Avvenire, 16 gennaio 2021
L’Andreotti III, «il governo della non sfiducia»
Nella difficile resa dei conti che si prospetta per il governo Conte potrebbero ’contare’ anche i voti di astensione, compresi quelli che al momento si prospettano da parte di Italia Viva, forse anche allo scopo di tenere uniti i gruppi renziani. «Il Progetto originario della nostra Costituzione prevedeva la maggioranza assoluta (peraltro a Camere riunite) per ottenere la fiducia», ricorda il costituzionalista del Pd Stefano Ceccanti. «Il liberale Bozzi nella seduta della Costituente del 24 ottobre 1947 obiettò che ciò avrebbe reso illogicamente più difficile la formazione del Governo. Fu poi seguito dal socialista Stampacchia e infine da Costantino Mortati. L’Assemblea licenziò quindi il testo definitivo dell’articolo 94 non prevedendo nessun quorum rafforzato», conclude Ceccanti.
E c’è un precedente che fa ora testo, che risale al 1976, l’Andreotti III, che viene ricordato come il «governo della non sfiducia». Era un ’monocolore’ Dc che non sarebbe stato in grado di governare con i soli voti favorevoli, se tutti gli altri fossero stati dei voti contrari. Varato in piena estate, non fu però il classico ’governo balneare’, durò anzi in carica parecchio tempo, dal 30 luglio 1976 al 13 marzo 1978.
Fu il primo governo ad annoverare una donna ( Tina Anselmi) e fu anche definito ’della solidarietà nazionale’ in quanto si reggeva sul voto di astensione decisivo del partito comunista guidato da Enrico Berlinguer, interessato a fare fronte comune di fronte alla minacia del terrorismo.