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 2021  gennaio 11 Lunedì calendario

Biografia di Gustaw Herling


Esistono diverse traduzioni internazionali di Un mondo a parte e di Diario scritto di notte di Gustaw Herling, che uscirono nel 1985 presso l’editore Denoël grazie a Jorge Semprun, dopo più di trent’anni dalla prima traduzione inglese (1951) di Un mondo a parte, introdotto da Bertrand Russell (Mondadori li ha raccolti nel 2019 con altre opere nel Meridiano dal titolo Etica e letteratura, pagg. 1856, euro 80).
Il padre Josek Herling-Grudzi?ski, proprietario di un mulino, era di origine ebraica, come la madre Dorota Bryczkowska, morta giovane nel 1932, quando aveva appena quarant’anni. Herling trascorse la prima parte della vita tra prati e cupi stagni neri, dalle vaghe risonanze wagneriane: chiamati lo Stagno scuro, nome che avrebbe voluto dare al proprio romanzo autobiografico.
Nel marzo 1937 fu ammesso alla facoltà di lettere dell’università di Varsavia: leggeva Benedetto Croce e Ignazio Silone. Quando Varsavia cadde in mani tedesche, nel settembre 1939, prese parte alla Resistenza, assistendo alle sinistre e ciniche farse delle elezioni sovietiche. Catturato a Grodno, nell’estate del 1940 venne condotto e imprigionato a Vitebsk, e trasferito nelle prigioni di Leningrado, e di lì a Pietroburgo, e poi nell’Arcipelago del Mare Artico, a Ercevo, nel comprensorio di Kargopol vicino ad Arcangelo sul Mar Baltico, sull’estremo mare del Nord, il Mar Bianco, lontanissimo, tra i ghiacci. Liberato dopo due anni, nel gennaio 1942 raggiunse nel Kazakistan l’esercito polacco in via di formazione, sotto il comando del generale Anders. Fu sul Mar Caspio, in Iraq, in Palestina e in Egitto – con la stessa malattia – il tifo – di cui era morta la madre. Sbarcò in Italia, combatté nella battaglia di Montecassino come artigliere. Risalì dolorosamente e faticosamente l’Adriatico fino alla Linea gotica, scontrandosi con i tedeschi.
Nel 1945 decise di non fare ritorno in Polonia, governata da Stalin. Fu a Roma, poi a Londra, con la moglie pittrice Krystyna Stojanowska-Domanska. Alla fine del 1952, si trasferì a Monaco di Baviera, e lavorò alla radio. Due settimane dopo, la moglie si uccise: fu il periodo terribile, il periodo nero, il periodo sinistro.
Ritornato in Italia, nel 1955 sposò Lidia Croce, figlia di Benedetto, e si trasferì con lei a Napoli, che adorava. Ignazio Silone e Nicolò Chiaromonte lo invitarono a scrivere sul Tempo presente.
Tornò cinque volte in Polonia. Nel 1989, a settant’anni, ebbe un attacco cardiaco, che gli interruppe un viaggio in Francia. La notte del 4 luglio 2000 – a conclusione del secolo maledetto – morì.
Prima della guerra, Herling aspirava a diventare critico letterario: ma la guerra e la prigionia lo spinsero verso la letteratura e il puro tormento creativo. Scrisse sotto il loro influsso i due capolavori: Un mondo a parte e Diario scritto di notte, perpetuando l’esistenza di quanti aveva conosciuto nei Lager. Gettò rabbiosamente nel cestino un bellissimo racconto, conservato dalla figlia Marta.
Non amava sperimentare, preferiva Gente di Dublino all’ Ulisse di Joyce. Aveva difeso disperatamente la propria resistenza psichica. Voleva raccontare i capitoli essenziali della nera storia dell’umanità sinistra e feroce: i campi di concentramento, i ghetti, lo sterminio, tutto il sistema della crudeltà organizzata. Esaltò un grande artista grottesco, Bruno Schulz, scrittore e pittore. Stimava Pirandello e Italo Calvino. La sua cristologia comprendeva opere come Il secondo Avvento, Pale d’altare.
A questo teorema s’affiancò l’idea del Male, descritto come di essenza bizantina. Viveva nel «silenzio della notte», tra i sogni e gli incubi. Era attratto dalla pittura. E, soprattutto, da un pittore che Proust adorava, dalle nature morte e tutti i ritratti di Chardin. Sognò sempre, il suo è sempre stato un «autoritratto appena tratteggiato». Aderiva alla sofferenza: il Dio che tace, il Dio sanguinante e fustigato sulla croce, il Dio che percorre il Golgota piegato e sanguinante. Invocava lo scandalo: «Diecimila anni di scandalo» – come diceva Elsa Morante. Continuava a parlare del Male, il male che è nella storia, piuttosto che in noi stessi. Era pieno di ansia e inquietudine.
Alla fine il vecchio ebreo vendemmiatore capì che non esisteva nessuna salvezza; come Kafka, aveva compreso che doveva tacere; e morire con la bocca chiusa. Parlando con Eckermann, Goethe aveva detto: «la politica è destino».
Il Diario scritto di notte è un’opera dalle molte facce, un labirinto di fantasia, improbabile e impersonale. Herling deplorò il distacco tra l’odiata chiesa cattolica bizantina e il puro insegnamento della pura immagine di Cristo, di cui ricordava a memoria meticolosamente il Vangelo, rigo per rigo. Amava la sofferenza e il martirio, il Dio che tace, appunto, il Dio sanguinante sulla croce.