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 2021  gennaio 15 Venerdì calendario

Rimbaud e Verlaine non andranno al Pantheon


L’ombra d’un appassionato legame omosessuale può continuare a pesare anche più d’un secolo dopo la morte? Arthur Rimbaud e Paul Verlaine due grandi poeti francesi che per tutta la vita si sono furiosamente amati, e odiati, continueranno a riposare nei rispettivi cimiteri. Come forse non avrebbero voluto.L’idea di riunire le due spoglie nel Panthéon parigino in due sepolcri affiancati era stata lanciata negli ultimi mesi dell’anno scorso da un gruppo di illustri personalità. L’ultima ad essere inumata in quella solenne basilica laica, nel 2018, era stata Simone Veil, grande donna e intellettuale, sopravvissuta della Shoah, ex ministra che ha dato nome alla legge francese sulla depenalizzazione dell’aborto.Il presidente Macron ha tenuto per qualche tempo sulla sua scrivania la richiesta di ricongiungimento dei due poeti, poi s’è dovuto arrendere. Gli eredi di Rimbaud si sono opposti preferendo che il loro illustre, e discusso, congiunto continui a riposare nel cimitero del villaggio natale, Charleville-Mézières, che il poeta odiava non meno di quanto Leopardi detestasse Recanati. Tra l’altro alcuni familiari hanno fatto di tutto per attutire la memoria delle eccentricità di Arthur arrivando a parlare di una sua possibile conversione al cattolicesimo in punto di morte. Sulla lapide figura la scritta: «Arthur Rimbaud, 37 anni, 10 novembre 1891 – Priez pour lui ». Esortazione che Arthur non avrebbe gradito.Vicino al Panthéon invece, Verlaine aveva abitato da vivo. Per l’esattezza, al quarto piano del 39 rue Descartes, una stradina alle spalle della basilica sconsacrata che ospita tra l’altro il famoso pendolo di Foucault. Qualche tempo dopo la morte del poeta uscì sul Mercure de France una descrizione dell’alloggio: «Vi si arrivava attraverso una scala angusta e ripida. A destra c’era la camera da pranzo poveramente ammobiliata che dava sul cortile; di fronte la cucina e, a sinistra, la stanza da letto le cui due finestre affacciavano sulla strada. Tra queste finestre ornate da una gabbia di canarini e dai vasi di fiori cari alle eroine di Murger e di Gavarni, c’ era un comò-toletta placcato in mogano. Un divano di velluto rosso un po’ sciupato era addossato a una delle pareti. In mezzo, il tavolo da lavoro del poeta, coperto di carte metodicamente ordinate e con un piccolo lume a petrolio».Paul Valéry lo racconta in questo modo: «Quel maledetto, quel benedetto, zoppicando batteva il suolo col pesante bastone dei vagabondi e degli infermi. Miserabile, gli occhi fiammeggianti sotto i cespugli delle sopracciglia, stupiva tutta la via con la sua brutale maestà e lo scoppio dei suoi discorsi fragorosi».Verlaine, fu perdutamente “poetico”, ora anima dannata quasi con ostentazione, ora fanciullo perduto alla ricerca di un’impossibile purezza. “Poeta cattolico”, lo si potrebbe definire, come Pasolini che per qualche aspetto lo ricorda – escluso l’alcolismo. Il poeta rimase sempre diviso tra le sue allucinazioni, la rispettabilità borghese, una dissennatezza spinta fin quasi alla criminalità però anch’essa innocente, se è possibile accostare i due termini nella stessa frase.Una volta sparò ad Arthur Rimbaud, che aveva dieci anni meno di lui, e voleva allentare la loro unione, forse chiuderla. Un tentato omicidio per il quale finì in carcere.Strana coppia, Rimbaud il bello, il giovane, l’angelo (sia pure l’angelo caduto), contro Verlaine vecchio, brutto, zoppo. Rimbaud l’eccentrico, l’irrequieto, parnassiano e rivoluzionario insieme, poeta nell’anima, vocato all’autodistruzione: Parigi, Londra, il Belgio, l’Africa, viaggiatore senza fine e senza meta. Tra i due ci fu una relazione appassionata, tumultuosa, oscillante tra momenti estremi di amore violento e totale rotto da scoppi altrettanto appassionati di odio. Se Verlaine sparò su Rimbaud, questi qualche tempo dopo lo ricambiò tentando di accoltellarlo. Verlaine avrebbe desiderato qualche riconoscimento ufficiale, avrebbe voluto essere accolto all’Accademia. La sua personalità, drammaticamente divisa, non lo permise. L’ uomo che avrebbe gradito la consacrazione del suo genio, era lo stesso che a notte fonda usciva, fronte alta e piede di satiro, ubriaco di assenzio da un qualche caffè, il passo incerto, quasi incapace di ritrovare il cammino verso casa. Riposa nel cimitero di Batignolles, la tomba avvilita da un cespo di fiori di plastica.La malattia, l’amore misto all’odio non impedì a Verlaine di lasciare del suo giovane compagno Arthur questo ritratto innamorato: «Ai tempi relativamente lontani della nostra intimità, il signor Arthur Rimbaud era un ragazzo di 16 o 17 anni... una corporatura robusta, ben costruita, quasi atletica, un volto perfettamente ovale d’angelo in esilio, chiari capelli castani piuttosto contrastanti con gli occhi d’un p allido e inquietante azzurro». Viso d’ angelo in esilio illuminato da quegli occhi azzurri così inquietanti. Raramente l’amore ha condensato in così pochi tratti l’intensità, la forza, del suo rapimento.