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 2021  gennaio 09 Sabato calendario

Orsi & tori

È tutta colpa della follia di Donald Trump il disastro della democrazia americana degli ultimi anni? Da dove nasce la disfatta della prima democrazia del mondo? Chi sono i corresponsabili di questa Caporetto del Paese che era il faro democratico del mondo? Come è potuto accadere? È facile oggi concentrarsi sulla follia di Trump, ma per gli Usa e per il resto del mondo occidentale è necessario andare alle radici che hanno portato all’elezione di Trump e quindi alla sua follia. In primo luogo, gli Usa sono stati modello di due democrazie: quella politica, con l’alternanza al potere almeno ogni otto anni, e quella di mercato, dell’economia garantita da leggi antitrust elaborate sin dalla fine dell’800 per permettere libertà di impresa e la migliore offerta possibile per i consumatori, gli utenti, le aziende. Ebbene, una delle cause principali, se non la principale, che ha innescato alla base la follia Trump è proprio l’incredibile sospensione delle leggi antitrust, per il malcelato progetto che il primato americano fatto di dollari, di forza produttiva, di Wall Street e delle altre borse, oltre che di forza militare, potesse essere ricostituito e rafforzato dalla rivoluzione tecnologica indotta dal passaggio a uso civile di internet, nata per uso militare, con la rivoluzione tecnologica che ne è seguita.Nell’elaborare e attuare questo progetto, le amministrazioni americane che si sono succedute non hanno svolto neppure per un attimo lo sguardo alla Storia. Se, per esempio, avessero guardato alle radici della Rivoluzione francese avrebbero scoperto o riscoperto che il luddismo in Inghilterra nacque per il primo atto della rivoluzione industriale, con la realizzazione del telaio meccanico che sostituiva le migliaia e migliaia di operai chiamati cimatori, cioè colui che cima, taglia i fili ai tessuti. La perdita di lavoro generò scontri sanguinosi, finché la più conservatrice delle istituzioni, la camera dei Lord, introdusse una sorta di cassa integrazione ante litteram. Ma quello sconvolgimento introdotto dal telaio meccanico generò alla fine del XVIII secolo il luddismo (da Ned Lud, un giovane forse mai esistito che avrebbe distrutto un telaio industriale). Più che in Inghilterra, divenne una scintilla di un movimento insurrezionale che portò alla Rivoluzione francese.
La protesta fu violenta perché gli operai perdevano il lavoro e perché la ricchezza smisurata dei nobili era diventata insopportabile per chi viveva nella miseria.
La rivoluzione digitale, specialmente negli Usa, ha generato più povertà e smisurata ricchezza.
E le radici di questa situazione, che si è diffusa nel mondo, si fanno risalire essenzialmente alle decisioni degli ultimi tre presidenti che hanno governato l’America e il mondo per due mandati, senza distinzione di schieramento politico, perché il primo è stato il democratico Bill Clinton, il secondo il repubblicano George W. Bush e infine Barack Obama, tutti presidenti con comportamenti assolutamente democratici, ma tutti e tre con la convinzione che il potere degli Stati Uniti sarebbe stato conservato e anzi ampliato dal potere tecnologico, cioè dal successo della Silicon Valley. E per questo prima hanno agevolato e finanziato il mondo del digitale; poi si sono dimenticati, nel progetto di generare giganti globali, che la seconda spalla della democrazia americana era sempre stata quella economica, garantita dalle leggi antitrust.
L’ultima grande operazione antitrust è stata lo smembramento di At&t, il dominatore della telefonia, diviso in dieci società locali con i laboratori Bell che hanno potuto proseguire in autonomia. Ci sono poi società come Ibm o General Electric, veri giganti nei loro settori, che hanno sapientemente anticipato interventi dell’Antitrust vendendo componenti delle società, oppure facendo scissioni come è il caso recentissimo proprio di Ibm, che certo per convenienza di mercato, ma anche per evitare di sbattere contro le norme a garanzia della libertà del mercato, ha compiuto varie operazioni di cessione nel tempo e ora ha lanciato come scissione la nuova società con il nome provvisorio appunto di NewCo, tende a offrire servizi infrastrutturali, mantenendo sotto il marchio originario il cloud computing ad alto margine e l’intelligenza artificiale.
