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 2021  gennaio 11 Lunedì calendario

Intervista a Ilie Nastase, il tennnista che scese in campo in pigiama

Come Ilie Nastase oggi ne nascono pochi, forse nessuno. Primo numero 1 del mondo nell’era del computer (1973) vincitore a Parigi e agli Us Open, due volte finalista a Wimbledon. Tutto talento e (divertita) follia «Nasty» è stato uno dei grandi Maestri: quando le Atp Finals si chiamavano Masters le vinse 4 volte, giocando 5 finali consecutive in 5 città diverse fra il 1971 e il 1975. Nastase, da quest’anno le Finals si giocheranno a Torino: ci spiega che torneo è? «Ci sono gli 8 migliori del mondo, per me è come il Masters nel golf. Un torneo bellissimo. Si gioca a fine anno, e ai miei tempi eravamo tutti stanchi. Io meno degli altri, però, visto che ho fatto cinque finali di fila…». Se le ricorda tutte? «Parigi, Barcellona, Boston, Melbourne, Stoccolma… Era bello perché si cambiava ogni anno ed era un bene per la popolarità dello sport. Tutte belle città, e superfici diverse: erba, cemento, indoor. A Melbourne persi in finale con Vilas e quando ci incontriamo gli dico: che stupido sono stato a farmi battere sull’erba da te». Mai sulla terra, però. E Nadal, che non l’ha mai vinto, protesta. «A fine stagione è difficile. Rafa ha ragione: un anno merita di giocarselo sul rosso». La finale che ricorda con più piacere? «1975, a Stoccolma. Diedi 6-2 6-2 6-1 a Borg, a casa sua. Io avevo 29 anni, l’anno dopo Bjorn mi avrebbe battuto in finale a Wimbledon, il primo dei suoi 5 titoli». Eppure rischiò la squalifica. «Sì, contro Ashe. Ad “Arturo” non piaceva giocare con me, non mi batteva mai e si innervosiva, io lo sapevo e feci uno dei miei show, lui prese le racchette e se ne andò dal campo…». Ma la partita la perse lei. «Sì, ma fui il primo ad ammettere che me lo meritavo. Il giorno dopo a colazione mi presentai da Ashe con un mazzo di rose». Per scusarsi di averlo chiamato “Negroni”. La perdonò? «Certo, eravamo amici. La prese bene, allora non era come adesso. Si scherzava, e vincere una partita non era questione di vita o di morte». A Bologna un anno si presentò in campo in pigiama: conferma? «Sì, era un torneo indoor, al Palazzo dello Sport, il basket doveva giocare alle 15 così misero in campo me e Tomas Smid alle 11. Spiegai che a quell’ora io di solito facevo colazione…». Al Foro Italico invece buttò un gatto nero in campo per far arrabbiare il suo amico Panatta. «Sì, sapevo che Adriano era superstizioso. Il problema fu trovarlo, il gatto: il custode me ne portava di bianchi, di grigi, di rossi, io gli dicevo: “no, no, lo voglio nero…”. Ci volle una settimana». In Italia è stato amatissimo. «Al Foro ero più italiano degli italiani, tifavano tutti per me. Guardavo il tabellone sperando di incontrare gli azzurri il più tardi possibile. Del resto il primo anno fuori dalla Romania l’ho passato da voi, a Roma. Non avevo niente, Francesco D’Alessio e suo padre Carlo, che faceva l’avvocato, aiutarono tanto me e Tiriac». E Gianni Clerici vi fece tesserare per il Tennis Olona. Perché oggi di Nastase non se ne vedono più? «Perché le multe sono salate. Io ne prendevo tante, ma se andava male erano 150 dollari, oggi rischi di sborsarne 100 mila. Sono stato fortunato a giocare allora…». Il cattivo oggi è Nick Kyrgios: le assomiglia? «Non credo sia un cattivo ragazzo. Mi piace molto Fabio Fognini, lui sì che ha un carattere come il mio: ha talento e si diverte a giocare. Il problema è che le regole oggi sono troppo severe, si è persa la spontaneità». Un italiano riuscirà a qualificarsi per le Finals? «Eh, non è facile entrare fra i primi 8. Berrettini e Sinner mi piacciono. Ma forse ce la farà proprio Fabio». Lei ci sarà? «Sicuro, se sarà possibile. A Torino ho giocato, ma in esibizione. Per l’Italia è una grande occasione. Spero trasmettano il torneo in chiaro, è importante che lo vedano i giovani e si innamorino del tennis».