Il Messaggero, 7 gennaio 2021
Maria in pasto ai maiali
«Macinata da un trattore o data in pasto ai maiali». Punita per non aver voluto cedere un terreno a un narcotrafficante vicino al clan ndranghetista Mancuso. Era una delle tante vittime di lupara bianca, Maria Chindamo, l’imprenditrice agricola di 44 anni scomparsa nel nulla il 6 maggio del 2016 nelle campagne di Limbadi (Vibo Valentia). Ma adesso quale sia stato l’atroce destino della donna e perché sia stata uccisa lo ha rivelato alla Dda di Catanzaro il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, ex componente del clan dei Basilischi, in Basilicata. Dietro l’omicidio ci sarebbe stato anche il tentativo di depistaggio. Chindamo sarebbe stata uccisa da Salvatore Ascone, U pinnularu, narcotrafficante legato al clan Mancuso e vicino di casa dell’imprenditrice. Una vendetta dopo il rifiuto di cedere un terreno ad Ascone. I verbali di Cossidente sono stati acquisiti agli atti del processo sulle presunte pressioni sul collaboratore Emanuele Mancuso, figlio del boss Pantaleone e prima gola profonda del clan. A raccontare a Cossidente i fatti legati alla scomparsa dell’imprenditrice sarebbe stato proprio Mancuso.
LA SCOMPARSAChe l’esecuzione della donna fosse stata pianificata, gli inquirenti lo avevano capito subito. E anche che Salvatore Ascone, la cui proprietà confinava con la tenuta della donna, fosse coinvolto. Arrestato nel luglio 2019 dai pm di Vibo con l’ipotesi di concorso nell’omicidio, Ascone, però, è stato scarcerato dal Riesame di Catanzaro. La procura lo accusa di avere manomesso, la sera prima della scomparsa della donna, le telecamere di videosorveglianza, che avrebbero potuto registrare l’aggressione. Ma finora l’omicidio sembrava legato a vicende personali adesso, invece, l’inchiesta è passata alla Dda di Catanzaro perché dietro quell’orribile morte ci sarebbero i clan.
I VERBALINel corso di alcuni interrogatori, resi tra gennaio e febbraio dell’anno scorso, Cossidente ha riferito quanto appreso da Emanuele Mancuso «Mi disse anche che in virtù di questo rifiuto della Chindamo a cedere le proprietà, Pinnolaro l’ha fatta scomparire, ben sapendo che, se le fosse successo qualcosa la responsabilità sarebbe ricaduta sulla famiglia del marito della donna, poiché il marito o l’ex marito, dopo che si erano lasciati si era suicidato. Quindi questo Pinnolaro sapendo delle vicende familiari della donna, sarebbe stato lui l’artefice della vicenda per entrare in possesso dei terreni e poi far ricadere la responsabilità sulla famiglia del marito in modo da entrare in possesso di quei terreni».
IL VERBALEMancuso sarebbe entrato in confidenza con Cossidente in un momento molto difficile del suo percorso, quando subiva le pressioni e i ricatti della famiglia: «Lo minacciavano sulla bambina – ha spiegato – dicendogli che doveva ritrattare altrimenti non gliela avrebbero più fatta vedere». E toccava a Cossidente, collaboratore da anni, incoraggiarlo e convincerlo a resistere alle pressioni: «Emanuele – aggiunge Cossidente – mi disse che la donna venne fatta macinare con un trattore o data in pasto ai maiali».
Le rivelazioni del pentito coincidono, almeno in parte, con le poche rese note di Mancuso, che ai magistrati nel 2018 aveva riferito dei metodi di Ascone: «Ascone – ha messo a verbale Mancuso- aveva interesse ad acquisire i terreni di proprietà dei vicini e, per timori circa possibili misure di prevenzione nei suoi confronti, era solito pagarli prima in contanti, per evitare la tracciabilità dei pagamenti, lasciarli formalmente intestati agli originari proprietari, per acquisirli successivamente attraverso l’usucapione. Per quanto a mia conoscenza, i proprietari dei terreni erano consenzienti».