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 2021  gennaio 11 Lunedì calendario

Intervista a Guido Maria Brera

Guido Maria Brera è uno di quelli che fanno ricchi i ricchi. Non contentandosi, immagina che il suo mestiere di finanziere debba anche renderli un po’ felici nella supposizione che la felicità poi transiti, per effetto dell’alta marea benestante, verso il resto del mondo. E così scrive romanzi e intesse trame di modo che la narrazione dia senso e sentimento anche al business e il business alla vita. Scapigliato, per via di una chioma tenuta a bada con difficoltà, fisico assai televisivo, una moglie (Caterina Balivo) nota conduttrice.
Lei ha parlato della fortuna prossima ventura: l’Italia abitata dai “billions men”. A occhio sarebbero straricchi in cerca di un “buen retiro”.
Io ho detto che questa pandemia all’Italia consegna almeno una fortunata possibilità: essere la piattaforma ideale di vita e di lavoro per i tanti billions men. Abbiamo il mare, la montagna, il cibo, il sole, il vento, un patrimonio artistico inarrivabile e uno strepitoso disegno urbanistico. Abbiamo la capacità di accogliere e rendere disponibili i nostri borghi meravigliosi. Il lavoro a distanza è la leva sulla quale premere il dito, è la disponibilità immediata per un numero cospicuo di persone di trovare nel mondo un luogo dove lavorare e vivere bene.
Questi miliardari ci riempiranno di miliardi? Bello così.
Nessuno regala nulla. Ma chi può, sceglie dove vivere. E domani lo farà molto più che oggi. Perché potrà gestire da remoto, governare le proprie attività da lontano. Se tizio ha avuto la ventura di nascere in Nevada e ora ha la fortuna di accasarsi in Umbria o in Puglia, sapendo che in quei luoghi trova servizi all’altezza, perché non immaginare che lo farà per davvero?
A me continua a sembrare l’idea di una Italietta come un grande resort. Mi ricorda il Billionaire di Briatore. 
Noooo! Non penso che l’Italia debba essere il luogo per far svernare le coppie mature e annoiate magari facendole pasteggiare a champagne. Dico l’opposto: se ho un posto più bello e attraente nel quale vivere e dal quale seguire i miei affari perché non dovrei andarci? Perché un cinese che finora ha messo in cassaforte i suoi yuan vivendo in città che sono camere a gas non può togliersi lo sfizio di conoscere il vento? Andare in Trentino o in Basilicata e assaporare il colore del vento, come cantava De Andrè? È un lusso che invece può permettersi e certamente si permetterebbe se l’Italia gli offrisse strutture d’eccellenza: penso alla sanità, agli aeroporti, al transito digitale. Vivere e lavorare da noi. La-vo-ra-re, e creare altri posti di lavoro.
È l’isola di Utopia. 
Ma perché? Noi siamo messi meglio di tanti altri e abbiamo il territorio che al confronto anche con Paesi europei è meno rovinato. Bisogna solo valorizzarlo, investire.
E qui casca il Recovery.
Questo è il momento di fare debito perché i tassi di interesse non li vedremo mai più così bassi. Fare debito a condizione che gli investimenti creino la crescita. La crescita ce li ripagherà.
Intanto ora è il buio. Lei è riuscito a far soldi anche col buio?
Io sono come quel calzolaio che ha le scarpe rotte. Ho fatto fare soldi ai miei clienti, sì. D’altronde girava tanta carta moneta che era facile intuire una valorizzazione degli assett.
Però il buio continua, la società è tagliata in due, affettata tra garantiti e affamati. 
Il virus conclude il ventennio della grande depressione. Dal duemila le crisi si sono ripetute e la vitalità della società ridotta a uno stato larvatico. Io la chiamo la società del Fentanil, lo psicofarmaco che rimuove, anestetizza. Abbiamo dimenticato intere generazioni di giovani, tagliato le gambe alla fetta emergente. E ora ho timore che il virus non si allontani da noi in breve tempo. E ho timore che se continuiamo a cincischiare ci faremo travolgere ancora una volta.
Vuole un altro lockdown?
C’è altra scelta? Un governo che si rispetti deve saper anticipare le mosse e anche sfidare l’impopolarità. La gente non capirebbe? Non è un motivo sufficiente. Il grande Di Bartolomei, il calciatore della Roma, mio mito da ragazzo, diceva sempre: “Il rigore va tirato forte.