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 2021  gennaio 11 Lunedì calendario

Cina, tutti in fila per il vaccino

«Come cinese sono molto contento». Lo dice con un sorriso sincero, si vede sotto la mascherina, questo signore sulla cinquantina, dipendente di un magazzino di prodotti surgelati di Pechino. È appena uscito dal Museo della Pianificazione urbana, dentro il parco di Chaoyang, da qualche giorno trasformato nel più grande centro vaccinazioni della capitale. La campagna di immunizzazione è iniziata anche in Cina, nuovo passo della “guerra del popolo” proclamata da Xi Jinping contro il virus, e i magazzinieri sono tra le categorie a rischio a cui è stato offerto, gratis, il preparato dell’azienda di Stato Sinopharm. Il signore non ci ha pensato due volte, da mesi la propaganda ripete che Sars-Cov-2 si può trasmettere con i surgelati che lui maneggia ogni giorno. Dice che perfino a Wuhan il virus potrebbe essere arrivato così: «Sto bene, ho il braccio un po’ arrossato», dice fuori dal cancello del parco. «C’erano molte persone, ho aspettato un’oretta. Fra quattordici giorni farò la seconda dose». In questa gelida mattina di gennaio, sotto gli occhi delle guardie, il viavai di persone registrate è continuo. Alcune arrivano a piedi, molte sui bus delle aziende. Non c’è tempo da perdere: l’obiettivo della Cina è vaccinare 50 milioni di cittadini prima del Capodanno lunare, il 12 febbraio, quando mezzo Paese torna al villaggio d’origine su treni e bus sovraffollati. È fondamentale che la festa non moltiplichi l’epidemia, come avvenne lo scorso anno. Dopo mesi a zero casi l’allerta è di nuovo alta: nella provincia dello Hebei, quella che circonda Pechino, sono stati rilevati oltre 300 positivi, il focolaio più grande da giugno, il capoluogo è in lockdown. Per fortuna che il 30 dicembre, dopo lunga attesa e con tempismo provvidenziale, le autorità hanno approvato il primo dei preparati made in China. Dieci giorni dopo siamo a 9 milioni di persone vaccinate. Solo a Pechino sono stati creati 200 centri, Chaoyang è il più grande. Ingresso vietato ai giornalisti stranieri, solo i media di Stato per ora possono documentare l’ennesima prova di efficienza del Dragone. Il grande atrio del museo è diventato una sala d’attesa, dove le persone si registrano, firmano il consenso informato e ricevono indicazioni dai medici. Solo i cittadini tra i 18 e i 59 anni possono ricevere l’iniezione, prima di andarsene stanno mezz’ora in osservazione, escluse anche le donne incinte e le persone con disturbi cronici come il diabete. Dopo un anno di pandemia lo abbiamo capito: la Cina sa organizzarsi. Eppure diverse ombre sulla campagna di immunizzazione restano. La capacità produttiva non pare sufficiente, serviranno anche i vaccini stranieri per coprire entro l’anno il 75% della popolazione. E nonostante le promesse di distribuzione fatte ai cittadini e a decine di Paesi partner, i risultati delle sperimentazioni sono in ritardo rispetto alle formule occidentali. Del vaccino Sinopharm, nonostante l’approvazione lampo in 24 ore, c’è solo un numero sull’efficacia, il 79%, più la rassicurazione che finora sono state riscontrate pochissime reazioni avverse. Nessun dato è stato pubblicato, nulla è verificabile, del resto prima di aprire la vaccinazione all’intera popolazione, anziani compresi, anche la Cina aspetta di raccogliere maggiori evidenze. Quanto al secondo preparato dell’azienda privata Sinovac, le autorità brasiliane, coinvolte nei test, hanno dichiarato un’efficacia al 76%, ma senza dettagli. L’approvazione è attesa a breve, Paesi come Indonesia e Filippine aspettano con ansia le forniture cinesi. Il livello di trasparenza è molto lontano da quello garantito in Europa e Stati Uniti, specie considerato il curriculum tutto scandali dell’industria farmaceutica cinese. Una dipendente di un’azienda di Stato, chiedendo di restare anonima, dice che lei non farà l’iniezione in questo primo turno, preferisce aspettare. L’impressione però è che la maggior parte delle persone abbiano accettato, molti per paura del virus, alcuni per il timore, in caso di rifiuto, di avere problemi sul lavoro. Non è escluso che a un certo punto chi non è vaccinato finisca penalizzato, visto che l’iniezione vene registrata nella propria app sanitaria. «Non è obbligatorio ma quasi tutti hanno deciso di farlo», dice una donna che lavora al mercato all’ingrosso di Dongjiao. Il suo settore è uno dei nove a rischio ammessi a questa prima fase della campagna, insieme a personale sanitario, ufficiali doganali, lavoratori dei trasporti. «Se non mi fidassi non sarei venuta. Come posso non fidarmi del mio Paese?».