Corriere della Sera, 6 gennaio 2021
Mr. Bean va in pensione
La commedia può essere «un peso», perché far ridere «è una responsabilità». Rowan Atkinson è stanco, soprattutto di Mr. Bean: a 66 anni – che compie proprio oggi – l’attore sceneggiatore spera di chiudere presto con quello che è il suo personaggio più famoso.
Se continuerà a prestare la voce al cartone animato, che è in fase di realizzazione, Atkinson non ha intenzione di calarsi nuovamente nei panni di una creazione che, dal piccolo schermo britannico, è arrivata in tutto il mondo. Basato su esperienze personali – Atkinson combatte con la balbuzie da quando era bambino – Bean è essenzialmente un buono, un uomo ingenuo e infantile che suo malgrado finisce spesso nei guai. Sono bastati 15 episodi, andati in onda in Gran Bretagna tra il 1990 e il 1995, per dare vita a un fenomeno senza tempo che ha conquistato 245 paesi. Due film per il cinema – a dieci anni di distanza l’uno dall’altro – e decine di comparse, da pellicole come Quattro matrimoni e un funerale alla cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Londra, hanno confermato la freschezza e la longevità della carica comica di Mr. Bean, basata poco sulle parole e molto sulle espressioni e i movimenti del suo creatore e interprete.
Un approccio fisico che ha un costo. Se Mr. Bean, inventato quando Atkinson stava finendo un master in ingegneria all’università di Oxford, segue la tradizione del cinema muto e di attori come Peter Sellers in La pantera rosa, «è molto più facile dargli la voce» piuttosto che il viso e il corpo. «Non mi piace tanto interpretarlo», ha sottolineato Atkinson al Radio Times. «Il peso della responsabilità non è piacevole. Lo trovo stressante e stancante, spero che finisca presto». Il ruolo che più lo ha divertito? Blackadder, la sitcom britannica che lo ha visto al fianco di Baldrick, l’attore Tony Robinson, per quattro stagioni e che regolarmente è votata tra i programmi televisivi più apprezzati di tutti i tempi.
L’impressione di Atkinson è che realizzare contenuti freschi e innovativi stia diventando sempre più difficile. «Non c’è molto che mi faccia ridere in televisione in Gran Bretagna, al momento». Preferisce «formati tradizionali», guarda vecchi episodi di sceneggiati statunitensi come Friends o The Bing Bang Theory. «Il problema – ha spiegato – è che su Internet abbiamo un algoritmo che decide ciò che vogliamo guardare e che alla fine crea una visione semplicistica e bidimensionale della società». È importante, invece, essere esposti a opinioni contrastanti: i social lo riempiono «di paura per il futuro» per via del linciaggio riservato a chi ha idee diverse. «Sembra che si possa essere solo con o contro. Se sei contro allora meriti di essere “cancellato”, zittito. È come la folla nel Medioevo in giro per le strade alla ricerca di qualcuno da bruciare al rogo. Per chi è vittima di questi gruppi l’esperienza è terrificante». Atkinson, che è più volte sceso in campo a favore della libertà di parola, ha sottolineato di essere «contrario all’idea di non poter esprimere giudizi che potrebbero offendere qualcuno»: «Non vedo perché non dovrei avere il diritto di dire qualcosa solo perché qualcun altro è contrario. Mi sembra un concetto fondamentale per la nostra libertà».