Avvenire, 16 gennaio 2021
Ore 17: un milione di vaccinati
Nella conta drammatica che ogni giorno ci accompagna, è il numero più incoraggiante. E anche quello che – a sorpresa – ci mette sul podio d’Europa, primi per una volta in termini positivi. Ieri pomeriggio (erano da poco passate le 17) il cruscotto del ministero della Salute ha segnato ufficialmente il superamento della sogliasimbolo del milione di vaccinati in Italia.
Un milione e duemila, per l’esattezza, in serata, quando anche la percentuale di dosi somministrate su quelle disponibili ha superato il 70%. Significa, per molte Regioni, che da adesso in poi occorre rallentare (se non addirittura fermarsi) per garantire che il 30% di dosi rimanenti basti per le seconde somministrazioni, già programmate a partire da settimana prossima. Ma anche che la macchina è ben oliata: non appena i carichi con le nuove dosi arriveranno, la platea potrà ulteriormente allargarsi e si procederà spediti verso la cosiddetta “fase 2”, in cui dovrebbero rientrare gli over 80. «Un successo», «un risultato di cui andare orgogliosi» ripetono il premier Conte, il ministero della Salute Speranza, il commissario Arcuri. E qui, però, finiscono le buone notizie. Primo, perché l’annuncio di Pfizer sui tagli nelle consegne delle prossime settimane in Europa è arrivato come un macigno anche in Italia: -29% di dosi il numero con cui ieri sera ha dovuto fare i conti la stessa struttura commissariale, con un Domenico Arcuri più che mai avvelenato e pronto a rivalersi in ogni sede «per tutelare la salute degli italiani». «L’ipotesi di iniziare la somministrazione del vaccino agli over 80, di provvedere alla seconda dose per il personale sanitario e sociosanitario e per gli ospiti delle Rsa senza la totalità delle dosi necessarie porta un grave nocumento al proseguimento della campagna vaccinale» sono le parole pesantissime messe nero su bianco in un comunicato. Che non promette giorni tranquilli. Ma c’è anche una secondo problema legato alla campagna vaccinale in corso, quello delle modalità in cui la fase 2 verrà gestita.
Ieri pomeriggio, durante la tradizionale conferenza stampa con il direttore della Prevenzione del ministero della Salute
Gianni Rezza e il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro sui colori delle Regioni e l’Rt, sono piovute domande sulle categorie prioritarie, sui meccanismi di individuazione e di chiamata delle persone da vaccinare e sul personale che sarà messo in campo per far partire la campagna di massa, che dovrebbe avvenire al di fuori degli ospedali. Avranno priorità gli over 80 tout-court o quelli con patologie gravi? «Stiamo lavorando su un documento che classifica le varie categorie di popolazione ai fini della vaccinazione anti- Covid e il documento valuta anche la numerosità delle diverse fasce – continua Rezza –. Andrà però modulato sulla base dei vaccini che saranno disponibili. Le priorità saranno basate sul rischio: i medici di base e le Asl hanno liste sulla popolazione anziana e a rischio». Liste che andranno quindi incrociate con la classifica del ministero e modulate, regione per regione: un lavoro complicatissimo, che richiederà tempo e ordine nelle più che mai disordinate anagrafi sanitarie nostrane, mentre su alcuni territori (è il caso dela Lazio e della Valle d’Aosta) a vaccinare gli over 80 intanto si è già cominciato. «Occorre evitare una guerra fra le categorie che devono essere vac- cinate per prime – chiarisce in ogni caso Rezza –, tutti quanti hanno diritto alla vaccinazione e io credo e spero in tempi rapidi».
La partita, questo è certo, si gioca tutta sul tavolo di AstraZeneca: se il vaccino verrà approvato dall’Ema il 29 gennaio, nel giro di un paio di settimana sull’Italia potrebbero piovere milioni di dosi (40 quelle che ci spettano) facilmente trasportabili e conservabili, visto che il farmaco non richiede la complicata catena del freddo di Pfizer. È allora che potrebbero entrare in gioco medici di base e pediatri per le somministrazioni, oltre che le “primule”: il commissario Arcuri ne ha chiesta uno ogni 40mila abitanti, promettendo il personale di supporto necessario (3mila medici e 12mila infermieri), di cui però – nuovamente – non ci sono notizie.