Corriere della Sera, 11 gennaio 2021
La macchina delle emozioni di Maria
«Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo». Il famoso incipit di Anna Karenina non deve essere sfuggito a Maria De Filippi, che è tornata con C’è posta per te per occuparsi, come sempre, degli infelici a modo loro (Canale 5, prima serata). Anche in tempo di pandemia, storie e protagonisti raccontati non sono cambiati: vecchie incomprensioni, ruggini alimentate dal tempo, desideri mai sopiti anche se sono passati cinquant’anni, rimpianti e rimorsi che si vogliono finalmente mettere a tacere grazie all’aiuto demiurgico della mediatrice familiare più celebre della tv. È come se la macchina delle emozioni di Maria vivesse in una dimensione atemporale, indifferente alle circostanze esterne perché tutta proiettata su un’interiorità che aspetta solo di essere sviscerata da lei.
Anche per questo Maria De Filippi non ha ceduto all’idea di uno studio svuotato dal distanziamento sociale e non ha rinunciato alla presenza del pubblico, come fosse un coro greco che reagisce collettivamente, come un sol corpo, a quanto avviene sulla scena, sia esso tragedia o commedia. Seguendo la puntata, appare evidente come il programma sia una specie di contenitore dentro al quale coesistono tante anime e tonalità della poetica defilippiana, pescando dai meccanismi più di successo di tutti i suoi programmi e diventandone l’espressione più compiuta.
Il blocco Uomini e donne virato in chiave senior, il coinvolgimento di Vip amici (immancabile Ferilli, ormai alter ego di Maria) che si prestano come testimonial delle emozioni, il momento di terapia di coppia, in cui Maria ascolta e bacchetta i suoi adepti, da una posizione solo all’apparenza defilata. Le logiche dell’emotainment sono così oliate, che bastano minime variazioni per dare un senso di novità alle stagioni del programma, che si ripetono da ormai oltre un ventennio.