Politica illuminata, oltre che economicamente valida, che non sfiora neppure da lontano il pensiero degli Ott.
Chissà se Clinton, Bush e Obama si rendono conto di quanto hanno sbagliato a lasciar crescere senza limiti Google, Facebook, Amazon, Twitter... Il potere degli Ott è oggi addirittura superiore a quello del presidente degli Stati Uniti, visto che al di là delle insensate e pericolose dichiarazioni che da anni, ma soprattutto nell’ultimo anno, Trump ha rilasciato, gli stessi si sono sentiti in potere di censurare quelle dichiarazioni. Negli ultimi giorni Twitter gli ha addirittura chiuso l’account. Tutto ciò non è il segno del buonsenso, perché per la democrazia i cittadini dovrebbero poter conoscere sempre quello che scrive, per poter giudicare il pensiero di chi è ancora per qualche giorno il presidente del primo Paese al mondo. E la maggioranza degli americani come gli altri cittadini del mondo oggi si abbevera per l’informazione proprio agli Ott. Sui quali girano informazioni false o fake news che, è stato accertato, dal 10 giugno scorso, hanno superato le notizie vere.
Senza contare, poi, che Trump è stato eletto grazie anche all’uso, con aiuto sovietico, della propaganda effettuata attraverso gli Ott, sfruttando tutti i dati personali che gli utenti, nella maggior parte ignari, consegnano a Google, Facebook, Twitter, Amazon e simili, permettendo di conoscere nei dettagli il proprio profilo e le proprie idee alle quali si adatta la campagna di propaganda elettorale.
È più che significativo, scendendo in basso verso l’Italia, che Matteo Salvini abbia battezzato la macchina della propaganda elettorale sui social addirittura con il termine «La Bestia». Ecco, se in Italia c’è La Bestia di Salvini e quella dei 5Stelle e un po’ di tutti i partiti e di moltissimi politici, si capisce come il populismo si stia allargando a macchia d’olio.
Soltanto negli ultimi mesi della presidenza Trump il Congresso si è mosso ad avviare un’indagine antitrust sugli Ott. Sono stati convocati tutti dalla sottocommissione antitrust della commissione giustizia del Congresso e le riprese televisive o i resoconti stenografici dei loro interventi hanno fatto capire di che pasta sono fatti. Jeff Bezos ha tirato fuori che lui è il simbolo della migliore America perché è arrivato dove è arrivato pur avendo un patrigno cubano. Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, ha rivendicato il merito di aver dato a tutti i suoi 1,6 miliardi di utenti il diritto di esprimersi direttamente e di condividere amicizia con persone di tutto il mondo...
Peccato che Bezos sia diventato in pochi anni e fino a pochi giorni fa l’uomo più ricco del mondo; peccato che Facebook abbia condotto e stia conducendo esperimenti su come algoritmi e comunicazioni diverse possono alterare lo stato d’animo e l’orientamento degli utenti. Esperimenti di tal genere sono documentati sotto il titolo «Experimental evidence of massive-scale emotional contagion through social networks» negli atti della National Academy of Sciences. Insomma, a Facebook hanno già sperimentato la possibilità con specifici algoritmi di orientare non solo gli acquisti degli utenti ma anche il loro stato d’animo e quindi l’orientamento politico.
Non ci vuole molto a capire che la tempesta populista che ha colpito molti paesi del globo e in particolare gli Stati Uniti sia stata e sia capace di cambiare gli indirizzi politici, oltre a funzionare, i social, da comunicazione istantanea per raduni sovversivi, non solo per merende fra amici.
Non sarebbe sensato affermare che il drammatico fenomeno Trump è interamente responsabilità dei social, ma certo i social hanno dato un sostanziale, se non decisivo contributo sia alla sua elezione che alla degenerazione sua e dei suoi seguaci.
Ma gli Ott hanno un’altra responsabilità, di essere i più ricchi del mondo oltre che i più potenti. Ricchezze così smisurate non fanno altro che aggravare la divisione fra ricchissimi e poverissimi.
