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 2021  gennaio 09 Sabato calendario

Su "Proprietà" di Lionel Shriver (66thand2nd)

Fu la scena di un film, circa dieci anni fa, a metterci sulle tracce di Lionel Shriver. Tilda Swinton, mamma di un neonato che non la smetteva di urlare – le stesse urla che nel film d’animazione Pixar Monsters & Co fanno girare le turbine di Mostropoli – accostava la carrozzina a un cantiere stradale. Per trovare sollievo nel fracasso dei martelli pneumatici.
Titolo del film: E ora parliamo di Kevin. 
La regista scozzese Lynne Ramsay aveva adattato il romanzo (uscito in Italia da Piemme) che nel 2005 fece vincere all’americana Lionel Shriver un Orange Prize. Il piccolo urlatore cresce ma non migliora, e anzi affina le sue arti maligne. I genitori, distratti e contrari ai castighi, regalano a Kevin adolescente (come da sua precisa richiesta) un vero arco con vere frecce. Fate conto, la pistola di Cechov che nelle mani degli scrittori bravi arriva sempre a segno.
Il romanzo attirò molte critiche, le stragi scolastiche ricorrono con una certa frequenza nella cronache d’America. Ne attirò parecchie anche I Mandible. Una famiglia, 2029-2047 (intanto la scrittrice era passata nel catalogo di 66th and 2nd). Immagina gli Stati Uniti in bancarotta, sotto il primo presidente latinoamericano alla Casa Bianca. Un cavolo costa 28 dollari, i ricchi finiscono a lavorare nei campi. Lionel Shriver si era appena guadagnata il soprannome di Cassandra quando l’emergenza finanziaria si è fatta ospedaliera.
Proprietà racconta dodici piccole tragicommedie personali. Tutte costruite attorno al possedere. Case, prima di tutto. “Non si vende una casa, si vende una vita” diceva Frank Bascombe, l’ex cronista sportivo diventato agente immobiliare in Independence Day di Richard Ford. Ma anche gli affitti, le eredità, la comunione dei beni portano complicanze. La lista si allunga con uomini, donne, denari, corrispondenza letta di straforo, mobili, giardini, lampadari artistici incautamente ceduti a un amico che si pensava per sempre.
Cose e persone che provocano sofferenze e rancori prolungati. Fa da modello Sara Moseley, protagonista del racconto “La coinquilina": “non era taccagna a livelli patologici, tanto da non offrire mai una cena; ma ricordava benissimo chi aveva pagato la volta prima e l’importo esatto”. Non la persona più adatta per subaffittare il suo appartamento di Belfast a una che rifiuta di pulire le padelle di ghisa con il sale grosso, come da istruzioni, e svuota la dispensa fino all’ultima scatola di fagioli. Lionel Shriver racconta i litigi e le ripicche sul latte finito tenendo sullo sfondo la lotta per l’indipendenza irlandese (nel caso qualcuno pensasse che le guerre territoriali domestiche siano faccende di poco conto).
"Il lampadario da terra” racconta un Modern Love. Materia da rubrica settimanale del New York Times, che ha generato la serie Amazon con lo stesso titolo. Svolgimento da strepitosa scrittrice che non conosce sentimentalismi. Neanche quando descrive la protagonista: “Jillian Frisk non si capacitava di essere malvista. L’esperienza la sconcertava, ma non abbastanza, a pensarci bene, perché cedeva sempre alla tentazione di immedesimarsi nei suoi detrattori”. La variazione sul tema “se non piaci, il problema sei tu” avanza per qualche pagina, e quasi non ci si crede, immersi come siamo nell’autostima (letteraria e no).
Jillian incontra Weston, insieme giocano a tennis e spettegolano dei rispettivi amanti, finiscono a letto e instaurano una relazione a fasi alterne (anche nel senso che non sono mai entrambi nella stessa fase): sesso senza impegno, innamoramento, altri fidanzati, ricerca di casalinga tranquillità. Equilibri già precari, rovinati da un artistico manufatto della volenterosa Jillian. Un candelabro- memoir, con appesi il dente del giudizio gelosamente conservato, chiavi di vecchi appartamenti, un campanaccio in miniatura, scatoline e barattoli variamente decoratii. “Trasmetteva una grande tenerezza per la vita dell’autrice, stimolando invariabilmente nell’osservatore la stessa tenerezza per la propria” pensa Weston, ma dice solo “bravissima”. Non sa quanti guai gliene ne deriveranno. Un regalo è un altro di quei possedimenti che fanno presto a inacidire.
Apre Proprietà un commento di Edward Morgan Forster su un bosco che si era appena comprato. Piccolino. Ma sufficiente, fa sapere lo scrittore diCamera con vista, per scrutarne gli effetti sul carattere. Primo: “è un peso”. Secondo: “lo vorrei più grande”. Non si poteva trovare viatico più adatto per queste storie piene di dettagli sulle contorsioni e gli accidenti di vite che potrebbero esse la nostra. Raccontati da una scrittrice che si mette volentieri nei panni di chiunque altro (non si chiama “appropriazione culturale”, si chiama “talento narrativo”, disse sventolando un sombrero quando la accusarono di lesa messicanità). Basta un rigoglioso sicomoro per dare una svolta alla vita di una vedova che fino a quel momento aveva gettato sul giardino, e sul vicino, sguardi irritati: “Non aveva idea che le piante potessero suscitare tanto odio”.