Corriere del Mezzogiorno, 2 gennaio 2010
De Nicola intimo
Che cosa avevano in comune Enrico De Nicola e il suo coetaneo Pio XII? L’uno e l’altro severe governanti tedesche padrone della loro vita privata. Suor Pascalina Lehnert regolava come un orologio le giornate del pontefice in Vaticano o a Castelgandolfo e Franziska Schnell seguiva come un’ombra De Nicola anche per difenderlo dall’invadenza di ammiratori e clienti. Sentiamo Andrea Jelardi: «Ogni mattina, sia nella casa di Napoli che in quella di Torre del Greco, si svolge il medesimo rituale: dopo aver servito il caffè preparato con la tradizionale macchinetta napoletana Franziska apre le finestre e lo informa circa le condizioni del tempo, la temperatura e l’umidità e, se chiede notizie su come egli abbia trascorso la notte ne riceve immancabilmente una riposta positiva, anche nei casi in cui è avvenuto l’esatto contrario. Dopo essersi vestito De Nicola la saluta con un semplice ‘‘Arrivederla’’ al momento di uscire di casa e con una più cordiale stretta di mano al ritorno».
Che cosa avevano in comune Enrico De Nicola e il suo coetaneo Pio XII? L’uno e l’altro severe governanti tedesche padrone della loro vita privata. Suor Pascalina Lehnert regolava come un orologio le giornate del pontefice in Vaticano o a Castelgandolfo e Franziska Schnell seguiva come un’ombra De Nicola anche per difenderlo dall’invadenza di ammiratori e clienti. Sentiamo Andrea Jelardi: «Ogni mattina, sia nella casa di Napoli che in quella di Torre del Greco, si svolge il medesimo rituale: dopo aver servito il caffè preparato con la tradizionale macchinetta napoletana Franziska apre le finestre e lo informa circa le condizioni del tempo, la temperatura e l’umidità e, se chiede notizie su come egli abbia trascorso la notte ne riceve immancabilmente una riposta positiva, anche nei casi in cui è avvenuto l’esatto contrario. Dopo essersi vestito De Nicola la saluta con un semplice ‘‘Arrivederla’’ al momento di uscire di casa e con una più cordiale stretta di mano al ritorno».
Che cosa avevano in comune Enrico De Nicola e il suo coetaneo Pio XII? L’uno e l’altro severe governanti tedesche padrone della loro vita privata. Suor Pascalina Lehnert regolava come un orologio le giornate del pontefice in Vaticano o a Castelgandolfo e Franziska Schnell seguiva come un’ombra De Nicola anche per difenderlo dall’invadenza di ammiratori e clienti. Sentiamo Andrea Jelardi: «Ogni mattina, sia nella casa di Napoli che in quella di Torre del Greco, si svolge il medesimo rituale: dopo aver servito il caffè preparato con la tradizionale macchinetta napoletana Franziska apre le finestre e lo informa circa le condizioni del tempo, la temperatura e l’umidità e, se chiede notizie su come egli abbia trascorso la notte ne riceve immancabilmente una riposta positiva, anche nei casi in cui è avvenuto l’esatto contrario. Dopo essersi vestito De Nicola la saluta con un semplice ‘‘Arrivederla’’ al momento di uscire di casa e con una più cordiale stretta di mano al ritorno».
Che cosa avevano in comune Enrico De Nicola e il suo coetaneo Pio XII? L’uno e l’altro severe governanti tedesche padrone della loro vita privata. Suor Pascalina Lehnert regolava come un orologio le giornate del pontefice in Vaticano o a Castelgandolfo e Franziska Schnell seguiva come un’ombra De Nicola anche per difenderlo dall’invadenza di ammiratori e clienti. Sentiamo Andrea Jelardi: «Ogni mattina, sia nella casa di Napoli che in quella di Torre del Greco, si svolge il medesimo rituale: dopo aver servito il caffè preparato con la tradizionale macchinetta napoletana Franziska apre le finestre e lo informa circa le condizioni del tempo, la temperatura e l’umidità e, se chiede notizie su come egli abbia trascorso la notte ne riceve immancabilmente una riposta positiva, anche nei casi in cui è avvenuto l’esatto contrario. Dopo essersi vestito De Nicola la saluta con un semplice ‘‘Arrivederla’’ al momento di uscire di casa e con una più cordiale stretta di mano al ritorno».
