ItaliaOggi, 5 gennaio 2021
Periscopio
I migliori sindaci di Milano sono stati Tognoli e Albertini. Paolo Pillitteri, ex sindaco di Milano (Giannino della Frattina). il Giornale.
La Lezzi (per capirci: quella che portò in aula l’apriscatole, perché i grillini promettevano di aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno) ha annunciato che alla fine marceranno compatti dietro a Conte, a parte un paio di loro, e forse la Vanin, che sembra non parteciperà al voto. Fabrizio Roncone. Corsera.
Matteo Renzi, nato democristiano e detto non a caso il rottamatore, ha per obiettivo di rottamare i residui del Pci nel Pd per cui ha autorizzato la battuta. «Se prima i comunisti mangiavano i bambini, adesso sono i bambini che mangiano i comunisti». Enrico Deaglio, Patria. Feltrinelli.
Lapo Elkann somiglia al nonno Gianni. Genialoide, fantasioso, creativo. Ha gestito bene le sue disavventure. Il vizio rende più umani. Jas Gawronski, giornalista (Giancarlo Perna). Libero.
Chi conosce bene Conte, non si stupisce affatto della brusca frenata sul suo partito personale che invece ha mandato su tutte le furie Rocco, il quale, comunque, sta portando avanti questo bluff come deterrente contro le elezioni. Conte, sin dai primi passi nelle università, è sempre stato infatti il tipico «uomo beta» che si è fatto le ossa all’ombra di «uomini alfa»: nel mondo accademico e della libera professione legandosi, per laurearsi, a Giuseppe Ferri, che poi ha subito abbandonato, e a un fuoriclasse del diritto come Guido Alpa, che l’ha protetto, difeso e valorizzato. Lo stesso discorso vale nella Chiesa, dove in questo caso l’alfa in tonaca è stato il cardinal Achille Silvestrini. In politica, i personaggi a cui si è attaccato come una mignatta sono stati, nell’ordine, Alfonso Bonafede ma soprattutto Luigi Di Maio, in seguito quasi ripudiato, Davide Casaleggio, mandato alle ortiche, Matteo Salvini, oggi schifato, poi, alla bisogna, Matteo Renzi, con il quale è finito a pesci in faccia, Nicola Zingaretti e, da sempre, Sergio Mattarella. Tutti quanti, oggi pentitissimi, gli hanno permesso di crearsi una certa aurea personale a danno degli italiani, dei conti pubblici e dei rapporti internazionali. Luigi Bisignani. Il Tempo.
Al governo manca una qualsiasi visione del paese che dobbiamo diventare. Non si è articolata nemmeno la bozza di un percorso credibile di riforme se non l’enunciazione del tutto vacua di slogan come la digitalizzazione, l’inclusione, i giovani ma anche gli anziani, la crescita ma anche non lasceremo nessuno indietro, i «ristori» alle imprese ma anche le famiglie, i rubinetti ma anche i presepi. Non c’è nulla di nuovo. Il vuoto assoluto. Manca un’analisi seria (ma anche poco seria…) dei motivi per i quali l’Italia non cresce e accumula debito da 25 anni, una consapevolezza della crisi demografica, un approfondimento della crescente spaccatura tra garantiti e no, tra Nord e Sud, tra Stato e mercato. Giovanni Cagnoli. L’inkiesta.
Può essere anche che quest’idea tardo novecentesca di democrazia non sopravviva, ma comunque la base della democrazia è che milioni di persone si organizzavano in gruppi, movimenti, partiti, e in questo modo partecipavano di decisioni collettive. Naturalmente alla fine le decisioni sono dei capi: il problema è se prima passino per un processo collettivo, oppure se siano scelte dettate da logiche interne al ceto politico. Ecco il vero discrimine: e questa roba qua, il sistema dei partiti la faceva. Il Pci aveva quasi 2 milioni di iscritti, la Dc una milionata, nel Psi mezzo milione, il Msi non lo so, poi metti il sindacato: alla fine, almeno 10 milioni di italiani con una tessera, una volta l’anno, erano coinvolti in qualcosa, un’assemblea, un congresso, un volantinaggio. Quest’esercito è la democrazia, questi milioni, non il voto. E non c’è più. Fabrizio Rondolino, scrittore autore de Nostro Pci (Susanna Turco). l’Espresso.
Con noi figlie, mio padre Alcide era dolcissimo. Se combinavamo qualcosa, mamma ci avvisava: «Lo dico a papà!». Ma noi eravamo tranquille perché sapevamo che papà non ci avrebbe fatto niente. Io ero innamoratissima di lui. A tavola mia madre sedeva alla sua destra, io alla sua sinistra. Appena lui diceva qualcosa, io aggiungevo: «Ha ragione papà!». Maria Romana De Gasperi (Aldo Cazzullo). Corsera.
Forse sì, mi piacerebbe fare l’allenatore di calcio. Fare il sindaco, poi, ci somiglia un po’: da solo non combini nulla, devi saper far giocare un mucchio di persone. Credo che come allenatore sarei però molto reazionario: «Primo, non prenderle», la difesa è il fondamento della casa, addosso ai migliori avversari à la Trap, e poi velocità: scattare appena possibile in profondità, alla Maldini e alla Donadoni. Così si vincono i campionati del mondo, se non hai i Nordahl, i Liedholm, i Van Basten, i Gullit, i Messi e i Maradona. Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia (Valentina De Salvo). la Repubblica.
Nei secoli hanno parlato al maschile la politica, la cultura, l’economia, le armi, il potere. E le donne? Hanno attraversato i secoli in silenzio, lasciando pochissime tracce della propria voce: di rado hanno avuto diritto di parola. Che poi vuol dire di scelta, di rappresentanza di sé e delle proprie istanze. Le cose adesso sono cambiate, per fortuna: le donne votano, parlano, scelgono. In un mondo sempre più complesso e articolato, sembrano addirittura più adatte, dotate come sono di capacità di mediazione, di diplomazia, che spesso mancano all’indole maschile. Maurizio Pilotti. Libertà.
Ma mentre a San Candido io e mio padre contemplavamo le danze tirolesi si avvicinò un giovanissimo soldato alpino, forse diciott’anni. Si fermò davanti mio padre e, rosso di timidezza, domandò: «Signore, posso chiedere a sua figlia di ballare con me?». Ricordo bene la tua faccia di ex alpino: come si allargò in un sorriso. Io invece, sbalordita (nessuno mi aveva mai invitato a ballare), sentii le guance avvampare. «Ma certo che potete ballare, volentieri», hai risposto. Mentre io, sprofondando di vergogna, balbettavo: «No, no, grazie…», e ti trascinavo via dalla piazza. «Ma perché? Non c’è nulla di male a ballare», protestavi tu. Io, muta e cupa in un silenzio adolescenziale, me ne sono tornata in camera, in albergo. Mi sono guardata nello specchio: così secca, con quelle gambe da fenicottero e quelle guance tonde, infantili, chi poteva considerarmi una donna e invitarmi a ballare? Quell’alpino mi aveva presa in giro – e tu, papà, pensavo furiosa, non capivi proprio niente. Marina Corradi, scrittrice. Gazzetta di Parma.
Ah se potessimo confessare alla nostra donna quanto ci mancava mentre facevamo l’amore con un’altra. Roberto Gervaso.