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 2021  gennaio 05 Martedì calendario

Il Recovery Plan della Francia

La Francia ha voluto andare oltre. Il suo piano di ripresa non si limita alle risorse, 40 miliardi, messe a disposizione dall’Unione europea.  France Relance è un programma da 100 miliardi, che ha definito fin da subito la data del rientro dal debito aggiuntivo, il 2025; e che, soprattutto, è frutto di un progetto strategico e integrato di lungo periodo.
L’epidemia ha solo cambiato il focus degli interventi francesi: lo sviluppo prioritario dei “campioni nazionali” vecchi e nuovi si accompagna ora a un forte sforzo verso le piccole e medie imprese, e verso i comuni – spesso piccolissimi, sparsi in un’immensa, amatissima, campagna – che sono state la culla delle proteste un po’ sterili, ma frutto di un lungo malessere, dei Gilet Jaunes
A colpire è soprattutto la stretta relazione degli obiettivi del piano. L’energia è da sempre – insieme all’agricoltura – uno dei perni su cui ruota la politica industriale di Parigi, da sempre attenta alla propria indipendenza strategica. Il nucleare ha per esempio permesso alla Francia di diventare un forte esportatore di energia: la Gran Bretagna, d’inverno, non potrebbe farcela senza le importazioni da oltre Manica. Da qualche tempo energia e agricoltura viaggiano inoltre insieme: Parigi parla di Transizione energetica, che presuppone anche lo sviluppo di nuove tecnologie e, nello stesso tempo è il tentativo – con risultati per ora non brillanti – di accreditarsi come “Paese verde”, a vantaggio del suo soft power.
Ecco allora che France relance, senza abbandonare il nucleare – al quale sono destinati 470 milioni, anche per lo sviluppo dei piccoli reattori modulari, più sicuri – punta molto su una decarbonizzazione che è anche un tentativo di ridurre ulteriormente la dipendenza dai produttori di fonti energetiche. 
I 6,7 miliardi destinati al rinnovamento energetico degli edifici privati e pubblici e gli 1,2 miliardi per aiutare le industrie a inquinare di meno hanno però anche la funzione di coinvolgere (e aiutare) le piccole e medie imprese, e di far arrivare gli aiuti dovunque nel Paese. Analogamente, gli 1,2 miliardi per lo sviluppo dei mezzi di trasporto collettivi (e dell’uso delle biciclette) e i 4,7 miliardi di sostegno al settore ferroviario, puntano anche a meglio servire i numerosi pendolari, non solo della cintura parigina ma anche delle campagne e dei villaggi, sempre più penalizzati: le imprese si spostano sempre più vicino ai grandi centri, lontano dai piccoli comuni. I fondi per un miliardo destinati dal piano alla rilocalizzazione (anche dall’estero) sono in buona parte (400 miliardi) destinati a ripopolare dal punto di vista industriale i “territori”. Alle stesse aree sono destinati anche 2,5 dei 6 miliardi per nuovi investimenti nel settore sanitario, con l’obiettivo di aumentare l’offerta: il désert médicale è forse, da decenni, il più grave problema sociale francese. Cinque miliardi andranno agli enti locali per coprire i mancati ricavi e finanziare gli investimenti.
Rispondono allo stesso obiettivo dell’indipendenza energetica i sette miliardi destinati all’idrogeno verde, ormai un progetto europeo, che hanno anche la funzione di sviluppare un settore nascente, in Francia. Ecologia è la parola d’ordine anche per gli interventi nell’agricoltura: i 2,5 miliardi destinati alla tutela della biodiversità hanno anche la funzione di preservare la qualità del suolo e di adattare il settore al cambiamento climatico.
Alla stessa esigenza di assicurare l’indipendenza nazionale (all’interno di un mercato europeo) vanno collegati gli investimenti sulle “tecnologie dell’avvenire”, pari a 11 miliardi fino al 2022. La ricerca medica, le produzioni di prodotti sanitari – la Francia, come molti altri Paesi, si è ritrovata “nelle mani” dei fornitori cinesi durante la pandemia – tutte le tecnologie “digitali”, tra le quali l’intelligenza artificiale, sono al centro dell’attenzione del piano, ed è evidente la rilevanza anche militare (il piano parla per esempio di “sovranità alimentare”) di questi settori. Il lancio nei giorni scorsi, all’interno del piano, del progetto “5G sovrano” – in implicita contrapposizione con quello “cinese” – a favore delle imprese private, con sede a Lannion, la mini Silicon Valley francese, dove ci sono le filiali di Nokia, Orange, Alcatel, Sagem, France Télécom R&D, dà il senso di come si muova la Francia. 
Una porzione importante del piano è inoltre destinata a curare le “ferite di lungo periodo” inferte dalla recessione epidemica. Le imprese francesi hanno affrontato la crisi con un elevato indebitamento, un problema che si trascina da anni e che ha spinto Macron a rendere il Paese più attraente per i capitali internazionali. Il piano prevede ora, per il rafforzamento dei mezzi propri delle piccole e medie imprese, tre miliardi che finanzieranno una garanzia pubblica per gli investimenti. BpiFrance concederà inoltre tra i 10 e i 20 miliardi di prestiti subordinati. Per favorire la gestione corrente delle imprese saranno inoltre ridotte in modo permanente, dal 1° gennaio, alcune imposte sulla produzione per un totale di 10 miliardi.
L’altra grande ferita è lo scollamento che si creerà tra lavoratori inattivi e domanda di lavoro: 7,6 miliardi sono destinati al mantenimento dell’occupazione, 1,6 miliardi serviranno ad aumentare l’offerta formativa per i giovani, un miliardo per gli attivi; mentre un totale di 3,2 + 1,3 miliardi serviranno a favorire l’ingresso nel mondo del lavoro, dei quali 3,2 miliardi per minori di 26 anni e portatori di handicap.