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 2021  gennaio 06 Mercoledì calendario

La nuova corsa al ritocchino

Sotto la mascherina il botox. Sotto la felpa della tuta, outfit d’ordinanza per chi lavora da casa, una quarta coppa “C” nuova di zecca. Tra i lasciti e gli strascichi di questo orrido 2020 c’è anche questo: una valanga di interventi di chirurgia estetica e plastica. Minilifting per ottenere uno sconto sugli anni, “punturine” per spianare la fronte, blefaroplastica per combattere la palpebra calante. Un boom che negli ultimi mesi ha registrato un aumento di “ritocchi” tra il 25 e il 30 per cento. Trend che ha spiazzato persino gli addetti ai lavori.
«Alla fine del primo lockdown eravamo molto preoccupati – racconta Giulio Basoccu, chirurgo plastico che a Roma ha un frequentatissimo studio in via di Campo Marzio – avevamo paura ci sarebbe stato un calo di fatturato con la gente costretta a fare i conti con le difficoltà economiche, cose più importanti da fare e paure da tenere a bada. E invece appena il coprifuoco è finito, il telefono ha cominciato a squillare. E non ha più smesso».
Zampe di gallina da “asfaltare” come antidoto alla paura del Covid? Momento di “vita sospesa” ideale per pensare di più a se stessi? O riunioni di lavoro in remoto, con la telecamera accesa che hanno messo in evidenza borse, occhiaie e codice a barre attorno alle labbra? Cosa ha scatenato in tempi di Covid questa ricerca dell’elisir di giovinezza? «Hanno inciso tutti e tre gli elementi, ma un ruolo importante lo ha avuto la mascherina – racconta Marco Gasparotti, il re della mastoplastica. – Specialmente per quanto riguarda i filler, che a volte possono lasciare dei piccoli lividi sul viso. Indossarla, sapendo di poter nascondere le ecchimosi comprese quelle post operatorie, ha invogliato molte persone a mettersi nelle mani del chirurgo».
Emanuele Bartoletti è presidente dell’Associazione italiana medici estetici. Secondo lui l’impennata di ritocchi è dovuta a tre motivi. «Si sta chiusi in casa e quindi ci si specchia di più, notando inevitabilmente la ruga che è diventata profonda o il doppio mento che proprio non ci piace. Alcune categorie poi, hanno messo qualche soldo da parte non spendendo in cinema, ristoranti e teatri e hanno deciso di investire in altre cose, compreso l’aiutino per apparire più giovani. Infine, in questo periodo in cui molti sono in smart working, la ripresa post intervento può essere più rilassata: non si deve fare vita sociale, quindi niente scuse da inventare per giustificare lividi e cerotti in ufficio o incontrando amici e parenti». La percentuale di uomini e donne che si stanno rivolgendo al chirurgo estetico per sentirsi più belli e giovani è rimasta però identica a prima: 90 per cento femmine, 10 per cento maschi.
Nello studio di Maurizio Valeriani, a ridosso del Tevere nel quartiere romano Delle Vittorie, i pazienti entrano da una porta al piano terra e escono da un’altra. Parola d’ordine: privacy. Mai farsi beccare col “botox in bocca”. Ma in sala d’attesa una signora sui 40 anni, rigorosamente senza dare nome e cognome, accetta di rispondere alla domanda: «Perché proprio ora?». «Perché dopo tanti mesi di angoscia ed ansia – dice volevo fare qualcosa per me. Non mi piaceva più vedere la mia immagine “stropicciata” che rimandava la telecamera del pc durante le riunioni su Teams».
Anche il target, in questi mesi, ha cambiato volto. «Tra i pazienti – continua Valeriani – ci sono persone che mai prima d’ora erano ricorse alla chirurgia estetica, perché magari il budget familiare non lo consentiva. E che ora, senza più viaggi o abiti da comprare, è riuscita a mettere dei soldini da parte e a soddisfare il desiderio di piacersi di più. Arrivano tanti impiegati».
Secondo l’Isaps, l’International society of aesthetic plastic surgery, nel 2018 in Italia ci sono stati 1.009.200 procedure estetiche. Nel 31, 8 per cento dei casi ci si è sdraiati sul lettino, tra anestesie e bisturi, per sottoporsi a veri e propri interventi chirurgici; nel 68,2 per cento si è ricorsi invece a filler di vitamine, acido ialuronico o botulino.
A fare da deterrente neanche la paura del Covid. «Noi chirurghi lavoriamo in piena sicurezza – precisa Valeriani – igienizziamo in continuazione gli ambienti e facciamo fare il test antigenico a chiunque prima di entrare negli ambulatori e, in caso di degenza, anche un tampone dopo la dimissione».