Il Messaggero, 5 gennaio 2021
Google scopre il sindacato
Dopo anni di lotta clandestina e frustrata, il movimento sindacale statunitense ha aperto una breccia al vertice di una delle big dell’hi-tech. Una cellula delle union sponsorizzata dal sindacato nazionale Cwa è stata formata da 230 impiegati di Google e della casa madre Alphabeth, per lo più localizzati nella baia di San Francisco. L’evento ha una portata storica: finora tutte le aziende del settore, che collettivamente garantiscono l’impiego di oltre tre milioni di persone negli Usa, sono riuscite a tenere i sindacati fuori dalla porta, con l’aiuto di leggi statali garantiste per le imprese e la consulenza di società specializzate nel respingere la penetrazione. Il successo è stato ottenuto con una formula inedita. Normalmente un gruppo di lavoratori che vogliono costituirsi in sindacato deve far richiesta all’agenzia federale Nlrb, la quale indice un elezione nell’azienda. Se la maggioranza dei lavoratori vota a favore l’intera struttura diventa sindacalizzata, e da quel momento tutte le contrattazioni diventano collettive. La cellula di Alphabeth ha scelto di non sottoporsi a un voto che probabilmente l’avrebbe vista soccombere, e si è costituita in forma privata, con l’appoggio esterno della Cwa. Gli aderenti devolveranno l’1% delle paghe a un fondo per la spesa comune, incluso il salario dei delegati, i quali avranno poteri limitati di negoziato. Il risultato è comunque rilevante, perché stabilisce un primato destinato a influenzare i lavoratori di altre industrie di settore, che da anni lottano senza successo per raggiungere l’obiettivo. Alle spalle dei lavoratori dell’It c’è una gig economy che interessa 53 milioni di lavoratori non garantiti, che da anni premono per fare ascoltare la propria voce in un paese, gli Usa, ancora relativamente poco aperto all’idea. Nelle elezioni presidenziali di novembre un referendum incluso nelle schede in California chiedeva il riconoscimento del rapporto di dipendenza per gli autisti che guidano auto Uber e Lyft. Il 60% degli elettori dello stato, in gran parte democratici, hanno deciso che i tassisti privati devono restare contrattisti indipendenti.