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 2021  gennaio 16 Sabato calendario

La Ferrari sceglie una donna pilota

Il prossimo idolo dei ferraristi potrebbe essere una donna. Ieri a Maranello si sono concluse le selezioni per un posto riservato a una giovane pilota nell’Academy, il vivaio nel quale sono cresciuti Charles Leclerc e Mick Schumacher, il figlio di Michael. È una svolta enorme per l’automobilismo, e anche per la Ferrari che non ha mai avuto driver femmine nella Scuderia. «Ma gli esami per entrare sono uguali a quelli dei maschi, zero differenze» spiega Marco Matassa direttore dell’Academy. Dopo cinque giorni di «camp» a base di prove fisiche, attitudinali, di simulazioni e di giri di pista a Fiorano, in base alle migliaia di dati raccolti si passerà alla nomination: delle quattro finaliste, provenienti da un programma della Federazione Internazionale dell’Automobile per aumentare le quote rosa nelle corse, una vestirà la tuta del Cavallino e correrà su una monoposto nelle categorie propedeutiche alla Formula 1, partendo dalla F4. Il nome della vincitrice si conoscerà venerdì.
Sono ragazze svelte, per loro conta solo il cronometro, i discorsi sulla parità di genere li liquidano fra una curva e una staccata. Come Julia Ayoub, 15 anni, brasiliana di San Paolo: «Le donne si stanno aprendo la strada in ogni settore. Al di là di come finirà, questo concorso spingerà tante altre a provarci. Dai miei ho sempre avuto il massimo appoggio, anche se nelle prime gare gli altri mi dicevano: “Che ci fai qui? Torna al tuo posto, a casa”». C’è chi ricorda l’emozione di aver guidato il kart mentre sullo stesso tracciato (Lonato del Garda) girava Leclerc, e sogna di poterla rivivere in Formula 1: Maya Weug, metà belga e metà olandese, cresciuta in Spagna. Una passione ereditaria, «a 7 anni papà mi regalò un kart, non ho più smesso». E ora fa anche da coach al fratellino. Non solo adrenalina, qualcuna ha già conosciuto il pericolo: Antonella Bassani, anche lei brasiliana, a 7 anni se l’è vista brutta. Lesioni alle costole e ai polmoni per essersi ribaltata, ha cambiato sport ma poi ha ripreso il volante. La francese Doriane Pin invece guardava il papà correre, a sei anni non ne poteva più di fare la spettatrice: «Ma io ero contrario, non arrivava ai pedali e non si trovavano scarpe e tuta della sua misura perché era piccolina» ha svelato il genitore.
Al «concorsone» della Ferrari però non basta solo essere veloci: «Conta, perché se sei “piantato” non puoi fare questo mestiere ma non è tutto. Devi dimostrare di avere la testa, soprattutto sotto pressione, quando devi prendere una decisione in pochi secondi ed essere pronto a cambiarla subito se necessario. Nei primi tre giorni, come da format, abbiamo valutato le capacità fisiche, mentali, tecniche, di relazione – aggiunge Matassa —. Poi ognuna di loro è stata tre ore al simulatore per conoscere la pista di Fiorano: lì abbiamo svolto prove di qualifica e di gara». E poi ci sono le valutazioni nutrizionali fatte sulla base delle abitudini alimentari, prendendo in considerazione la massa grassa e quella magra. «Nel programma dell’Academy il supporto all’alimentazione è fondamentale». Nei test fisici invece si misurano resistenza e riflessi, ma in fondo è la parte meno importante sugli adolescenti in fase di sviluppo. Sforzi identici ai maschi, e stesse ambizioni: «C’è chi ha iniziato con il papà, e chi si è appassionata vedendo un Gran Premio dal vivo. Il dna del pilota è lo stesso, indipendentemente dal sesso. Queste ragazze faranno da spartiacque, cadrà lo scetticismo immotivato. Ci vorrà un po’, magari ci sveglieremo e troveremo normale una F1 formata al 50% da donne».
Giù la visiera verso il traguardo più difficile: la prima fu Maria Teresa de Filippis, l’unica a far punti Lella Lombardi, nel Gp di Spagna del 1975, poi tentò di imitarla Giovanna Amati. L’ultima a guidare in una sessione ufficiale, nelle prove libere con la Williams sei anni fa, è stata Susie Wolff: moglie di Toto, capo della scuderia Mercedes. E chissà che un nuovo capitolo non sia iniziato a Fiorano.