Che cosa avevano in comune Enrico De Nicola e il suo coetaneo Pio XII? L’uno e l’altro severe governanti tedesche padrone della loro vita privata. Suor Pascalina Lehnert regolava come un orologio le giornate del pontefice in Vaticano o a Castelgandolfo e Franziska Schnell seguiva come un’ombra De Nicola anche per difenderlo dall’invadenza di ammiratori e clienti. Sentiamo Andrea Jelardi: «Ogni mattina, sia nella casa di Napoli che in quella di Torre del Greco, si svolge il medesimo rituale: dopo aver servito il caffè preparato con la tradizionale macchinetta napoletana Franziska apre le finestre e lo informa circa le condizioni del tempo, la temperatura e l’umidità e, se chiede notizie su come egli abbia trascorso la notte ne riceve immancabilmente una riposta positiva, anche nei casi in cui è avvenuto l’esatto contrario. Dopo essersi vestito De Nicola la saluta con un semplice ‘‘Arrivederla’’ al momento di uscire di casa e con una più cordiale stretta di mano al ritorno».
È zeppa di aneddoti la biografia che Jelardi dedica al principe del Foro napoletano ( Enrico De Nicola. Il Presidente galantuomo, Kaírós Edizioni, euro 14), anche se in primo piano c’è naturalmente il racconto della sua attività pubblica, prima come avvocato di successo, poi come politico esperto, fin dalle prime, ardue prove pubbliche (De Nicola è nominato sottosegretario di Stato alle Colonie, nel 1913, col quarto governo Giolitti). Non è un uomo semplice il futuro presidente. «Duro, ostinato, taciturno», scrupoloso nel lavoro fino all’ossessione, egli ama mettere sotto pressione i suoi collaboratori con quel suo fare spigoloso, brusco, intransigente, che sembra il rovescio della bonarietà elargita in privato.
È zeppa di aneddoti la biografia che Jelardi dedica al principe del Foro napoletano ( Enrico De Nicola. Il Presidente galantuomo, Kaírós Edizioni, euro 14), anche se in primo piano c’è naturalmente il racconto della sua attività pubblica, prima come avvocato di successo, poi come politico esperto, fin dalle prime, ardue prove pubbliche (De Nicola è nominato sottosegretario di Stato alle Colonie, nel 1913, col quarto governo Giolitti). Non è un uomo semplice il futuro presidente. «Duro, ostinato, taciturno», scrupoloso nel lavoro fino all’ossessione, egli ama mettere sotto pressione i suoi collaboratori con quel suo fare spigoloso, brusco, intransigente, che sembra il rovescio della bonarietà elargita in privato.
È elegante De Nicola, sia pure di una eleganza demodè, da buon borghese; abiti sempre scuri, l’immancabile gilet, fazzoletto candido nel taschino, i baffi curati. Con le signore è galante. Evita Peron in visita in Italia lo definisce encantador. Mario Palermo nelle sue Memorie di un comunista napoletano parla di «civetteria della modestia», che è una piccola, amicale «malignità» capace di radiografare con esattezza uno stile di vita che De Nicola sembra impersonare a volte come su di un palcoscenico.
È elegante De Nicola, sia pure di una eleganza demodè, da buon borghese; abiti sempre scuri, l’immancabile gilet, fazzoletto candido nel taschino, i baffi curati. Con le signore è galante. Evita Peron in visita in Italia lo definisce encantador. Mario Palermo nelle sue Memorie di un comunista napoletano parla di «civetteria della modestia», che è una piccola, amicale «malignità» capace di radiografare con esattezza uno stile di vita che De Nicola sembra impersonare a volte come su di un palcoscenico.
Resta il suo «amletismo», le oscillazioni del pensiero e delle convinzioni nei momenti decisivi della vita nazionale tra le due guerre, su cui Palermo sorvola e che Jelardi si limita a definire, come ad alleggerirne il senso, «silenziosa neutralità».
Nel giorno fatale (16 novembre 1922) in cui Mussolini si presenta in Parlamento col suo minaccioso discorso («Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli»), De Nicola, che presiede la Camera, non solo non si preoccupa di richiamare il futuro duce a un linguaggio meno irridente nei confronti dei deputati, ma zittisce Giuseppe Emanuele Modigliani (è il fratello di Amedeo, il pittore emigrato in Francia) che si è messo a urlare «Viva il Parlamento!». Semplice fair play, come sottolinea Jelardi, o l’espressione di un atteggiamento compromissorio, anche se guardingo, nei confronti di un Mussolini visto come garante d’ordine e antidoto alle turbolenze sociali?
Nel giorno fatale (16 novembre 1922) in cui Mussolini si presenta in Parlamento col suo minaccioso discorso («Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli»), De Nicola, che presiede la Camera, non solo non si preoccupa di richiamare il futuro duce a un linguaggio meno irridente nei confronti dei deputati, ma zittisce Giuseppe Emanuele Modigliani (è il fratello di Amedeo, il pittore emigrato in Francia) che si è messo a urlare «Viva il Parlamento!». Semplice fair play, come sottolinea Jelardi, o l’espressione di un atteggiamento compromissorio, anche se guardingo, nei confronti di un Mussolini visto come garante d’ordine e antidoto alle turbolenze sociali?
