La Stampa, 3 gennaio 2021
Intervista a Katia Pizzi, direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Londra
Katia Pizzi da un anno è direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Londra. I suoi libri includono Italian Futurism and the Machine, Cold War Cities: History Culture and Memory, Pinocchio Puppets and Modernity e Trieste. Una frontiera letteraria.
Com’è stato trasferirsi dall’Università un anno fa e dirigere l’Istituto Italiano di Cultura in questo periodo così strano?
«È stata una strada in salita, come per tutti. Ho preso congedo dal mio incarico presso l’Università di Londra, a cui spero vivamente di tornare alla fine del mio periodo qui. È stata una fantastica opportunità per muovermi dal mio lavoro di ricerca e insegnamento e ritrovarmi improvvisamente in una posizione centrale, con il compito di diffondere e promuovere la cultura italiana».
Che cosa ha fatto?
«Abbiamo iniziato subito a promuovere le pubblicazioni online, iniziando con una serie digitale chiamata Stay Safe: ogni giorno mettevamo sul nostro sito una piccola pillola culturale sotto forma di video, racconto, canzone o contributo relativo alla cultura italiana. Abbiamo organizzato nuovi eventi online o tradotto eventi esistenti in modalità online. Certo, manca a tutti la presenza di persona, perché ovviamente la cultura è condivisione e convivialità. Tuttavia, abbiamo attirato nuovi contatti online e ora siamo seguiti da un pubblico più ampio».
Nel 2019 c’erano circa 127 mila italiani che vivevano a Londra, Chi segue le attività del centro culturale italiano di Belgrave Square?
«Non è sempre possibile identificare chi sono i nostri follower. Sappiamo chi si è iscritto alla nostra newsletter e chi raggiungiamo con la promozione settimanale».
Nel 2021 ricorre il 700° anniversario della morte di Dante. La sua vita e il suo lavoro saranno uno dei principali eventi che promuoverà?
«Sarà un anno ricco di iniziative per Dante Alighieri. Ovviamente è un peso massimo letterario, ma è anche un filosofo, un artista e un pensatore, e i nostri eventi sono di diversi generi. Celebreremo la sua Commedia con un audiolibro tradotto in 31 lingue e parleremo della sua arte con un film in collaborazione con la Fondazione Zeffirelli e l’Ambasciata d’Italia. Avremo Dante in Music, una collaborazione con l’Università di Cambridge per rievocare la musica dell’epoca di Dante. Promuoveremo anche una mostra della nostra biblioteca, dove conserviamo alcuni album di testimonianze davvero interessanti che i vittoriani raccolsero sul poeta. E abbiamo una collaborazione sia con l’University College di Londra sia con il Warburg Institute per una serie di 20 incontri».
Saranno online?
«Si spera non tutti. È impossibile dire con esattezza quando potremo ricominciare ad accogliere le persone nei locali dell’Istituto, ma spero vivamente che entro l’estate potremo farlo».
Credo che lei nel 2021 abbia anche un progetto su Luigi Pirandello, vincitore del Nobel per la letteratura nel 1934: è così?
«È l’anniversario della prima messa in scena di Sei Personaggi in Cerca d’Autore e, quindi, in autunno festeggeremo Pirandello con un convegno. Porteremo poi parte della Mostra del Cinema di Venezia a Londra a novembre e ospitiamo anche una mostra del fotografo Marco Delogu, ex direttore di questo Istituto».
L’Istituto ha molte sezioni. Ce n’è anche una dove si insegna la lingua italiana?
«Vorremmo far sapere a tutti che l’Istituto non si limita a promuovere eventi. Abbiamo corsi di italiano in loco, una collaborazione consolidata che dura da oltre 20 anni. Gli studenti ne sono estremamente soddisfatti. Possono imparare l’italiano e poi venire ai nostri eventi e fare conversazione».
Ci sono molti che vogliono imparare l’italiano?
«Al momento, ovviamente, tutto viene trasmesso online, ma ogni anno abbiamo centinaia di persone che imparano l’italiano qui».
La cultura italiana è accolta con interesse nel Regno Unito?
«Sì. Ogni evento ha un proprio circolo di persone interessate. È particolarmente importante in questo particolare frangente costruire più ponti attraverso la cultura».
Crede che la Brexit cambierà le cose?
«Senza dubbio, non ultimo dal punto di vista amministrativo, ma vogliamo raccogliere questa sfida e trattarla come un’opportunità».
Deve lottare per promuovere le discipline umanistiche?
«È una lotta, ma al momento c’è un fortissimo impulso nel promuovere le cosiddette digital humanities».
Che cosa sono?
«Alla base c’è l’idea che il mondo digitale possa offrire alle discipline umanistiche un modo per prosperare».
La letteratura italiana è ancora molto tradotta in inglese?
«Sì e ci sono molte storie di successo. Si pensi, ad esempio, al successo dei romanzi di Elena Ferrante. E c’è il successo della serie tv del commissario Montalbano. Ciò, a sua volta, ha creato un circolo virtuoso in cui più persone si sono interessate alla letteratura italiana e a visitare l’Italia».
(Traduzione di Carla Reschia)