Il Sole 24 Ore, 5 gennaio 2021
Il Recovery Plan della Spagna
In tutto 140 miliardi di euro da mettere in circolo, senza perdere tempo, anche con leggi straordinarie, per sostenere le imprese, l’occupazione, le famiglie e ripensare l’intera economia spagnola. Il piano del governo di Pedro Sanchez è ambizioso e non ha precedenti come, del resto, non esiste un precedente alla crisi economica e sociale causata dal coronavirus. E difficilmente si ripresenterà per Madrid l’occasione di utilizzare tanti fondi europei – soprattutto Next Generation Eu e Sure – senza (almeno per il momento) curarsi delle ripercussioni sui conti pubblici.
«Questo dovrà essere l’anno della rinascita, non c’è un minuto da perdere, quello che abbiamo in mente – ha detto Sanchez nell’ultimo Consiglio dei ministri del 2020 – non è solo un piano per la ripresa dell’economia ma una svolta per ripensare e ricostruire l’intero Paese».
Il governo, mentre affronta l’emergenza sanitaria ed economica, sta tentando di avviare due riforme sul tavolo da anni: quella del lavoro, per sanare la spaccatura tra lavoratori protetti e precari; e quella istituzionale, rivedendo i rapporti tra Stato e Regioni, per rispondere alle rivendicazioni della Catalogna, ma anche per migliorare la spesa pubblica in sanità e scuola, in gran parte decisa dalle autonomie regionali.
Il «piano di ripresa, trasformazione e resilienza dell’economia spagnola» – così definito da Sanchez – sarà sostenuto, secondo le stime di Madrid, da circa 72 miliardi di aiuti diretti e da almeno 68 miliardi di prestiti concordati con i partner europei per i prossimi sei anni: 140 miliardi che equivalgono a più dell’11% del Pil. «Entro il 2023 – promette il leader socialista – verranno utilizzati 72 miliardi di euro, 27 miliardi di euro sono già stati inseriti nella legge di bilancio appena approvata: subito quindi metteremo in circolo i fondi che la Ue ci metterà a disposizione». Gli effetti sull’economia – sempre secondo le analisi della Moncloa – dovrebbero essere immediati, con l’aggiunta di circa 2,5 punti percentuali di Pil all’anno nei prossimi tre anni, e la creazione di almeno 800mila nuovi posti di lavoro nello stesso periodo.
Il 37% dei fondi che la Spagna riceverà dall’Unione europea saranno utilizzati per la transizione verde, con misure specifiche destinate a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili (sostenendo le fonti rinnovabili e la mobilità elettrica), a migliorare l’efficienza energetica, a investire nella conservazione e nel ripristino del capitale naturale. Almeno il 33% degli aiuti europei servirà invece a realizzare la trasformazione digitale: tecnologia e innovazione nelle imprese private, rinnovamento della pubblica amministrazione, servizi cloud, tecnologie 5G, big data.
La Spagna è stata travolta dal Covid-19: ad oggi, nonostante il lockdown e le misure di contenimento, si contano quasi due milioni di persone contagiate dal virus e oltre 51mila morti: la seconda ondata si sta rivelando anche più dura della prima e, come in tutto il continente, si teme che le festività di fine anno possano far aumentare ulteriormente i contagi tra gennaio e febbraio.
L’economia spagnola, la quarta della zona euro, è stata la più colpita dalla pandemia, a causa della sua dipendenza dal turismo e dai servizi: lo stesso governo di Madrid ha ammesso che «la contrazione del Pil nel 2020 sarà superiore al 10%», mentre per la Banca centrale il tasso di disoccupazione, in mancanza di correttivi e politiche adeguate per il lavoro, potrebbe salire fino al 20% entro il 2022.
Nel 2020, il turismo (che vale il 12% del Pil e con le attività ad esso collegate dà lavoro a 2,7 milioni di spagnoli) ha visto scomparire metà del suo fatturato. I fornitori del settore automotive (che contribuisce al Pil per il 10% e occupa assieme all’indotto oltre due milioni di persone) hanno perso almeno il 30% dei loro ricavi.
Bisogna intervenire senza sprechi e con rapidità. Ecco perché le linee guida approvate la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri prevedono che il governo anticipi il 50% dei fondi associati a ciascuno dei progetti da finanziare con risorse comunitarie prima dell’inizio della loro esecuzione. Le attività saranno gestite dal Consiglio dei ministri ma Sanchez ha di fatto accentrato su di sé (e sui suoi fedelissimi, attraverso un mini rimpasto nell’esecutivo) la valutazione dei progetti e il controllo della loro realizzazione, escludendo tutti i ministri di Podemos tranne Yolanda Diaz, responsabile del Lavoro.
Per ottenere il massimo dagli aiuti, l’esecutivo ha poi deciso di favorire la creazione di grandi gruppi e consorzi pubblico-privati ??per lo sviluppo dei progetti. È stata inoltre semplificata la procedura per gli appalti pubblici, ci saranno bonus, basati sul raggiungimento degli obiettivi, per i funzionari che gestiscono i progetti, e sarà possibile assumere figure specifiche, se necessario, per promuovere il piano di ripresa.
«L’emergenza sanitaria non è risolta, c’è molta incertezza, le imprese sono in difficoltà e l’impatto negativo in termini di benessere sociale sarà ancora maggiore rispetto a quello segnalato dal crollo del Pil», spiega Rafael Domenech, analista di Bbva Research. «Certo, tornerà la ripresa, quest’anno – aggiunge Domenech – l’economia della Spagna potrà crescere di circa il 6% ma l’intensità e la durata della crescita dipenderanno dal successo delle politiche attuate. Se la ripresa arriverà con ritardo, molte imprese non riusciranno a far fronte ai loro debiti e falliranno».