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 2021  gennaio 03 Domenica calendario

Così il Covid cambia il mercato dell’arredo

È il luogo in cui quasi tutti – in tutto il mondo – abbiamo trascorso la maggior parte del tempo nell’anno che si è appena concluso. Ovvio dunque che la casa sia stata l’oggetto maggiore di attenzioni da parte di coloro che, nonostante le difficoltà economiche legate alla crisi sanitaria, hanno la possibilità di spendere denaro, risparmiato da altre voci di spesa, come viaggi, abbigliamento, pasti fuori casa, che invece hanno risentito pesantemente degli effetti della pandemia.
Su questo, ormai, concordano tutti – imprese, rivenditori, analisti: esclusi i due mesi circa di fermo produttivo, che hanno fatto crollare i ricavi delle aziende, a partire da maggio e soprattutto da giugno, l’industria italiana dell’arredamento ha registrato una rapida risalita di ordini e fatturato, per lo meno per quanto riguarda i prodotti destinati alla casa, che ha consentito a gran parte delle imprese di arginare, anche se non compensare completamente, le perdite della prima parte dell’anno.
Il rimbalzo del terzo trimestre
Naturalmente, «quello che è stato perso nelle settimane di chiusura delle fabbriche non può essere recuperato, ma non possiamo lamentarci di come si è chiuso l’anno, viste le premesse – osserva Carola Bestetti, responsabile marketing di Living Divani, azienda del Comasco con 64 dipendenti e un fatturato 2019 superiore ai 20 milioni –. Abbiamo tenuto bene. Stiamo ancora finendo di contabilizzare i risultati, ma a fine novembre eravamo sotto appena del 4% per ricavi, rispetto allo stesso mese dell’anno prima, e come ordini eravamo in aumento, sempre del 4%. L’Italia è andata benissimo, con un incremento del 13%, la Germania del 30%».
L’azienda comasca rappresenta bene quanto accaduto a tante altre realtà dell’arredamento italiano, come rilevato anche dal Monitor periodico realizzato dal centro studi di FederlegnoArredo, che nel terzo trimestre ha registrato un rimbalzo del 16% nel fatturato e a fine settembre stimava vendite complessive nei nove mesi attorno al -13%. Manna dal cielo se si considera che, in aprile, il crollo della produzione aveva superato il 70% e che, ancora alla fine del primo semestre, il calo superava il 20%.
La chiusura resta negativa
Meno bene è andata alle aziende dell’arredamento specializzate in forniture per il contract (uffici, bar e ristoranti, alberghi, aeroporti e luoghi pubblici), fortemente colpito dalla crisi. Questo spiega perché, nonostante il rimbalzo, le previsioni per il 2020 per il settore del mobile parlino ancora di una perdita pesante. A fornire le stime è il Centro Studi per l’Industria Leggera (Csil), che prevede una contrazione della produzione di poco superiore al 20%. «È stato molto difficile fare delle stime – ammette Cecilia Pisa, analista di Csil –. Prevediamo che, alla fine, sui mercati esteri il calo sia del 18% in termini reali, in linea con la caduta mondiale, mentre la domanda interna diminuisca del 23%. Il rimbalzo del terzo trimestre è stato consistente, ma non è bastato a compensare due mesi di inattività. Inoltre, in autunno abbiamo registrato un’ulteriore diminuzione, quindi la produzione dovrebbe diminuire del 20% circa».
Bene la casa, male il contract
Come accennato, la situazione all’interno del settore arredamento è molto differenziata: «il comparto casa ha tenuto – conferma Cecilia Pisa –. Prodotti come ad esempio le cucine o gli imbottiti sono andati molto bene, su tutti i mercati». Pesante, invece, la caduta del contract: le aziende interessate hanno continuato a lavorare sui progetti pluriennali, ma per quanto riguarda gli ordini futuri, il quadro è incerto.
