Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  gennaio 10 Domenica calendario

Verdi secondo Montale


Nel 1981, Mondadori pubblicò Prime alla Scala, che per la prima volta riuniva scritti musicali di Eugenio Montale, a cura di Gianfranca Lavezzi. Quel libro, importante per la cultura musicale italiana (oggi divenuta “di nicchia”, così i cretini), fu nel secolo XX l’unico vero incontro d’amore tra la civiltà musicale d’Italia e un altissimo poeta italiano. Detto così sembra enfatico. In verità, è riduttivo.
È giustamente limitato al teatro d’opera, che una riflessione storica vedrebbe come la parte più forte e forse, ahinoi, l’unica forte della ricchezza musicale costruita dall’Italia nei secoli della modernità matura, l’Ottocento e il Novecento. Ma proprio il teatro d’opera è il punctum dolens della musica italiana: non “malattia” o “sconfitta” bensì “lato sensibile”. Un eccesso in cui l’ingombro soverchia, non un difetto. Il lungo dialogo, sermo humilis della critica, intrattenuto da Montale con il Teatro alla Scala dal novembre 1946 fin quasi alla morte, fu l’unico rapporto serio e competente che uno scrittore italiano abbia stretto con la musica forte (“la mmòsega glàssega” di alcuni ispettori ministeriali e di varie cosiddette “alte cariche dello Stato”). Per favore, non si parli di D’Annunzio, testa sottilmente pensante, ma generoso del descrivere soltanto effetti soggettivi: il colore del suono in un Quartetto di Skrjabin (Notturno), le sensazioni dell’udire Wagner (Il Fuoco), l’evocazione musicale di stati d’animo (La Violante dalla bella voce). Altro è la collaborazione tra Berio e Sanguineti, che ha dato rilievo al testo poetico e alla musica in misura troppo disuguale.
Il volume mondadoriano conteneva 13 scritti di riflessione sulla musica e 143 recensioni. Il nuovo libro edito dal Canneto offre esclusivamente scritti montaliani sul Verdi eseguito alla Scala, ossia le recensioni 1955-1966 precedute da tre saggi: Il genio che compì il lavoro di molte vite (1951), Vero Verdi, Puccini vero (1962), Lampedusa e Verdi (1963). Fonti delle recensioni sono il libro di Montale Il secondo mestiere (ed. 1996) e, a cura di Paolo Senna, le note sparse sul «Corriere d’Informazione». L’altro curatore Stefano Verdino, aprendo la propria eccellente introduzione, cita ampiamente il testo che nel volume mondadoriano del 1981 era al principio, ossia il celebre Paradosso della cattiva music a, saggio folgorante dedicato da Montale nel 1946 a Massimo Mila e apparso su «La Rassegna d’Italia» (Milano), anno I, n. 11, nel novembre 146, pagg. 57-61. Il saggio, com’è noto, assegna alla “musica dei concerti” una parte «minima, quasi infima, all’educazione dell’uomo oggi», in confronto alla «musica dei boschi e del mare e della vita» cui appartengono Gluck, Musorgskij, Wagner, Verdi e il migliore Debussy. Un teorema, la cui soluzione appare oggi sempre più remota e irraggiungibile.