms che accese una scintilla: "La musica non salva da niente, però può disegnare un pezzo del labirinto". È ciò che voglio fare ora, rompere lo stigma intorno alla salute mentale, condividere i momenti dolorosi, non solo quelli felici come si fa sui social. Il disco parla del dolore come se fosse un fatto, non lo giudica».
Tra pochi giorni uscirà «Mantieni il bacio», forse la canzone più importante dell’album.
«Quando ho pensato di poter tornare a cantare, ho chiamato gli autori con cui avrei voluto scrivere, cioè Federica Abbate e Cheope, Alfredo Rapetti. E lui mi ha regalato il libro dello psicoanalista e scrittore Massimo Recalcati Mantieni il bacio - Lezioni brevi sull’amore. L’ho letto e ho pensato: non saprei dire meglio di così».
A partire dal titolo.
«Sì, nel libro Massimo lo racconta, "Mantieni il bacio" è una frase che gli ha detto la sua istruttrice di yoga, il bacio significa far aderire la parte interna di una coscia con l’altra. Io e lui siamo poi diventati amici, ha scritto anche parte della canzone, credo sia la prima volta che lo fa. Mi ha parlato della promessa degli amanti, che è rendere il caso un destino, rinnovarlo tutti i giorni. Mantenere il bacio è l’alternativa più umana per scommettere sull’eterno».
«Mantieni il bacio» è anche un video con lei e Francesco Centorame («Skam», «Gli anni più belli»).
«L’idea viene da un racconto di Kafka, La tana. Racconta di un personaggio, un uomo o un animale, che si scava appunto una tana cercando di proteggersi dalla pericolosità del mondo. Ma poi comincia a sentire un fischio, un sibilo, come un soffio continuo, costante... Abbiamo pensato anche al dipinto di Magritte Gli amanti, molto conturbante, in cui un uomo e una donna si baciano avvolti in un lenzuolo. I due personaggi del video costruiscono la loro tana con un lenzuolo, decidono di affrontare il dolore insieme mano nella mano».
Non si è mai visti due uomini amarsi così in un video italiano.
«Anche il regista è omosessuale come me, quando l’abbiamo realizzato nessuno di noi si è preoccupato di come avrebbe risposto il pubblico. Poi sono stato messo di fronte al fatto che questo clip potrà diventare una sorta di manifesto per la mia comunità, quella LGBTQ+. È un gesto involontario, ma fatto con presenza, convinzione. Non ho mai avuto reticenze a parlare della mia sessualità, il mio coming out è avvenuto a 20 anni, ma c’è stato un momento della mia vita in cui ho pensato che l’amore fosse una scelta individuale, da non condividere. Era un modo per chiedere parità, come se non ci fosse niente da dire. Ecco, ora mi sono reso conto che è una posizione illogica, la parità ancora non c’è, l’amore è anche un fatto della comunità. Conosco la paura. Quando ho dato il primo bacio a un ragazzo dentro di me per tutto il tempo c’era una voce che diceva: forse stai sbagliando. Ora voglio gridarlo, sono stato innamorato di un ragazzo, perché non è giusto dare il primo bacio e pensare che forse è sbagliato. Non è quello il mondo in cui voglio vivere. Dopo l’incidente, quando ho iniziato a parlare di me più apertamente, sono stato accolto da una comunità di individui che mi ha insegnato come si può essere liberi da ogni giudizio, completamente liberi di amare».
Conta tanto la famiglia, credo. È lì che devono cominciare a cambiare le cose.
«Quando ho fatto vedere il video alla mia famiglia, mio nonno, che ha 90 anni, si è commosso. Lì dentro ci ha visto amore, non una sessualità. A proposito, l’autrice della musica di Mantieni il bacio è una bambina di otto anni. È Federica Abbate, che l’ha tenuta chiusa in un cassetto per vent’anni, e solo per me ha deciso di aprirlo. È la prima canzone che ha scritto, per una donna che lei chiamava nonna Ella, morta a mezzanotte come nelle favole».
Spiace scendere così terra terra, ma le chiedo: perché non va a Sanremo?
«Perché questo progetto è stato rifiutato due volte, l’anno scorso e quest’anno. Sanremo è un’occasione, oggi forse l’unica, ma con orgoglio dico: questo disco esiste al di là di dove lo si presenti, al di là del fatto che porti il mio nome, che incontra pregiudizi, il suo messaggio è potente».