Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  gennaio 07 Giovedì calendario

Il periscopio di Siepi

A volte, Bettino Craxi era un grande lottatore, non ha mai smesso di combattere per le sue idee. Nemmeno malato e in esilio. Paolo Pillitteri, ex sindaco di Milano (Giannino della Frattina). il Giornale.

Poiché il commissario Luigi Calabresi è morto male, lo abbiamo fatto santo. Poi, è stato innalzato a eroe anche il suo carnefice, Adriano Sofri. Un balletto grottesco che rispecchia l’ipocrisia del nostro Paese. Fabrizio Rondolino, scrittore (Giancarlo Perna). Libero.

Renzi ha dettato un ultimatum a Conte: se ha bisogno di qualche poltrona, ce ne sono tre, le nostre: due da ministro e una da sottosegretario. Noi di Italia viva le diciamo: se nella manovra c’è un provvedimento sulla governance del Next Generation e se c’è un provvedimento sulla fondazione dei servizi segreti, noi votiamo contro. Fabrizio Roncone. Corsera.

Quando i problemi sono gravi, si pensa sempre a qualcosa che viene dal cielo, al «deus ex machina» come oggi è Draghi. Ma spesso gli italiani attendono un salvatore per poi crocifiggerlo. E poi, non mi consta che Draghi sia stato consultato. Né qualcuno si è posto il problema di un governo con chi, con che voti, con quali condizioni e programma. Ripeto: oggi è ancora solo un’evocazione del «deus ex machina». È il desiderio tipico di un Paese scontento e disorientato. Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea (Massimo Franco). Corsera.

Il Capo dello Stato sa che non può più tergiversare. Finché c’era un’alleanza che reggeva e un premier in qualche modo sopportato, se non supportato, poteva anche far finta di nulla, ma ora che la maggioranza si va via via sgretolando, dalla Tav alla delicatissima questione dei Servizi di sicurezza, è ora di agire. Ma c’è un altro tema delicatissimo che viene sottoposto all’attenzione del Capo dello Stato in vista del nuovo settennato: può, questo Parlamento, eleggere il Presidente della Repubblica con una rappresentanza che non rispecchia più gli equilibri del Paese? Basti pensare al crollo del Movimento 5 Stelle dal 32,7 al 14% e all’esplosione di Fratelli d’Italia dal 4,3 al 16%. Mattarella rischia di esser ricordato, nelle cronache costituzionali, come il Presidente che – incurante dell’esito del referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari – ha voluto ad ogni costo forzare le Camere, ormai delegittimate, a trascinare la Legislatura fino al «semestre bianco», in spregio a dinamiche non più conformi alla Costituzione, pur di assicurare, sempre e comunque, la fiducia a un Governo, a sua volta privo di ogni investitura e quindi non più espressione della sovranità popolare. Luigi Bisignani. Il Tempo.

Nella sua relazione al progetto di Costituzione di Meuccio Ruini, presidente della Commissione dei,75 scriveva: «Il presidente della Repubblica non è l’evanescente personaggio, il motivo di pura decorazione, il maestro di cerimonie che si volle vedere in altre Costituzioni. Egli rappresenta e impersona l’unità e la continuità nazionale, la forza permanente dello Stato al di sopra delle mutevoli maggioranze. È il grande consigliere, il magistrato di persuasione e di influenza, il coordinatore di attività, il capo spirituale, più ancora che temporale, della Repubblica…». Paolo Armaroli, Conte e Mattarella, sul palcoscenico e dietro le quinte del Quirinale (La Vela editore).

Venivo da due anni di ossessione feroce per la musica. Sempre chiuso in studio, anche la domenica. Smisi di tagliarmi la barba e i capelli. Mangiavo solo pizze. Due a pranzo e una a cena. Anzi, a volte due pizze pure a cena. Superai i cento chili. Non facevo più l’amore, se non da ubriaco. Avevo smesso qualsiasi attività fisica. Lo psichiatra mi chiese cosa mi faceva sentire meglio. Risposi: camminare. Non lavorare; il lavoro era la causa. La cura era camminare. Ho camminato per centinaia di chilometri. Ho scoperto i sentieri di collina. E mi sono ribellato all’eccesso di attenzione per tutto quel che proviamo. Adesso quando sento il mostro borbottare, mi rimetto in cammino. Su una collina, in montagna. Sono tornato dallo psichiatra alla fine del primo tour negli stadi. Mi ha chiesto se vedevo ancora i mostri. Gli ho risposto di no, ma che ogni tanto li sento chiacchierare. E lui: «Let them talk», Lasciali parlare. Cesare Cremonini, cantante (Aldo Cazzullo). Corsera.

Dopo aver ipotizzato l’abbattimento del muro di Berlino, Gorbaciov ribadì l’intangibilità dei confini e ribadì la divisione della Germania. Ma dopo aver ribadito lo status quo lasciò che Medvedev, suo consigliere, smentisse la sua smentita, dichiarando a un giornale italiano che la riunificazione tedesca aveva sempre impaurito l’Europa occidentale e non l’Unione Sovietica. In questa strana partita mondiale, il più debole, anzi il perdente, ha avuto per molto tempo l’iniziativa. Non era mai successo prima che la lepre incalzasse il cacciatore. Saverio Vertone, Il ritorno della Germania. Rizzoli, 1992.

Ibrahimovic è un grande, ma sarà arduo compito di Pioli gestirlo bene, perché non potrà reggere tutte le partite da qui alla fine. Pioli dovrà scegliere quando, come e quanto utilizzarlo. Finora l’ha fatto benissimo: chiave di volta avanzata, raccoglie, fa salire e smista, correndo lo stretto indispensabile. Ma le altre squadre finiranno col trovare contromisure adeguate. Il Milan può realisticamente porsi in questa stagione l’obiettivo della Champions, non di più. Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia (Valentina De Salvo). la Repubblica.

Tra gli amici della famiglia Levi si parlava di Natalia Ginzburg come di una ragazza un po’ strana che scriveva racconti. Leone Ginzburg, amico dei suoi fratelli, se la sposa al ritorno dal carcere di Civitavecchia. Vivono a Torino appartati, frequentano solo pochi amici, tra cui quasi ogni sera Cesare Pavese «che non sapeva come altrimenti passare le serate». Giulio Einaudi, Frammenti di memoria. Rizzoli, 1988.

Scerbanenco impara, rispondendo alle lettere delle lettrici sui settimanali femminili, a conoscerne le ansie, i desideri, i segreti: le donne così convincenti dei suoi romanzi futuri nascono lì. Ma se le sue rubriche rosa sono un successo, gli va male col giallo. Il regime fascista non ama le storie di delitti, vere o romanzate: i treni arrivano tutti in orario, l’Italia è un paese ordinato, dove nessuno ruba o uccide. Altro che storie sul crimine: Mussolini di fatto fa chiudere le collane «gialle» di Mondadori, i lavori di Scerbanenco spariscono o restano nel cassetto. Maurizio Pilotti. Libertà.
Quando ci accorgiamo che un amore sta finendo è già finito. Roberto Gervaso.