Il Sole 24 Ore, 7 gennaio 2021
Perché è sbagliato dire che i fondi Ue crescono
Sbagliato dire che crescono i fondi del piano europeo. L’operazione che attiva oltre 20 miliardi del Fondo sviluppo e coesione (Fsc), un fondo nazionale, si può considerare in realtà parallela. Si tratta di un anticipo di programmazione di risorse già esistenti. Si scelgono però progetti complementari e coerenti con il Recovery Plan e si avvia subito il loro cammino. Interventi che sono già conteggiati nei tendenziali di bilancio e che non comportano un aumento dell’indebitamento. Con questo schema di lavoro, il ministro del Sud Giuseppe Provenzano si assicura anche una corsia di accelerazione per iniziare a spendere i fondi di coesione, che tradizionalmente registrano ritardi paurosi di spesa (per la programmazione 2014-20 i pagamenti Fsc sono fermi al 6,17%).
I 20 miliardi mettono in moto il meccanismo delineato con la legge di Bilancio 2021 che ha rifinanziato con una prima assegnazione di 50 miliardi il Fondo sviluppo e coesione 2021-2027, passato rispetto alla precedentemente programmazione dallo 0,5% allo 0,6% del Pil annuo, per un valore di circa 73 miliardi. Condizione per utilizzare il veicolo Fsc nell’operazione concordata dal premier con i ministri Gualtieri, Amendola e Provenzano è comunque rispettare la chiave di riparto che lo caratterizza, cioè 80% a favore del Mezzogiorno e 20% per il Centro-Nord. Rispettando questa ripartizione, dei 20-21 miliardi circa 5 miliardi andranno a infrastrutture ferroviarie al Sud, 3 miliardi alla sanità e in particolare al progetto delle case territoriali della salute, 3 miliardi alle infrastrutture sociali a partire dagli asili nido, 1 miliardo al progetto di recupero dei borghi nelle aree interne, il resto sarà distribuito tra altre voci ad esempio ricerca, digitalizzazione e contrasto al dissesto idrogeologico.
Se invece si analizzano i progetti effettivamente finanziati con i fondi targati Next Generation Eu, c’è un ritocco rispetto alle prime bozze della voce coesione territoriale: da 3,9 a 4,2 miliardi. Su un piano ulteriore si inserisce il discorso sul teorico rispetto di una quota minima di investimenti del Recovery Plan da destinare al Sud. Non sarà formalizzato nel testo l’obiettivo del 34% (quota minima che attualmente la legge prevede per la spesa ordinaria in contro capitale delle amministrazioni centrali) o un target ancora più alto. La coesione territoriale, oltre ai 4,2 miliardi di interventi specifici, è considerata una missione trasversale ai vari progetti ma la ripartizione delle risorse dovrebbe essere orientata ai reali fabbisogni. In altre parole: per gli asili nido il Sud potrà avere anche decisamente più del 34% ma per gli incentivi fiscali automatici del piano Transizione 4.0 è chiaro che una fetta anche più ampia del 66% potrebbe andare alle imprese del Centro-Nord perché hanno una maggiore capacità di investimento.