Nel ’24 il futuro presidente della Repubblica si lascia convincere, dopo un incontro con Mussolini nella casa di quest’ultimo in via Rasella a far da capolista in Campania nel «listone» fascista. Si ritirerà dalla competizione poco prima del voto, incalzato da Amadeo Bordiga (uno dei fondatori del Partito comunista d’Italia) che denuncerà l’«inganno liberale», quello che ha spinto molti della vecchia classe liberale ad assecondare Mussolini, forse nell’illusione di addomesticare la violenza eversiva del fascismo. Ancora. Nel ’25 De Nicola si rifiuterà di firmare il Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Benedetto Croce. Due anni più tardi entrerà nella commissione per l’esame del codice Rocco, mentre nel ’29 si farà eleggere senatore approvando quei Patti Lateranensi che sono una piccola, grande sconfitta per chi fa professione di laicismo.
Nel ’24 il futuro presidente della Repubblica si lascia convincere, dopo un incontro con Mussolini nella casa di quest’ultimo in via Rasella a far da capolista in Campania nel «listone» fascista. Si ritirerà dalla competizione poco prima del voto, incalzato da Amadeo Bordiga (uno dei fondatori del Partito comunista d’Italia) che denuncerà l’«inganno liberale», quello che ha spinto molti della vecchia classe liberale ad assecondare Mussolini, forse nell’illusione di addomesticare la violenza eversiva del fascismo. Ancora. Nel ’25 De Nicola si rifiuterà di firmare il Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Benedetto Croce. Due anni più tardi entrerà nella commissione per l’esame del codice Rocco, mentre nel ’29 si farà eleggere senatore approvando quei Patti Lateranensi che sono una piccola, grande sconfitta per chi fa professione di laicismo.
È arduo per gli storici giudicare le scelte di De Nicola negli anni della dittatura, a meno che non si voglia invocare per lui come per gli altri esponenti della vecchia classe liberale, da Orlando a Salandra, una sorta di prudente arroccamento in attesa che la bufera del fascismo— visto come male occasionale della democrazia, come infezione dello spirito— passi e che il cielo ritorni sereno.
È arduo per gli storici giudicare le scelte di De Nicola negli anni della dittatura, a meno che non si voglia invocare per lui come per gli altri esponenti della vecchia classe liberale, da Orlando a Salandra, una sorta di prudente arroccamento in attesa che la bufera del fascismo— visto come male occasionale della democrazia, come infezione dello spirito— passi e che il cielo ritorni sereno.
Con la caduta del regime, De Nicola torna prepotentemente alla ribalta. Nonostante la «silenziosa neutralità», l’Italia ora si rivolge a lui quale garante delle libertà ritrovate. Morto Salandra, debilitati dall’età Vittorio Emanuele Orlando e Francesco Saverio Nitti, spetta all’encantador (e in parte a Benedetto Croce, benché ottantenne) il compito di ridare lustro allo Stato democratico e alle sue istituzioni. Sarà De Nicola a convincere Vittorio Emanuele III, nel febbraio del 1944, ad affidare al figlio Umberto la luogotenenza del Regno, in un lungo, drammatico colloquio a Ravello.
Con la caduta del regime, De Nicola torna prepotentemente alla ribalta. Nonostante la «silenziosa neutralità», l’Italia ora si rivolge a lui quale garante delle libertà ritrovate. Morto Salandra, debilitati dall’età Vittorio Emanuele Orlando e Francesco Saverio Nitti, spetta all’encantador (e in parte a Benedetto Croce, benché ottantenne) il compito di ridare lustro allo Stato democratico e alle sue istituzioni. Sarà De Nicola a convincere Vittorio Emanuele III, nel febbraio del 1944, ad affidare al figlio Umberto la luogotenenza del Regno, in un lungo, drammatico colloquio a Ravello.
Il 28 giugno del 1946 De Nicola è eletto Capo provvisorio dello Stato per diventare Presidente della Repubblica il 1˚gennaio del 1948 a norma della prima disposizione transitoria della Costituzione italiana. La carta costituzionale era stata firmata a Roma il 27 dicembre del 1947, in piene feste natalizie, da un De Nicola quasi imbronciato, con la controfirma di Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea costituente, e di Alcide De Gasperi in veste di presidente del Consiglio. De Gasperi e De Nicola sinceramente si detestavano, ma la storia politica italiana è fatta, come si sa, di amori e disamori.
L’uomo che aveva irretito Evita Peron muore nella sua villa di Torre del Greco il 1 ottobre 1959. Sono le 4,55 del mattino. Franziska Schnell, come sempre, è al suo fianco.
L’uomo che aveva irretito Evita Peron muore nella sua villa di Torre del Greco il 1 ottobre 1959. Sono le 4,55 del mattino. Franziska Schnell, come sempre, è al suo fianco.
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