La Stampa, 9 gennaio 2021
Parigi non dimentica Coco Chanel
Era il 10 gennaio 1971. Alle 21, nella suite dell’Hotel Ritz di Parigi, dove viveva dal 1937, spirò Gabrielle Chanel (Coco, il suo nome di battaglia). Era una domenica, giorno che lei odiava (perché non poteva andare a lavorare all’atelier in rue Cambon, dietro la piazza Vend^ome, dove la sua suite si affacciava). Sì, una domenica sera, quando una famiglia che si rispetti si riunisce nel calore della casa: un’immagine da puro conformismo borghese, che avrebbe fatto inorridire la «Grande Mademoiselle», che mai si sposò, ma ebbe così tanti uomini e niente figli.
La moda passa lo stile resta
Sono trascorsi cinquant’anni e Parigi, in questi tempi di Covid, è dimessa e malinconica. Ma di lei, Coco, non si è dimenticata. I media hanno già iniziato a consacrarla e non è solo perché la maison Chanel è sopravvissuta alla grande creatrice. Ma perché il suo approccio («La moda passa – amava dire -, lo stile resta») è rimasto quello del Dna della sua città e delle sue donne. Come sono rimasti i suoi tailleur, il tubino nero da mezza sera (semplicità, please: l’opulenza è cafona). L’idea di un vestito bello, ma anche comodo. O il ricorrere a stoffe che un tempo erano riservate solo ai maschi e che Coco integrò grazie alla frequentazione con i suoi uomini: il jersey dei pantaloni di Boy Capel, giocatore di polo e britannico misterioso, o il tweed del duca di Westminster.
Infanzia poverissima
È come se Coco ci fosse ancora. E in questa Parigi da confinamento, senza le orde di turisti, sotto la patina di un gennaio malinconico, ancora di più. Nata in un ospizio per poveri a Saumur e cresciuta nell’orfanatrofio di Aubazine, da ragazza era finita a cantare a Moulins in un café-concert (dove aveva scelto il suo nome da artista, Coco): e lì aveva incontrato Etienne Balsan, ricco investitore nel mondo dei cavalli da corsa. Più tardi, nel 1909, sarà nella garçonnière di Balsan, al 160 di boulevard Malesherbes, che la giovane provinciale sbarcherà a Parigi, per realizzare cappelli, incoraggiata da Capel, ormai il suo nuovo uomo. A quell’indirizzo esiste ancora oggi lo stesso palazzo haussmaniano, con la porta di legno rosso, in fondo al 17° arrondissement, dove una certa Parigi piccolo borghese ha resistito a qualsiasi globalizzazione.
Il suo primo negozio
Nel 1910 è grazie a un prestito di Capel che Coco inaugura il suo primo negozio di cappelli al 21 di rue Cambon. Poi, man mano che le sue attività si estendono all’abbigliamento e ai profumi, occupa altri edifici della strada. Il 31 diventa il suo quartier generale e lo è ancora per la maison. Dove sopravvive la scalinata circolare, tappezzata di specchi, da cui scendevano le modelle, durante le sfilate (e la stilista, che era molto superstiziosa, se ne stava seduta sempre sul quinto gradino: il numero 5 era il suo numero fortunato). Al primo piano c’è ancora l’appartamento di Coco, senza la camera (dormiva al Ritz), ma con diverse stanze, rimaste intatte (e non è un museo: Gabrielle vive), dall’arredamento barocco, ma armonioso, così diverso dall’inno alla semplicità che era la sua moda.
I posti che amava
Lì Coco organizzava cene. Oppure incontrava i suoi interlocutori al Grand Véfour, ristorante sotto i portici di Palais Royal, da più di 200 anni riferimento per la città che conta. O da Angelina, il suo café preferito, su rue de Rivoli.
Di sera la si poteva incontrare al teatro degli Champs-Elysées (costruito nel 1913, progetto modernista di Auguste Perret, lo stesso che concepì la ricostruzione di Le Havre dopo la Seconda Guerra Mondiale).Lì andò in scena per la prima volta il balletto «Le train bleu»: soggetto di Jean Cocteau, costumi di Coco Chanel (erano amici e lui la chiamava il piccolo cigno nero). Ritorniamo al 10 gennaio 1971. Mademoiselle aveva ormai 87 anni, ma fino alla sera prima aveva controllato gli ultimi dettagli della sua nuova collezione.
La suite al Ritz
Durante la Seconda Guerra Mondiale il Ritz era stato occupato dagli alti ranghi delle SS, però Coco poté mantenere la suite, perché a 57 anni s’innamorò di Hans Gunther von Dincklage, spia nazista, che aveva 13 anni meno di lei. Lei stessa collaborò con le SS. Dopo la guerra solo l’amico Winston Churchill poté salvarla da epurazione sicura. Scomparve, in «esilio» in Svizzera. Riaprirà la sua maison parigina solo nel 1953, a 70 anni. Coco, indomita e imperfetta, dalle mille vite. Parigi non ti ha dimenticata.