Come si pone rimedio a un fattore così determinante come la degenerazione democratica americana, accelerata e amplificata dallo strapotere degli Ott? La risposta è semplice, l’implementazione meno. La risposta è: attivando la legge antitrust, che guarda non solo alle quote di mercato (Google ha il 94% del search, con al secondo posto al 4% un gigante come Microsoft), ma anche al potere di dettare le regole (Google lo fa per tutte le misurazioni delle audience utili agli investimenti pubblicitari), al potere di avere attività connesse come il sistema operativo Android di Google per la maggioranza dei telefoni del mondo, il sistema di posta elettronica Gmail, il sistema dei video YouTube; per Facebook una storia analoga: WhatsApp, che consente al mondo di telefonare gratis, di mandare messaggi vocali e scritti, di trasmettere fotografie; è uno sviluppo del sistema Android di Google, anzi di Alphabet, come uno dei due fondatori, Larry Page, ha voluto ribattezzare la società ad indicare che dalla sua società comincia tutto, come tutto è cominciato dall’alfabeto; ma Facebook ha anche Instagram... Un sistema di intrecci che avviluppano l’amante e utilizzatore dei social. Chi oggi potrebbe fare a meno di Google? Nessuno: ecco, un modo per ricondurre a una dimensione umana Alphabet può essere quello di separare le varie attività, tipica azione della legge antitrust. E infatti dopo il timido approccio del Congresso a una tema cruciale per la democrazia, uno Stato americano, il Texas è partito all’attacco con una causa verso gli Ott, alla quale immediatamente si sono uniti tutti gli editori americani, cioè i produttori di informazione quantomeno verificata, se non qualificata.
La democrazia, non solo americana, è infatti in pericolo perché oggi nel mondo la maggioranza delle notizie che circolano sono false. L’umanità è colpita non solo dal Covid, ma come ha detto efficacemente il professor Andrea Grignolo in una delle sue Pillole di vaccino su SkyTg24, c’è una seconda pandemia, quella delle fake news in tutti i settori dello scibile umano. E non vi è dubbio che la loro moltiplicazione esponenziale è possibile proprio attraverso i social degli Ott. Quindi il potere degli Ott non colpisce solo gli operatori tradizionali dell’informazione, ma la democrazia stessa. L’ho già scritto in queste pagine ma come dice un grande fisico (Università di Cambridge), e anche diplomatico e ora presidente dell’Armenia, il professor Armen Sarkissian: «Oggi un politico viene giudicato dai suoi elettori dopo due secondi che ha parlato o operato... Inevitabilmente reagisce con gli stessi strumenti». Già per questo non ci sarà più la democrazia classica che conosciamo e in cui viviamo, a parte le dittature: un politico veniva eletto, esercitava il suo mandato e alle nuove elezioni veniva giudicato se aveva fatto bene o male. Oggi il giudizio è istantaneo e attraverso le fake news può essere immediatamente manipolato.
Inoltre, la mancata applicazione della legge che ha sorretto la democrazia economica ha effetti disastrosi anche in settori non meno delicati della democrazia in generale; prima di tutto in quello economico. Nessuno può contestare l’utilità dell’e-commerce, ma se il re dell’e-commerce, Bezos, con Amazon entra nelle nostre case con Alexa, sbuca sugli schermi televisivi con Amazon prime ecc., tutto per massimizzare il suo potere e le sue vendite conquistando flussi fondamentali di big data, allora la sua azione è scorretta rispetto non solo a chi fa lo stesso mestiere di commerciante, fisico o digitale, perché la sua potenza si moltiplica ogni giorno di più. E per chi produce diventa imprescindibile affidarsi alla potenza di vendita di Amazon. Un’altra deformazione drammatica del libero mercato. Se poi si pensa che Bezos è diventato il padrone di The Washington Post, il simbolo (prima del suo acquisto) del giornalismo indipendente, che costrinse il presidente Richard Nixon a dimettersi, sorge molta curiosità nel sapere come la telefonata registrata fra Trump e il segretario di Stato repubblicano della Georgia sia arrivata per prima sulle pagine del Post. Potenza che si somma a potenza.
Da anni il guru del big data, il professor Mario Rasetti, conduce una straordinaria battaglia per far capire, lui che conosce tutto dei big data e dell’uso che se ne può fare insieme a tutte le tecnologie digitali, che se non si costruisce una nuova etica del mondo, il mondo e gli esseri che lo popolano vivranno anni terribili. Vogliamo parlare del record ennesimo raggiunto del Bitcoin e del valore superiore ai mille miliardi di dollari del mercato totale delle criptovalute...