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 2021  gennaio 10 Domenica calendario

Lo spionaggio cibernetica ha distrutto gli 007

Nelle sue manifestazioni più tradizionali lo spionaggio è una combinazione di audacia, astuzia, coraggio, spregiudicatezza e, in molte occasioni, amor di patria. Per molto tempo è stato usato soprattutto per scoprire quali fossero le intenzioni e i progetti del nemico o di un potenziale avversario. 
Durante la guerra di Libia (1911), Luigi Barzini, uno dei più brillanti giornalisti italiani del primo Novecento, scrisse al direttore del Corriere della Sera (Luigi Albertini) che è sempre lecito leggere le carte del nemico sbirciando dietro le sue spalle. Non è sorprendente che la Gran Bretagna, patria di molte autorevoli spie soprattutto negli anni della guerra fredda, sia riuscita a creare con le esperienze dei suoi agenti e molta fantasia, il personaggio di James Bond, meglio noto, universalmente, come 007.
Ho scritto «negli anni della guerra fredda» perché la disintegrazione dell’Unione Sovietica e la crescente diffusione sulla scena mondiale di ricerche scientifiche e tecnologiche (informatica, cibernetica) hanno creato nuovi strumenti di lavoro e cambiato le regole del gioco. I servizi d’intelligence, oggi, possono «progettare sistemi di controllo che comprendono processi di generazione, trasmissione e utilizzo dell’informazione; tali sistemi sono incorporati sia nei servo meccanismi, sia negli elaboratori elettronici» (Vocabolario Treccani della lingua italiana). Abbiamo avuto così esempi sorprendenti. Durante il duello elettorale per la Casa Bianca fra Donald Trump e Hillary Clinton, i tecnici del primo sono entrati nel computer dell’avversaria e si sono impadroniti della sua posta elettronica traendone spunti per qualche domanda più o meno imbarazzante durante dibattiti e conferenze stampa. Più recentemente, secondo il New York Times del 5 gennaio, un generale (Paul Nakasone) che ha il compito di proteggere la sicurezza degli Stati Uniti ed è noto alla opinione pubblica del suo Paese come un «guerriero cibernetico» ha dichiarato di avere da poco sostenuto un’offensiva informatica scatenata da numerose agenzie russe contro l’intero sistema americano. Sarebbe interessante avere qualche informazione sul bottino raccolto dai russi e sui mezzi usati dagli americani per rintuzzare gli aggressori. Ma è ormai comunque evidente che esiste un nuovo modo per fare guerre senza immediato spargimento di sangue, anche se con risultati non meno disastrosi. 
I pirati informatici (in inglese hackers) che sanno come raccogliere informazioni e scoprire i piani di uno Stato potenzialmente ostile, possono anche uccidere un uomo a grande distanza. Un caso particolarmente interessante è quello del generale iraniano Qasem Soleimani, comandante delle forze Al Quds (il nome arabo di Gerusalemme), combattivo protagonista di guerre medio-orientali e vecchio nemico degli Stati Uniti. Non sarebbe stato ucciso all’inizio del 2020 nei pressi dell’aeroporto di Bagdad da un drone americano, se questo velivolo senza pilota non avesse potuto inseguirlo e prenderlo di mira. Un mondo in cui le vecchie spie, coraggiose e piene di fantasia, devono cedere il passo ai pirati informatici non è un mondo migliore.