Avvenire, 9 gennaio 2021
Il lockdown alla giapponese
Paese che vai, untori – o presunti tali – che trovi. In Giappone, fin dall’inizio di una pandemia che tutto sommato è stata finora – i dati parlano chiaro – tenuta decisamente sotto controllo (3.600 morti in totale, meno di quante se ne siano registrate negli Usa ogni giorno) il pericolo è stato individuato “in quelli della notte”. Le decine, centinaia di migliaia di “salarymen”, che usciti dall’ufficio spesso dopo aver effettuato due o tre ore di straordinari, invadono le izakaya, le osterie locali, bar e locali notturni di vario genere. Basta “chiudere” il Paese, o anche solo le grandi città, di notte, per limitare i danni. E così è stato, sia lo scorso aprile, quando l’allora premier Shinzo Abe decretò, con grave ritardo, il primo lockdown “a la japonaise”, sia, di nuovo, da ieri, come ha annunciato il nuovo premier Yasuhide Suga. Per carità, le ragioni ci sono. I contagi negli ultimi giorni erano raddoppiati: oltre 3mila al giorno a Tokyo, indice di positività superiore al 10%. E questo, va sottolineato, a fronte di un numero di tamponi sempre molto limitato, il più basso dei Paesi del G7: appena 20-30mila al giorno, 270 per milione di persone. In Europa ne facciamo 4, 5 mila. «Se i tamponi fossero più numerosi, come quelli che fate in Europa, anche in nostri numeri sarebbero molto più alti», spiega Kentaro Iwata, il virologo che durante l’emergenza della nave Diamond Princess, lo scorso febbraio, salì di nascosto a bordo per poi denunciare la scarsa efficacia con cui le autorità stavano gestendo la situazione.
Come il “nostro” Crisanti, Iwata era e resta un sostenitore delle 3T: tamponi, tracciamento, trattamento. Ma il Giappone non gli ha dato retta. Gli esperti di cui l’ex premier Abe si era circondato (e che il suo successore ha ereditato), tra i quali non c’è neanche un virologo, hanno invece sposato, e “imposto” alla popolazione attraverso il tam tam dei media (che non danno spazio a negazionisti, complottisti e cialtroni vari) la teoria sanmitsu: le 3C (in inglese) da evitare: closed spaces, crowded spaces, close-contact settings. Niente spazi chiusi, niente contatti stretti, niente assembramenti. Yasutoshi Nishimura, il giovane ministro che sulla gestione della pandemia sta scommettendo il suo futuro politico (c’è già chi lo indica come un possibile successore di Suga, che potrebbe chiudere rovinosamente il suo mandato addirittura prima delle Olimpiadi, ammesso che si facciano: proprio ieri un ex membro del Cio e attuale presidente dell’Olimpic Broadcasting Services, il canadese Dick Pound, ha avanzato seri dubbi) gira con uno strumento che misura la qualità dell’aria. Appena l’anidride carbonica supera i limiti di sicurezza (mille ppm) chiede di aprire le finestre e se non basta sospende le riunioni. Le teorie locali sostengono anche che viaggiare sui mezzi pubblici, anche strapieni, non rappresenti alcun pericolo (basta aprire le finestre) così come il sedersi in diagonale, non uno di fronte all’altro, riduca addirittura del 70% il pericolo di contagio. Per non parlare dei cinema. Assolutamente sicuri. E infatti sono strapieni. Mentre in Europa i cinema sono chiusi, qui fanno affari d’oro. Kimetsu no Yaiba, il film d’animazione tratto dalla fortunata serie di manga Demon Slayer, è stato visto da oltre 20 milioni di persone in un paio di mesi, incassando 300 milioni di dollari e stracciando i precedenti record di Titanic e Star Wars. Ma questo di giorno.
In Giappone si va al cinema fin dalle 10 di mattina e l’ultimo spettacolo spesso è attorno alle 18. Ma molti cinema hanno deciso, pur non essendovi tenuti, di chiudere prima. Esattamente come è stato chiesto – attenzione: non imposto – agli esercenti di bar, ristoranti e locali notturni. Stop alla vendita di alcolici alle 19, chiusura alle 20. Non è un obbligo: la Costituzione giapponese (scritta dagli americani, terrorizzati all’idea che potesse nascere un nuovo regime) impedisce espressamente al governo di limitare le libertà personali, comprese quella di movimento e di impresa. Ma in Giappone, specie in questi casi, la gente collabora, i suggerimenti diventano editti, i consigli ordini. Poi, vabbè ci sono anche gli incentivi, che questa volta sono molto consistenti: 500 euro al giorno, sino a 12 mila euro al mese, per tutti coloro che seguiranno il… ’consiglio’. Pesantissime le sanzioni per chi – ma saranno pochi – disubbidisce: il loro nome e il loro indirizzo verranno pubblicati sul sito del ministero. Una figuraccia.