La Stampa, 4 gennaio 2021
Il ritorno di Arsenio Lupin (con un attore nero)
La quintessenza dello charme malandrino alla francese. La sintesi perfetta tra le innegabili attrattive del malfattore avventuroso e il fascino del gentiluomo esperto in baciamano. Riprendere un caposaldo della letteratura d’oltralpe, Arsenio Lupin, il personaggio inventato da Maurice Leblanc nel 1905, poteva essere impresa pericolosa, ma i creatori della nuova serie Netflix hanno puntato tutto su un asso nella manica che risponde al nome di Omar Sy, l’attore protagonista del film fenomeno Quasi amici. Un passaporto di successo, che ha permesso la rilettura originale di una figura già più volte rappresentata e re-interpretata, un gancio per nuovi spettatori, nel segno di quella tendenza «all black» che sta finalmente contagiando l’immaginazione degli autori del mondo.
Nella serie (disponibile dall’8 e prodotta da Gaumont Télévision) Sy ha il vero nome del celebre Lupin, Assane Diop, lo stesso del padre, ingiustamente accusato, 25 anni prima, di un crimine che non aveva mai commesso. Per vendicarlo, sullo sfondo di una Parigi scintillante, tra Louvre e Tour Eiffel, il protagonista adotterà, come testo guida, il libro intitolato Arséne Lupin, ladro gentiluomo, acquistando, passo dopo passo, metodo, spirito e talento del celebre «gentleman cambrioleur»: «Sono felice - ha fatto sapere l’attore - di avere l’occasione di entrare nei panni di un personaggio carismatico come Arsenio Lupin. Si tratta di una trasposizione moderna e del tutto imprevedibile».
Della serie, creata da George Kay con François Uzan e diretta da Luois Leterrier e Marcela Sid, sarà presentato un primo ciclo da 5 episodi intitolato Dans l’ombre d’Arsène: «Quando ho accettato il ruolo non ho certo pensato al colore della pelle - ha spiegato Sy -. Interpretare personaggi che in passato sono stati affidati ad attori bianchi può servire a contrastare i pregiudizi, anche se io sono convinto che la scelta migliore sia sempre restare me stesso».
Con Sy, in Lupin, recitano Nicole Garcia, Ludivine Sagnier, Clotilde Hesme, Hervè Pierre. Nomi noti, arruolati per rimettere mano a un classico e per sostenere una lunga serie di inevitabili confronti. La materia Lupin ha infatti ispirato il cinema, la tv e l’animazione, con esiti alterni, non sempre positivi. Nel 2004, un anno in anticipo sul centenario del personaggio, il regista francese Jean-Paul Salomè aveva diretto l’astro nascente Romain Duris nel film basato sul romanzo La Contessa di Cagliostro del ‘24. Il progetto prevedeva almeno un sequel, ma, nonostante il carisma del giovane Duris, impeccabile nei suoi gilet e cappelli a cilindro, l’operazione, in cui appariva anche Kristin Scott Thomas nelle vesti di Josephine Balsamo, ovvero la Contessa del titolo, non aveva dato i frutti sperati.
Un flop destinato a specchiarsi nel grande successo della storica serie tv Arsenio Lupin, co-prodotta da vari Paesi europei tra il ‘71 e il ‘74, composta da 26 puntate e accompagnata dalla sigla cantata da Jacques Dutronc. Il protagonista era interpretato da Georges Descrières, attore della Comedie Française, che era riuscito ad accaparrarsi il ruolo battendo la concorrenza di celebrità come Jean-Paul Belmondo e Jean Rochefort: «All’epoca in cui la serie andava in tv - aveva raccontato anni dopo - ricevevo lettere di uomini e donne che mi chiedevano di fare qualcosa perché venisse loro pagata la pensione. Come se davvero fossi il ladro-giustiziere Lupin». Al fianco dell’attore, nell’episodio La donna dei due sorrisi, aveva recitato una giovanissima ed esuberante Raffaella Carrà, ancora incerta tra la carriera di attrice e quella di soubrette.
Ritratto nei fumetti del creatore di manga Monkey Punch, il Robin Hood in frac, come molti lo avevano definito, trovò la sua consacrazione animata in Lupin III Il Castello di Cagliostro, lungometraggio d’esordio del maestro giapponese Hayao Miyazaki. Nel film, datato 1979, realizzato dopo i 15 appuntamenti tv con Le avventure di Lupin III, il nipote mascalzone del capostipite francese è ritratto in giacca verde, a bordo dell’inseparabile Fiat 500 gialla, affiancato dai compagni di sempre, il pistolero Jigen, il samurai Goemon e la fascinosa Fujiko. L’avventura mette più che mai a fuoco le caratteristiche emotive del personaggio, scoprendone le motivazioni profonde nel rapporto con ricchezza e denaro. Ovvero il motore di tutto, in una società corrotta dove può succedere che un ladro scavezzacollo sia molto più onesto delle cosiddette persone perbene.