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 2021  gennaio 04 Lunedì calendario

Quarant’anni di dinastia Abbagnale

Abbagnale. Fino a 40 anni fa era una famiglia di agricoltori, impegnata nella coltivazione dei fiori, i gladioli. Dal 1981 questo cognome è diventato il simbolo di una dinastia remiera che ancora oggi sogna e lavora per avere l’ultimo erede presente ai Giochi di Tokyo. Prima Giuseppe, Carmine e Agostino. Oggi Vincenzo, figlio del primo dei tre fratelli. Un lungo romanzo della famiglia d’oro del canottaggio italiano iniziato 40 anni fa nella casa di Messigno, una frazione di Pompei. Da lì sono partiti Giuseppe e Carmine per il loro primo trionfo internazionale ai Mondiali di Monaco di Baviera nel 1981. A loro si è poi aggiunto il fratello minore Agostino e dal 2013 sono arrivati i successi di Vincenzo. Il 27enne portacolori della Marina Militare da giovedì prenderà parte a Piediluco al primo raduno azzurro del gruppo olimpico. «Qualificarsi per Tokyo a 40 anni dalla prima vittoria mondiale di papà e zio Carmine sarebbe una bella occasione per rinverdire i fasti della nostra famiglia» racconta Vincenzo Abbagnale.

L’anno chiave
Il 1981 è il punto di non ritorno della dinastia Abbagnale con la vittoria mondiale nel due con. «Nel 1980, quando tornai dai Giochi di Mosca dove avevo gareggiato con Dell’Aquila (7° posto nel due con, ndr), partecipai ai campionati italiani Senior B (oggi chiamati Under 23, ndr) insieme a mio fratello Carmine. Vincemmo ma mai avrei pensato che a livello internazionale potessimo competere subito con i colossi dell’est. Noi, due ragazzi di un piccolo circolo campano – racconta Giuseppe Abbagnale, portabandiera azzurro a Barcellona nel 1992 -. A Monaco arrivò la consacrazione, la vittoria che ricordo con più affetto perché è stata la prima di una lunga serie». Il primo di 17 titoli mondiali per la famiglia Abbagnale e 9 medaglie olimpiche. Risultati raggiunti grazie al talento, alla determinazione ma soprattutto alla cultura del lavoro portato avanti rispettando il “codice La Mura” (la metodologia d’allenamento voluto dallo zio medico). E con tanta determinazione. La stessa che permette a Giuseppe, napoletano d’origine, di raccontare fiero la propria fede nerazzurra tanto che un giorno all’aeroporto di Roma di ritorno da una gara internazionale gli fu negato il saluto dai tifosi del Napoli: «Non salutatelo a quello, ho sentito in tv che è tifoso dell’Inter. Sono cresciuto con i racconti della squadra di Herrera. Mazzola, Corso, Facchetti, sono stati l’orgoglio italiano in campo internazionale» sottolinea l’attuale presidente Federale. 

Apoteosi Seul
Il culmine di questo romanzo sportivo viene scritto in Corea del Sud. Alle Olimpiadi di Seul del 1988 dove partecipano tutti e tre i fratelli: Giuseppe e Carmine per confermarsi dopo l’oro di Los Angeles del 1984, Agostino alla sua prima avventura ai Giochi sul quattro di coppia. «È stata la giornata d’oro della nostra famiglia – ricorda Carmine -. Tre fratelli partiti per un’Olimpiade e tornati con tre medaglie d’oro vinte nello stesso giorno. Straordinario. Io e Giuseppe con Di Capua timoniere abbiamo rivinto l’oro nel due con e meno di un’ora dopo Agostino ha trionfato nel quattro di coppia».

Nel nome del nonno

L’ultimo capitolo della storia proverà a scriverlo Vincenzo Abbagnale. Il 27enne proverà a contribuire alla qualificazione olimpica dell’otto. Per la famiglia Abbagnale sarebbe l’undicesima volta ai Giochi dopo le 4 di papà Giuseppe e le 3 degli zii Carmine e Agostino. «Tutta la famiglia spera in questa cosa – racconta Carmine, oggi consigliere del Circolo Nautico Stabia -. Non sarà facile però perché ci saranno solo due carte nel preolimpico di Lucerna. Ma tutti noi siamo cresciuti con la disciplina del lavoro e finché c’è una possibilità sono sicuro che Vincenzo darà il massimo per raggiungere questo traguardo». La chiusura di un cerchio. Vincenzo Abbagnale ai Giochi, nel nome del nonno scomparso l’anno scorso, il coltivatore di gladioli che ha fatto sbocciare i fratelli d’oro del canottaggio azzurro.