il Fatto Quotidiano, 9 gennaio 2021
QQAN20 Niente è più attuale di Dostoevskij
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Alla casa editrice il Saggiatore sono matti, come i russi per Paolo Nori. Hanno raccolto in un volume di quasi 1.400 pagine e di 1,54 kg di peso l’intero (o quasi) corpus delle lettere di Dostoevskij. Si intitola Lettere : sulla cover un bel ritratto di Fëdor che, come racconta sempre Nori, una ragazza di Cesena – che abita a Bologna – ha detto che assomiglia a Jovanotti da vecchio.
Almeno la metà della corrispondenza raccolta nel libro è inedita in Italia. La curatrice dell’opera, Alice Farina, ha anche tradotto, con Giuliana De Florio ed Elena Freda Piredda, questo straordinario “romanzo di una vita”. Al Fatto racconta della fatica del lavoro editoriale: “Abbiamo iniziato nel 2015. Cinque anni di lavoro di ricerca fonti, traduzione ed editing per consegnare ai lettori italiani, all’uomo comune, non un saggio universitario o un’edizione critica, ma il romanzo di un’anima, da leggere come un’appassionante autobiografia”.
Secondo la curatrice quello che ne esce è un Dostoevskij inaspettato, una vera epifania. Soprattutto le prime lettere. “Leggiamo quanto scrive al fratello maggiore l’allora diciassettenne scrittore russo”, suggerisce Farina. Eccone uno stralcio: “Ma vedere solo il rigido involucro sotto al quale languisce l’universo e sapere che basterebbe una sola esplosione di volontà per distruggerlo, per fondersi con l’eterno, saperlo e vivere come l’ultima delle creature… È terribile! Com’è pusillanime l’uomo! Amleto! Amleto!”. E nella stessa lettera, che è anche un breve racconto di formazione di un adolescente, non mancano i riferimenti alle letture e ai maestri: “Ti vanti di aver letto molto… Ma ti prego di non pensare che io provi invidia. A Peterhof ho letto almeno quanto te: tutto Hoffmann in russo e in tedesco, praticamente tutto Balzac (Balzac è grande! I suoi personaggi sono il prodotto di una mente universale! Non uno spirito del tempo, ma il travaglio di interi millenni ha preparato un epilogo del genere nell’animo umano). Il Faust e le poesie minori di Goethe. E poi anche Victor Hugo…”.
Quando penso all’attualità della letteratura russa mi viene in mente una scena di Boris il film, in cui René Ferretti, alias Francesco Pannofino, si trova a colloquio con uno sceneggiatore per un film che sta preparando, La Casta, e questo sceneggiatore, parlando mentre controlla ansiosamente dalla finestra la sua auto parcheggiata a Roma in seconda fila, gli consiglia di fare attenzione alla realtà: la narrazione deve essere reale, perché se non è reale il pubblico se ne accorge. Così gli intima: “Rileggiti ČCechov!”. Il regista Ferretti/Pannofino ribatte subito che lui immagina qualcosa di più attuale per il suo film. Lo sceneggiatore risponde lapidario che niente è più attuale di Cechov. “Ecco”, chiude Farina, “si può dire altrettanto in questo caso, ossia che niente è più attuale di Dostoevskij, come provano anche la lettura di queste sorprendenti lettere, che mettono al centro di tutto la realtà e l’uomo”.
Dagli abissi dell’introspezione dell’io, come nel resoconto banale della vita di tutti i giorni. Il risultato finale è quello di un romanzo in cinquecento lettere completamente immerso nella realtà, del mondo e dell’anima.