la Repubblica, 10 gennaio 2021
Parler, l’anti Twitter dei suprematisti
Il nuovo regno dell’odio ti compare sullo schermo con una P bianca stilizzata su fondo rosso. P per Parler, il social “anti Twitter” dove da mesi stanno trasmigrando i seguaci di Trump refrattari alle regole, e presto forse il presidente stesso “bannato” dai social mainstream.
Nato da appena due anni dall’idea di John Matze e Jared Thomson, due informatici del Colorado compagni di scuola, è arrivato a raccogliere già 10 milioni di utenti dagli Usa alla Russia, ed è già in una mare di guai. Scaricare l’app potrebbe diventare presto impossibile: Google l’ha eliminata dal suo negozio di app. E Apple ha dato un ultimatum di 24 ore per l’eliminazione di post violenti e l’introduzione di una vera moderazione. Parler è diventata infatti una delle piazze virtuali più gettonate per la destra radicale americana e ora potrebbe costituire un vero megafono di sovversione. Soprattutto dopo quel 3 novembre che per Donald Trump ha segnato il “furto delle elezioni”, su Parler si sono riversati messaggi di risentimento verso Biden, i dem, le istituzioni e alla fine persino contro quei repubblicani che avrebbero svenduto la guerra santa del capo: dal vice Pence al capogruppo al Senato McConnell.
Non è chiaro se Trump abbia già aperto un suo account su Parler, lo insinua il suo corifeo Sean Hannity, star della tv Fox News. Ma certo insieme a nomi noti come Hannity, il suo collega Tucker Carlson, politici come Ted Cruz (possibile candidato repubblicano nel 2024 e già aspirante erede del radicalismo violento di Trump), sul social c’è già una compagine assortita di cospirazionisti di QAnon, suprematisti bianchi come i Proud Boys, milizie paramilitari come gli Oath Keepers e i Three Percenters. E centinaia di migliaia di americani rabbiosi che postano in piena libertà immagini inneggianti a Hitler, post sessisti, antisemiti e razzisti. Nonché messaggi più o meno criptati dove per mesi si è organizzata la “resistenza” pro Trump e negli ultimi giorni la deflagrazione estrema dell’assalto a Capitol Hill.
C’è polemica ora sulla prevenzione, perché molti post inneggianti al rapimento e forse uccisione di parlamentari – Pelosi e Schumer ma anche il “traditore” Pence di cui si invocava l’impiccagione – erano in bella mostra prima del 6 gennaio, così come i piani per attaccare il Congresso.Ora proprio su Parler si organizza il secondo round dell’"insurrezione": appuntamento il 17 gennaio a Washington e in altre capitali statali, da Pittsburgh a Columbus, e ancora il 19 e naturalmente il 20. Giorno del giuramento di Biden e Harris, quella «transizione ordinata» che Trump ha tardivamente promesso nell’ultimo video prima di essere messo a tacere.