A riflettere bene queste differenze è un gruppo come Italian Design Brand, circa 150 milioni di fatturato consolidato nel 2019 e sette aziende nel suo portafogli. «I brand di luce e arredamento per la casa dovrebbero chiudere con una contrazione tra il 5 e il 15% – spiega il ceo Andrea Sasso – e possiamo ritenerci soddisfatti perché tutte le perdite sono circoscritte ai mesi di lockdown: da giugno in poi siamo cresciuti sempre a ritmi superiori all’anno precedente». Più colpite, invece, le aziende del custom luxury furniture legate a progetti retail e hotellerie. «Per fortuna i progetti non sono stati annullati, ma solo posticipati. Ci aspettiamo una ripresa nel 2021, che ci permetterà di tornare ai livelli del 2019 nelle aree arredo e luce, mentre per le altre ci vorrà un tempo più lungo», aggiunge Sasso.
La sfida dello smartworking
A soffrire, in particolare, è il mondo dei mobili per l’ufficio che, anche una volta superata l’emergnza Covid, è destinato a cambiamenti ancora difficili da valutare. La diffusione dello smartworking apre nuove opportunità per le imprese di mobili, ma molti produttori temono che i numeri generati dalle nuove esigenze lavorative non saranno sufficienti a compensare la riduzione degli ordini da parte delle imprese per arredare le proprie sedi.
«Si tratta di un cambiamento epocale per il settore in un tempo brevissimo – spiega Mauro Spinelli, partner di Csil –. Nel giro di 2-3 anni, secondo gli esperti, nel mondo del lavoro avverranno trasformazioni che, senza la pandemia, sarebbero accadute in dieci anni. Questo richiede una grande capacità di reazione e adattamento da parte delle imprese, che devono riorganizzarsi dal punto di vista progettuale, ma anche logistico e distributivo». Oggi infatti le aziende sono abituate a lavorare per lo più con grandi gruppi, spiega Spinelli, mentre in futuro dovranno sempre più guardare a realtà come gli spazi di coworking, che sono destinati ad aumentare, con una maggiore diffusione sul territorio, e ai privati cittadini, che dovranno creare in casa propria degli spazi dedicati al lavoro. «Ci saranno sempre meno forniture da centinaia o migliaia di postazioni, ma aumenteranno i piccoli progetti, che bisogna imparare a intercettare – aggiunge Spinelli –. Negli ultimi dieci anni le aziende italiane dell’arredo per ufficio hanno trascurato l’home office, perché i numeri erano ridotti, lasciando questo settore quasi esclusivamente in mano ad attori esteri della grande distribuzione e dell’e-commerce». Se lo smartworking diventerà strutturale, potrebbe invece svilupparsi la consapevolezza, da parte dei lavoratori, di dover acquistare prodotti di qualità perciò, prosegue Spinelli, «mi aspetto che nel medio periodo aumenti anche l’offerta di prodotti ergonomici da parte delle aziende italiane». L’home office è un settore ancora piccolo, che nel 2019 valeva circa 1,7 miliardi di euro di ricavi in tutta Europa, ma è l’unico segmento dell’arredo per ufficio che nel 2020 è cresciuto (dell’1-1,5%), mentre il comparto nel suo complesso crolla del 30%. E continuerà a crescere, a doppia cifra, nel 2021.
Nel 2023 i livelli del 2019
Una crescita decisamente più rapida di quella che Csil prevede per l’arredamento in generale: «Gli effetti della pandemia continueranno a farsi sentire anche nei primi mesi del nuovo anno – spiega Cecilia Pisa –. Prevediamo una ripresa del mercato moderata, senza quel rimbalzo che avremmo sperato. Il mercato interno potrebbe recuperare un 3% in termini reali, spinto anche dalla conferma e dal rafforzamento del bonus mobili nella legge di Bilancio, ma frenato dall’incognita sull’occupazione, che nel 2020 è stata salvaguardata. Anche l’export dovrebbe crescere del 3% circa». Difficile, dunque, che nel biennio 2021-22 possa avvenire il recupero di quanto perso nel 2020: per tornare ai livelli di produzione e consumi del 2019 occorrerà aspettare probabilmente il 2023.
Le prime schiarite, tuttavia, sono attese nella seconda metà dell’anno appena iniziato: dopo l’estate, dice anche il presidente di FederlegnoArredo Claudio Feltrin, ci aspettiamo la vera ripartenza. Suggellata simbolicamente anche dal ritorno del Salone del Mobile di Milano che, dopo la cancellazione dell’edizione 2020, è pronto a festeggiare i propri 60 anni dal 5 al 10 settembre prossimo.