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 2021  gennaio 06 Mercoledì calendario

QQAN30 Intervista a Federico “Ghigo” Renzulli

QQAN30

Federico “Ghigo” Renzulli è uno dei chitarristi più rappresentativi del rock italiano, fondatore e unico membro fisso dei Litfiba, la più longeva rock band italiana. Nella sua recente autobiografia, 40 anni da Litfiba (Arcana), si mette a nudo, raccontando la storia della band, che è anche la sua.
Le sue radici musicali, punk, post-punk e new wave, risalgono alla sua esperienza londinese nel 1977, quando ha vissuto la nascente scena punk, facendo anche uso di droghe e vivendo negli squat. Rimpiange qualcosa di quella “vita spericolata”?
No. Ricordo quegli avvenimenti con estremo piacere, ma non rimpiango niente. Sono state esperienze forti e importanti per la mia formazione, che hanno contribuito a costruire la mia personalità odierna, in cui mi sento perfettamente realizzato.
Nel 1979 ha formato con Raf il suo primo gruppo ufficiale, i Cafè Caracas, con i quali ha suonato in apertura al concerto dei Clash il 1° giugno 1980 a Bologna. Che ricordo ha? 
Dei Clash ricordo solo l’esibizione. Joe non l’ho mai conosciuto e l’ho visto solo da lontano, quando è salito sul palco. Ebbero un atteggiamento molto riservato e non socializzarono con nessuno.
Il 6 dicembre 1980 nascono ufficialmente i Litfiba con il primo concerto al Rokkoteca Brighton di Settignano, Firenze…
Il locale era piccolo e stracolmo di gente con un palco basso e minuscolo. Ricordo soprattutto l’energia della serata abbinata a un enorme bagno di sudore.
I Litfiba cominciarono a provare nella mitica cantina di via de’ Bardi n. 32 a Firenze, da cui il nome della band. Che fine ha fatto quel locale?
Il locale esiste sempre e fino a poco tempo fa c’era un gruppo che provava. Già da diversi anni è diventato un luogo di culto e di pellegrinaggio da parte di tutti i fan che regolarmente tappezzano la facciata esterna di scritte e murale.
Uno dei vostri storici batteristi era Ringo De Palma, purtroppo prematuramente scomparso nel 1990…
Ho un dolce ricordo. Era dotato di una grande personalità artistica, allegra, solare, creativa e sensibile. Quando c’era malumore nella band bastava una sua battuta e gli animi si rasserenavano.
Uno dei membri fondatori della band è stato Gianni Maroccolo, storico bassista dei Litfiba fino al 1990 (poi nei Cccp e nei Csi). Ha mai pensato di riformare il vecchio nucleo con Maroccolo e Aiazzi?
L’ho già fatto nel 2013 per l’avventura Trilogia 1983-1989 e spero che le nostre energie ritrovino ancora la quadratura giusta per poterlo rifare.
Il suo rapporto con Piero Pelù ha fatto affiorare contrasti e divergenze che hanno portato alla rottura: Pelù ha un’anima più pop, lei invece è ancora legato alle vecchie radici rock. È ancora così?
Direi ancora di più. Il rock è uno stile di vita e un modo di essere, sicuramente un po’ in declino, visto il generale appiattimento di pensiero causato dalla Rete. Ma la voglia di essere fuori dagli schemi e di pensare con la propria testa è sempre forte, viva e vegeta.
No.Vox è il suo nuovo progetto musicale, aperto a sperimentazioni strumentali, in cui mette insieme le sue radici e passioni. Come intende svilupparlo e in che modo può interagire con la musica dei Litfiba?
No.Vox è un nuovo progetto artistico a 360 gradi, destinato a svilupparsi nel tempo. Non ha impedimenti temporali, dato che la musica strumentale si può suonare nei teatri e non c’è alcun problema con i Litfiba, poiché i due progetti non sono assolutamente concorrenziali.
L’ultimo album dei Litfiba, Eutòpia, è uscito nel 2016. Sta scrivendo altro con la band?
I Litfiba attualmente sono in pausa. Sono un compositore e il materiale che compongo si divide in due categorie ben distinte: quello adatto ad essere strumentale, che verrà utilizzato nel progetto No.Vox e quello adatto all’inserimento di un cantante, che per ora rimane in magazzino e che verrà utilizzato per i Litfiba o per ulteriori progetti con altri interpreti.